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Così San Michele arcangelo è entrato nella liturgia cristiana

SAN MICHELE

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don Marcello Stanzione - pubblicato il 08/06/19

Dal Confiteor al rito dell'incensazione, sino all'accompagnamento delle anime dei defunti: ecco quando e perchè viene invocato

Monsignor Duchesse a suo tempo aveva giustamente fatto notare che il solo angelo la cui festa sia stata celebrata prima del IX secolo era stato san Michele, ma in quell’epoca non poteva trattarsi che della commemorazione di dedicazioni di chiese; la festa dell’Arcangelo all’8 novembre si riportava alla dedicazione della chiesa San Michele eretta nelle terme di Arcadio; la festa dell’8 maggio si applicava al santuario del Monte Gargano, e quella del 29 settembre alla chiesa della via Salaria a Roma. Nei sacramentali romani, quale il sacramentale leonino del VI secolo, era menzionata la sola festa di san Michele al 29 settembre; quanto ai libri liturgici e calendari gallicani, essi ignoravano totalmente la celebrazione dell’arcangelo Michele.

La liturgia primitiva non fa maggior posto al capo della milizia celeste. Nel canone della messa nel III secolo, la formulazione del Prefazio non fa allusione che alla Corte angelica: “A quello che la Corte angelica non fa che proclamare Santo, Santo, Santo… E’ per questo che, se noi meritiamo di associarci agli angeli …”.

san michele

Nella liturgia di Antiochia la preghiera eucaristica enumera i benefici ricevuti e conclude con un’evocazione del santuario misterioso in cui Dio riposa in mezzo agli spiriti beati, là dove i Cherubini ed i Serafini fanno risuonare l’inno del Trisaghion.

Ed è anche quello che proclama l’anafora di oblazione del vescovo Serapione nella metà del IV secolo:

“Poiché tu sei colui che plana al di sopra di ogni comando, di ogni potenza, di ogni forza e dominazione…; a Te fanno corteo migliaia di migliaia di miriadi di miriadi di angeli, di arcangeli, di Troni, di Signorie, di Potenze, di Dominazioni, vicino a te stanno due augusti Serafini dalle sei ali di cui con due nascondono i volti…”. 



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La menzione dell’arcangelo Michele, invece, appare nel testo del Confiteor, ma questo testo che si accosta in una forma alla forma attuale non data che del XII secolo. L’arcivescovo di York, Egberto, come il vescovo di Metz Chrodegang nel secondo quarto del VIII secolo, danno della preghiera per la confessione dei peccati una formula che non si rivolge che a Dio solo senza menzione dei santi. “Confiteor, Domine et tibi frater, quod peccavi …”; occorre aspettare la fine del XI secolo per veder comparire la menzione dei santi. “Confiteor Deo omnipotenti, istis sanctis et omnibus sanctis et tibi, frater, quia peccavi… ».

Il Confiteor, raccomandato come pratica pia da san Giacomo e la Didaché, non è parte integrante della messa prima del XIV secolo; è prima di tutto una preghiera privata e libera nella sua espressione; sotto l’influenza monastica, in Francia in particolare, da privata la confessione dei peccati diventa pubblica (fine del XI secolo).

SAINT MICHEAL
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Saint Michel archange.

E’ interessante segnalare ch’essa gioca un ruolo più considerevole nella liturgia celtica dove, nel rito della preparazione alla messa, il sacerdote comincia con la formula Peccavimus, Domine, peccavimus seguita dalla Litania dei santi, litania dove appaiono subito dopo la menzione della Vergine Maria, i tre arcangeli, Michele, Gabriele e Raffaele, san Michele era designato per primo e venivano poi i santi angeli ed arcangeli, i santi ordini degli spiriti beati.


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Nel corso delle messi solenni dove ha luogo, all’Offertorio, il rito dell’incensazione dell’altare, san Michele è di nuovo invocato, ma la sua inserzione nelle preghiere rituali è relativamente recente e risulta da un cambio d’interpretazione. La formula si pronuncia così: per intercessionem beati Michaelis arcangeli stantis a dextris alatris incensi et omnium electorum eorum illud dignetur… Essa appare in dei messali dei XI e XII secoli, ma è l’arcangelo Gabriele che è allora invocato.

A Roma, a partire dal XIII secolo, l’arcangelo Michele ha rimpiazzato l’arcangelo Gabriele. La primitiva menzione di quest’ultimo è giustificata dal fatto che è lui che è apparso a Zaccaria a destra dell’altare dei profumi.

Successivamente si identificò l’angelo anonimo che l’Apocalisse presenta come avente in incensiere presso l’altare d’oro con l’arcangelo Michele. Questo è il tema dell’Offertorio della messa micaelica del 29 settembre.




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La sostituzione del capo della Milizia celeste all’angelo dell’Annunciazione è stata confermata da un decreto della Sacra congregazione dei Riti in data 25 settembre 1705.

Questo accesso dell’arcangelo san Michele ad un ruolo più importante nel rituale della messa proviene dall’estensione considerevole del suo culto in Occidente, al successo incontrato dalla traduzione latina delle opere di Dionigi l’Areopagita da parte dell’abate di San Dionigi Hilduin, verso l’831-835, e da parte di Erigene nel 860. fu soprattutto quest’ultima traduzione che fu ampiamente diffusa nel corso del Medio Evo. Dionigi l’Areopagita scriveva la gerarchia celeste e vi poneva alla testa degli angeli ed arcangeli l’arcangelo Michele.

SAINT MICHEAL
Dervish Candela

La salvezza per intercessione degli angeli è enunciata da Beda i cui scritti hanno conosciuto nel Medioevo una considerevole audience: “Gabriele, esto mihi lorica, Michael, baletus, Raphael, scutum, Uriel, protector, Rumiel, defensor, Uniel, salus”; il ruolo di san Michele non compare ancora predominante.


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La vittoria dell’Arcangelo su Lucifero è rappresentata comunque su delle raffigurazioni pie fin dal VI secolo; un vaso raffigura in stampa san Michele; la patena di gemini reca l’iscrizione MICAEL VICTUR DRACONIS; a Ravenna, i mosaici di San Vitale e di Sant’Apollinare nuovo rappresentano san Michele che porta il Labaro.

Nell’iconografia medievale, soprattutto quella del VIII secolo nel Nord della Spagna, un secolo più tardi in Francia, le scene dell’Apocalisse troveranno la loro diffusione, ed in modo speciale quella del serpente precipitato nell’abisso dall’angelo offrirà un grande sviluppo alla rappresentazione dell’Arcangelo vittorioso dello Spirito del male, raffigurato sotto la forma di un mostro.

Il combattimento degli angeli riportato dall’Apocalisse appare nel Medio Evo per la prima volta nel VI secolo in Cassiodoro.

La vittoria dell’arcangelo Michele sarà da quel momento evocata con delle raffigurazioni sugli archi trionfali e le volte delle absidi, presentandolo nell’epoca carolingia come assistente al trono di Cristo, di fronte all’arcangelo Gabriele e recante la spada e la lancia.


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E’ così che all’alba del IX secolo un avorio della scuola palatina conservato oggi nel Museo d’Arte di Leipzig rappresenta un san Michele in piedi sul dragone che colpisce alla mano destra con la sua lancia, e che alcuni anni più tardi, sull’arco di trionfo di Einhard che serve da piedistallo al reliquiario della vera croce dell’abbazia Saint-Servais di Maastrcht, san Michele appare senza ali, montato a cavallo ed avente lancia e scudo.

Papa Pio XII esprimeva ancora questo tema nella sua enciclica del 2 ottobre 1955, enunciando:

“La Chiesa venera san Michele come il Principe della milizia celeste, il difensore ed il protettore dei fedeli, che per una divina virtù respinge negli abissi infernali gli spiriti maligni che errano nel mondo per la perdita delle anime”. Paolo VI stesso, all’apertura della seconda sessione del Concilio Vaticano II, proclamava: “E’ per noi una gioia aprire questa seconda sessione sotto l’egida dell’arcangelo san Michele, protettore celeste del popolo di Dio e patrono della Chiesa militante”.

Quest’angelo protettore avrò una particolare missione nell’accompagnare le anime dei defunti verso i loro fini eterni. Cristo, a testimonianza dell’evangelista Luca, aveva detto che Lazzaro era stato portato dagli angeli nel seno d’Abramo.


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Il tema della pesatura delle anime al momento del supremo giudizio risale all’antico Egitto ed all’India. Esso è adottato dai padri della Chiesa; così sant’Agostino, nel suo primo sermone della vigilia di Pentecoste, assicura che le buone e le cattive azioni saranno come sospese in una bilancia, e se la moltitudine delle cattive ha il sopravvento, il colpevole sarà trascinato verso gli inferi; san Giovanni Crisostomo esprime la stessa idea. Lo Speculum di Vincenzo di Beauveais, la cui influenza fu considerevole durante tutto il Medio Evo, riprende questa immagine della bilancia.

SAN MICHELE
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L’iconografia se ne impadronisce e questo tema diverrà uno dei più popolari a partire dal XII secolo, in un’epoca in cui delle profezie annunciavano l’imminenza dell’ultimo Giudizio.

La formulazione definitiva di questo tema della Pesatura delle anime appare nel XII secolo nel portale della chiesa di Conques, e si troverà ripetuta nei portali delle grandi cattedrali di Laon, di Parigi, di Chartres, di Bourges e di Amiens. L’arcangelo san Michele è, da quel momento, al primo posto della scena del Giudizio; in piedi, vestito d’una lunga veste, egli tiene la bilancia nel mentre che il Diavolo tenta di intervenire per appesantire il piatto delle cattive azioni.


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Nelle chiese dedicate a san Michele, come sugli altari laterali di cui uno è molto spesso votato all’Arcangelo, una raffigurazione dipinta o scolpita appare alla maniera della statua posta su di un piedistallo di marmo nella grotta del Monte Gargano fin dall’inizio del XII secolo. L’arcangelo è generalmente rappresentato in piedi che perfora la sua lancia nella coda del dragone. E’ così che sul sigillo dell’abate di Monte San Michele, Roberto Torigni. È raffigurato. Fino ai nostri giorni è sotto questi due aspetti che san Michele sarà rappresentato; talvolta anche l’angelo porterà la bilancia e allo stesso tempi forerà con la sua lancia il dragone.

La messa dei defunti si ordinerà intorno a questi stessi temi. All’epistola, una lettura è fatta dal versetto della Lettera di San Paolo (Tessalonicesi 1, 4), che ricorda la presenza dell’Arcangelo nel momento del giudizio: “quondam ipse Dominus in jussu et in voce arcangeli et in tuba Dei descendet de cælo”. All’offertorio una preghiera si rivolge a “san Michele, il porta-stendardo, perché introduca le anime della santa luce”: “Sed signifer sanctus Michael representet eus in lucem sanctam quam olim Abraham promisisti et semini ejus”.

Nelle abbazie clunicensi la celebrazione della memoria dei defunti aveva luogo, a seguito di una fondazione da parte di Pietro il Venerabile, la vigilia di San Michele, il 28 settembre.


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