Ho letto davvero con piacere e grande commozione i componimenti premiati al concorso: “Io e miei nonni” (tempi.it) lo scorso 4 giugno a Roma nella Sala Koch del Senato, alla presenza del presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati e del senatore Massimiliano Romeo. Il concorso indetto dall’associazione Nonni 2.0, in collaborazione con Tempiha raccolto 2414 elaborati: lettere, poesie, piccoli racconti di studenti appartenenti a istituti scolastici di ogni ordine e grado dal nord al sud del nostro Paese. I lavori sono stati valutati da una giuria presieduta dal poeta Davide Rondoni.
“Avevi delle mani bellissime”
“Non ti scordar di me” è il titolo del testo di Angelica Ippolito, studentessa della 2 B del liceo scientifico ISIS Magrini Marchetti di Gemona del Friuli (UD), che ha vinto il primo premio della sezione Secondarie 2° grado. Non ti scordar di me, come il fiore, come la canzone… e da oggi come le parole piene di pianto e di vita che la giovane dedica a sua nonna Elsa che era malata di Alzheimer.
Avevi delle mani bellissime, sai, a volte mi sembra ancora di vederle mentre stringono la stoffa dei pantaloni del pigiama che indossi. Ricordo anche quello; come ricordo la tua tuta grigia e pesante e tutte le volte in cui papà ti ha nascosto le pastiglie nei fagiolini pur di fartele prendere. Ti vedo sulla poltrona, seduta accanto al nonno, e poi sul letto, mentre Loredana ti cambia. Ti sento cantare i ritornelli che avevi imparato da bambina, e mentre inutilmente cerchi tua madre.
Leggi anche:
La triste litania di una donna malata di Alzheimer: “La mia mamma dov’è andata?”
Pensieri sinceri che raccontano senza abbellimenti una situazione reale, dolorosa ma al contempo piena di dignità e umanità. Angelica non edulcora, non finge, non inventa: chiama le cose con il loro nome. C’è il dolore, la rabbia, la paura, l’impotenza. Ma al contempo dalla ferita della malattia sgorgano gratitudine, amore, stupore, tenerezza. Ci sono il sondino, le medicine, il pigiama, ma anche le mani bellissime di Elsa, il suo sorriso travolgente, la sua bellezza. La presenza assenza potentissima di una nonna che non ricorda più il nome della nipote, ma che è incredibilmente preziosa e fondamentale.
“Tu ridevi sempre, (…)questo non è mai cambiato”
Penso a tutte le volte in cui, come se una vita non fosse bastata a distinguere le fattezze delle tue nipoti, mi hai chiamata Anna, nome breve e facile da tenere a mente, anche se io non capivo. Ripenso a quando, prima di Loredana, Renata ti distraeva con le sue battute stupide o ti cantava quei motivetti senza senso che alla fine a casa abbiamo imparato tutti, e ti faceva indossare i miei occhiali da sole tondi. Tu ridevi sempre, in ogni occasione, questo non è mai cambiato. Se mi concentro riesco anche a riprovare il senso d’impotenza e la stessa rabbia per ciò che ti succedeva e che trovavo così profondamente ingiusto, dato che eri sempre stata gentile con tutti. Sento pesare l’angoscia delle notti passate in bianco quando stavi male, le ore interminabili, in cui tutto era buio e silenzioso, trascorse col cuscino premuto sulle orecchie nel terrore che il telefono squillasse. Ricordo quel pomeriggio in cui avevi iniziato a cullare la mia bambola, per un qualche istinto materno che in te era sempre stato innato, e tutti mi avevano chiesto di lasciartela, ma io non avevo voluto. Me ne vergogno moltissimo, ma perdonami, ero piccola. Ora come ora, di quelle bambole te ne regalerei a migliaia.
Leggi anche:
Curare la demenza con una bambola aiuta, ma cosa potrebbe fare il vero amore?
Grazie a te ho capito quanto una persona è fondamentale anche se non ti riconosce più!
Sai, tutto riaffiora: le svariate occasioni nelle quali Anna mi ha ricordato che, se proprio non ne potevo fare a meno, quando stavi male dovevo piangere in bagno o in camera, ma mai di fronte al nonno; la gioia enorme nel vederti a casa, anche se con il sondino; i baci sulla fronte e gli omogeneizzati. Vorrei poter raccontare di gite al parco e fiabe lette, di baci della buonanotte e di te che vieni a prendermi alla fermata del pullmino, di pomeriggi passati a giocare e di pensieri condivisi, ma non sarebbe la nostra storia. Non lo sarebbe perché a noi non è stato concesso il tempo di fare queste cose, non ne abbiamo avuto l’occasione. Ma sono infinitamente grata per aver avuto quella di amarti con tutto l’amore del mondo, di essermi potuta rendere conto di quanto una persona possa essere fondamentale anche se non si ricorda il tuo nome e non ti riconosce più.