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Netflix, Disney & Co boicottano la Georgia: quanto accanimento contro la vita!

CYRUS, DISNEY, NETFLIX

Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 06/06/19

Dicono che si ritireranno dagli Stati che non garantiscono il diritto all'aborto, cioè fuggono da dove si riconosce che il battito cardiaco è vita. Non si rendono neppure conto che le loro scelte discriminano le donne in difficoltà.

Mamma mia, quanto spingono e strattonano, sembra di essere a un concerto. Tutti in prima fila – non si riesce a star dietro al conto – a schierarsi contro lo Stato della Georgia, il cui governatore Brian Kemp ha firmato lo scorso 7 maggio una legge che tutela il nascituro: vieta l’aborto quando è possibile rilevare il “battito cardiaco” del feto.


Bertrand de Rochambeau

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Tutti chi, poi? Tutti? Pochi, molto pochi a dire il vero. Però fanno molta scena. E soprattutto ci sanno fare con le parole e le immagini. È il carrozzone scomposto e artefatto di Hollywood che minaccia a suon di spot e altoparlanti mediatici di boicottare gli Stati (… anche l’Alabama è nel bersaglio) in cui la salute della donna non sarà garantita. Comodo metterla giù così, cari miei. In realtà, voi state dicendo che starete alla larga da quei ritagli di società umana in cui un battito cardiaco significa vita. Allora, forse, è davvero una buona notizia che la babele di Hollywood stia lontano da lì.

La bufala della salute

Il giochetto è facile, all’inizio lascia un po’ confusi, ma è facile smontarlo. Nella sezione «salute» di certe riviste ci si imbatte in articoli che presentano in copertina l’immagine di una serie TV famosissima, ad esempio Strangers Things. Avranno sbagliato a impaginare? Assolutamente no. Vogliono proprio che la notizia riguardi la salute; grandi colossi dell’industria cinematografica come Netflix, Disney, Warner ce l’hanno così a cuore da cambiare strategie aziendali pur di tutelare le donne. Non metterenno più piede in Georgia, set di molte serie televisive gettonatissime.


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Ma perché questa attenzione alla Georgia? Perché ci sono in ballo molti soldi. La Georgia infatti ha una legislazione che dal punto di vista fiscale favorisce l’industria dell’intrattenimento: grazie a ciò sono stati creati 92 mila posti di lavoro e un introito di più di 4,6 miliardi di dollari dal 2008. Con lo spauracchio di ritirare le riprese dallo Stato, Netflix & Covorrebbero imporre l’agenda abortista al paese. Strano, però, che a una domanda altrettanto lecita sulle donne, le medesime case di produzione rimangano in silenzio stampa (forse senza parole?):

In questo caso, significa che i potenti di Hollywood stanno considerando spostamenti che si tradurrebbero per molti lavoratori della Georgia nella perdita del sostentamento – in molti casi, proprio quelle lavoratrici i cui diritti riproduttivi sono al centro della legge sull’aborto. Si può davvero stare dalla parte delle donne della Georgia paventando di lasciarne migliaia senza lavoro? A questa domanda Disney, Netflix, CBS, NBC Universal, Showtime, AMC, Sony Pictures e WarnerMedia hanno rifiutato di commentare o sono state in silenzio stampa. ( da The Atlantic)

Pur di dar loro il diritto di abortire, le lasciamo senza lavoro. Ecco il cortocircuito mentale. Il silenzio stampa è comprensibile; loro, mica ci avevano pensato alle donne che lavorano. Ecco la bolla di sapone che scoppia: questa campagna mediatica fatta di attrici che ostentano ricchezza da tutti i pori e poi dicono una frasetta da paladine dei diritti (quali poi?) non ha nulla a che vedere con l’aiuto alle donne con una gravidanza difficile. Per loro esiste l’aborto come bandiera, non le apprensioni di una donna in carne e ossa … che magari il bambino lo terrebbe se avesse un lavoro o i mezzi per allevarlo. Ci saremmo anche parecchio stufati di sentirci fare la morale da chi ci butta in faccia una ricchezza sfacciata e per lavarsi la coscienza fa qualche battaglia sociale.

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Care Lady Gaga e Rihanna, mi dispiace ma è poco credibile che voi abbiate una reale percezione di quale piaga sia l’aborto: chi lavora nei CAV ci dice che la causa prevalente per scegliere l’aborto è proprio legata a indigenza economica. La domanda vera, per chi è impastato di realtà è: come aiutiamo queste mamme?


YOUNG WOMAN WITH DEPRESSION

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La rivoluzione è popolare

Quando qualcosa di tremendo e violento minaccia la società civile, il popolo insorge. Ce lo insegna la storia, le rivoluzioni sono popolari. Non mi è mai capitato di studiare grandi sommosse  cominciate dai cortigiani che si abbuffano a corte. Quando lo show business si mobilita in modo così compatto c’è qualcosa di diverso da una vera apprensione umana in gioco. In uno spettacolo pirotecnico gli ultimi fuochi artificiali sono quelli più luminosi e più rumorosi; prima di scappare, l’esercito fa esplodere tutte le munizioni rimaste per non lasciarle al nemico. Ecco a cosa assistiamo: a una ritirata in pompa magna. L’ideologia abortista è perdente, in America la maggior parte della popolazione è pro-life e i sondaggi sono in crescita (ce lo documentò Massimo Micaletti parlando della legge sull’aborto nello Stato di New York). Quanto guadagna l’economia che ruota attorno all’idolatria dell’aborto? Quante perdite finanziarie produce una cultura fondata su vita e famiglia per chi specula su cibo monoporzione e pillole abortive?

Queste dive imbellettate che minacciano di fare sciopero del sesso e giocano a inventare ogni fantasiosa forma di protesta a favore dell’aborto (sempre con l’acconciatura perfetta e un makeup da urlo) sono gli ultimi fuochi artificiali di un esercito in ritirata. Artificiali lo sono davvero. Urlano da ogni schermo possibile, ma lì restano. Sullo schermo. La realtà è altrove, e parla un’altra lingua. Sperano di plagiare qualcuno col sillogismo scemo “Strangers Things è bello – grazie Netflix! –  per vederlo devo sostenere l’aborto“. Hanno dimenticato che da secoli e secoli il popolo pratica una salutare trovata chiamata “smentire il profeta”:

I giocatori ascoltano con molta attenzione e molto rispetto tutto ciò che la gente saputa ha da dire circa l’avvenire della generazione prossima; poi, aspettano che la gente saputa sia morta, e la seppelliscono con cure premurose; poi fanno il contrario di ciò che gl’indovini avevano previsto. (Da Il Napoleone di Notting Hill di G.K. Chesterton)



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Una rivoluzione di cortigiani prezzolati, e al soldo di speculatori che nutrono le loro vite coccolate di lusso, è una truppa di mercenari che difende un’élite a cui fa comodo avere un gregge di spettatori infelici e suggestionabili; la loro non è una rivoluzione. Quando il popolo sentiva calpestata la propria umanità ha dato segni ben più audaci, senza sorridere a favore di telecamera. E il popolo sta in effetti facendo una rivoluzione (nel quotidiano, una casa per volta, una vita per volta), solo che è quella opposta alla cultura della morte.

Ed è poi assurdo anche questo: ma come? Il cinema non ha bisogno di spettatori? Perché battersi per ridurre vite umane? Sono davvero inesperta di marketing, ma se fossi in Disney non mi darei da fare per ridurre il numero dei miei piccoli spettatori di domani. Scommettere sull’aborto è scommettere sull’estinzione e sulla tristezza, su un mondo che si spegne e che forse non avrà neppure voglia di accendere la TV.


HANNAH, SUDLOW

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Una torta in faccia, Miley

Se c’è un’immagine che in tutta questa pietosa campagna VIP a sostegno dell’aborto merita il premio del raccapricciante è questa. Anzi è proprio la lapide che celebra il funerale di tutta la baracca.

Miley Cyrus ha una parabola umana che degenera in modo sempre più preoccupante. La sua bulimia sessuale mescolata a una volgarità svilente di sè è un segnale chiaro, deve esserci un abisso di fragilità patologica dietro le grandi luci della scena. Ma non è questo il punto, in questo caso. O forse sì.




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Usata come bambola, si è lasciata usare come bambola per lanciare un messaggio di lussuria e golosità. Il re davvero è nudo. Questa dichiarazione via Instagram non riguarda più l’aborto: siamo di fronte all’autoritratto onesto di Hollywood, e di come ci vorrebbe l’ideologia che usa come bambole le donne disposte a farlo. Ci vogliono nude, disinibite e ingorde di bugie dolci. (lo vedete vero che ha taggato anche Marc Jacobs nella foto? è una collaborazione tra la moda a la clinica abortista Planned Parenthood). Che partnership puramente umanitaria!

Il boccone amaro lo lasciano a chi verrà abbandonata a decidere da sola del destino di sé e della creatura che porta in grembo: si ritroverà in un negozio pieno di pillole, non di dolciumi.

Perciò lasciamo tutta la combriccola di Hollywood al suo funerale allegro, lasciamoli nella loro triste bolla di vanità, soldi, spreco; lasciamo che si spartiscano la torta della lussuria senza procreazione. La realtà è meglio delle loro sceneggiate, c’è gente da incontrare e bisogni a cui rispondere; ci sono persone a cui tendere la mano, rifugi umani da costruire, domande disperate a cui rispondere. Spegniamo pure la TV, bye bye.

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