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Hai una dimora spirituale?

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 08/06/19

Lì provi protezione e sicurezza...

Si dice che Filippo Neri, di fronte all’offerta di incarichi ecclesiastici, dicesse “Preferisco il Paradiso”. Di fronte alle tentazioni del mondo che attirano tanto. Di fronte all’applauso e alla sequela di molti. Di fronte al desiderio di avere tutto tra le mani qui sulla Terra. Di fronte a tutto questo che tanto spesso mi inquieta. Di fronte a tutto, preferisco il Paradiso.

Mi vedo preoccupato e inquieto, come se volessi trattenere tutta l’acqua dell’oceano nelle mani. Mi frustro quando non ci riesco. Preferisco davvero il Paradiso? Ne dubito.

Mi piace il successo, che parlino bene di me, che mi seguano, che mi applaudano. Che vedano le mie pubblicazioni nelle reti sociali. Che la mia vita importi loro anche più della propria. Vanità, tutto è vanità.

Preferisco, o dovrei preferire, il Paradiso. Per non distrarmi con la gloria di questo mondo. Per non inquietarmi quando perdo la fama. Per non angosciarmi quando perdo ciò che possiede.

So che il mio cuore chiede una casa. È la necessità di ogni uomo. Diceva padre Josef Kentenich: “L’uomo senza casa è paragonabile a una foglia d’autunno sul marciapiedi, pestata dai passanti” [1].

Prima di vedere Gesù risorto, i discepoli si nascondono nel cenacolo, ma non hanno una casa. Vivono con angoscia e senza radici. Non hanno nulla. Quando Gesù appare in mezzo a loro tutto cambia. Il cenacolo diventa casa. Continuava padre Kentenich:

“Stare spiritualmente gli uni con gli altri. Questa è casa. Non è casa essere spiritualmente gli uni accanto agli altri, né contro gli altri. Questo concetto sottolinea anche i frutti della casa: protezione e sicurezza. L’uomo che vuole avere una casa in quanto comunione spirituale con gli altri non solo deve aspettarsi di ricevere protezione e sicurezza, ma egli stesso deve offrirle agli altri” [2].

Sentono protezione e sicurezza. Gesù ha dato loro il suo cuore come luogo sicuro. Lì possono riposare. Lì possono trovare la pace. E loro si sono sentiti sicuri per qualche giorno. Non troppi.

Per questo ora soffrono. Gesù ascende davanti ai loro occhi e tremano. Non c’è più sicurezza su questa Terra. Il regno che sognano sembra dover aspettare. Si aggrappano a Gesù. Vogliono trattenerlo.

Perché l’amore è così. Possiede. Ma l’amore vero dà libertà, non trattiene. I discepoli devono maturare nel loro amore per lasciar andare Gesù. Solo allora potrà accadere qualcosa di più grande nella loro vita.

Solo quando si libereranno del loro egoismo, quando smetteranno di pensare quanto mancherà loro la carne di Gesù, potranno aprirsi al suo Spirito.

Finché non lo faranno, il loro cuore resterà chiuso. Non avranno una dimora spirituale finché non si lasceranno toccare dall’amore dello Spirito Santo. Devono guardare più in alto, come San Filippo Neri. Devono preferire il Paradiso.

Sono di passaggio in questa vita. Tutto è vanità. I miei giorni, le mie angosce, le mie lamentele, le mie paure. Tutto è vanità perché passa e ha il peso di una piuma. Quanto contano per Dio i miei giorni? In sua presenza mi sento piccolo.

Guardo il cielo mentre Gesù ascende davanti ai miei occhi. Si porta via le mie sicurezze, la mia casa. Tutte le mie radici e le mie pretese. Si porta via i miei sogni su questa Terra. Tutto è troppo poco profondo. Tutto è finito.

Oggi è e domani sarà stato. E mi inquieto in questo secondo eterno in cui penso che si giochi la mia vita. Mi angoscio e perdo la speranza.

Guardo il cielo e vedo Gesù che ascende davanti ai miei occhi. Preferisco il Paradiso che condividerò al suo fianco per sempre. Preferisco tutta la mia vita con Lui in quel cielo che sarà una splendida continuazione di quello che qui ho iniziato ad amare.

Sarà una casa profonda per sempre in cui non ci sarà fine. Lì non ci sarà un dopo. Sarà una gioia permanente. Uno stare gli uni con gli altri in modo ininterrotto. Senza attese, senza angosce.

Tutto sarà pieno, senza carenze, senza fallimenti. Lì non ci sarà peccato né infedeltà. In Dio tutto è amore. E quello che non è amore sarà purificato.

Guardo il cielo in quel giorno in cui anch’io desidero trattenere Gesù. Nell’umanità dei miei sogni e delle mie pretese. Lo voglio trattenere nelle mie mani ferite. Per non stare solo. Perché sia già il tempo del suo regno. Mi apro al suo Spirito.

[1] Herbert King, Nº 3 El mundo de los vínculos personales
[2] Herbert King, Nº 3 El mundo de los vínculos personales

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