Aleteia parla con il cardinale Tagle, leader ecclesiale a livello mondiale, di discernimento vocazionale e del fatto di trovare la volontà di Dio per la nostra vita
Il cardinale Luis Antonio Tagle è sempre più noto nella Chiesa a livello mondiale. L’arcivescovo 60enne di Manila è a volte proposto anche come futuro Papa.
Indipendentemente da quello che Dio ha progettato per il suo futuro, emerge chiaramente che il suo percorso è stato finora pieno di sorprese e di resa alla volontà divina.
Aleteia ha parlato con il cardinale Tagle sul Sinodo su giovani e vocazioni e sulla sfida che rappresenta il fatto di scoprire la volontà di Dio per noi.
Pensando al Sinodo il cui motto è stato “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, cosa vorrebbe dire ai giovani? Come possono discernere la loro vocazione?
Alcuni giovani pensano che una vocazione sia una sorta di segno miracoloso, una voce dal cielo o un fulmine. Non è così (ride). Probabilmente capita, ma molto raramente. È stato il caso di San Paolo e Mosè, ma non accade a persone ordinarie come noi. Dico sempre ai giovani che Dio opera nelle nostre condizioni umane. La vocazione di Dio è la Sua intenzione per noi. Ha creato ogni persona per uno scopo, e questo scopo è già in via di realizzazione. Dobbiamo solo scoprirlo. È molto facile (ride).
Davvero?
Bisogna guardare nel proprio cuore! Ci si deve conoscere, si devono conoscere i doni che abbiamo ricevuto, i propri talenti e interessi. Poi bisogna “ripulirsi” la mente e il cuore per rendersi conto che non si vive solo per se stessi, e allora saremo in grado di discernere come i nostri talenti possono servire gli altri. Questo è l’inizio del discernimento vocazionale. Tutti i nostri doni, interessi e talenti derivano da Dio; ce li ha dati Lui, decidendo che non sono esclusivamente per noi.
Viviamo in un’epoca in cui non è facile ascoltare la propria voce interiore, perché il mondo la mette a tacere…
Sì, è vero. Prima del Sinodo abbiamo sentito molti giovani dire che ci provano, ma le condizioni per l’ascolto non sono sempre appropriate, soprattutto al giorno d’oggi, in cui siamo collegati a tante cose: telefono, Internet, e-mail… Sono positivi, ma a volte attraverso queste connessioni siamo presenti in tutto il modo.
Siete in Europa, ma siete collegati a quello che sta accadendo in Australia, e anche se non cercate il rumore, tutte le possibilità di comunicazione possono crearlo. È per questo che abbiamo bisogno di un po’ di disciplina. Dico ai giovani che per rendere più significativi i loro rapporti con altre persone devono rimanere da soli di tanto in tanto.
Ciò non vuol dire tagliare i ponti con gli altri! La solitudine, la preghiera, la riflessione e anche il riposo sono il modo per conoscersi meglio e impegnarsi così in rapporti migliori con gli altri. Quando siamo preoccupati e costantemente di corsa, non riusciamo a notare le persone intorno a noi e i poveri che hanno bisogno di noi. A volte perfino in famiglia ogni membro è così assorbito dal mondo virtuale da perdere la connessione con gli altri. Il tempo per se stessi non è quindi un isolamento male interpretato. Significa migliorare la qualità dei propri rapporti con gli altri.