Nel 1982 il pubblico parigino di Roland-Garros vibrava davanti alle prodezze di una giovane americana, Andrea Jaeger. Ad appena 17 anni la destrorsa di Chicago era giunta quell’anno ad imporsi in finale sulla terra rossa di Porte d’Auteuil. Promessa a un grande avvenire, Andrea dovette interrompere brutalmente la sua carriera due anni e mezzo più tardi per colpa di una ferita alla spalla. Fervente cattolica, da allora ha consacrato la sua vita ai bambini più vulnerabili e tributa amore incondizionato all’Evangelo. Ha raccontato ad Aleteia del suo singolare percorso.
Louis de Bosnet: 37 anni dopo la sua finale perduta sulla terra rossa di Parigi, che cosa rappresenta per lei Roland-Garros?
Andrea Jaeger: Questo torneo significa molto per me: nel 1981 vinsi il doppio misto e nel 1982 sono arrivata in finale. Con mia grande sorpresa, quell’anno sconfissi lì molto facilmente la leggenda Chris Evert in semifinale. La finale fu parecchio più difficile: ero continuamente destabilizzata dall’allenatore di Martina Navratilova. Entrambi hanno passato il loro tempo a comunicare fra loro e a discutere sulla tattica da adottare (cosa formalmente proibita nel regolamento!). Questo mi ha fatto uscire di gara con la testa, all’epoca avevo 17 anni…
L d.B.: Parigi sembra avere un posto d’onore nel suo cuore…
A. J.: Sì, fin dalla mia prima visita al Sacré-Cœur: lì ho vissuto la più bella esperienza della mia vita in un luogo di culto. I fedeli che pregavano, la bellezza delle vetrate, la struttura architettonica e naturalmente il mosaico di Cristo… tutto mi è apparso sublime. È stato un momento raro, di quelli che capitano una sola volta in una vita.
L d.B.: Che reazione ha avuto lo scorso 15 aprile, al vedere la cattedrale di Notre-Dame bruciare?
A. J.: Avevo il cuore in pezzi: quell’edificio rappresenta tanto per i fedeli e i non credenti di tutto il mondo: è simbolo di speranza e di amore di Dio. È stato veramente triste. Meno male che non ci sono stati morti da piangere.
L d.B.: Lei è diventata religiosa nel settembre 2006 all’età di 41 anni. Come mai questa scelta?
A. J.: Volevo essere al servizio di Dio.
L d.B.: Com’era la sua relazione con la fede prima di entrare al servizio di Cristo?
A. J.: Sebbene i miei genitori non fossero credenti, io mi sono interessata assai giovane al cristianesimo. Molto presto mi sono appassionata al messaggio dell’Evangelo. In effetti credo di beneficiare di una relazione privilegiata con Gesù fin da quando ero piccola: è mia intima convinzione di essere nata con un dono di fede. Oggi è per me un onore avere Dio nel mio cuore.
L d.B.: Appartiene ancora a quell’ordine?
A. J.: No, ci sono restata quattro anni. La mia associazione per soccorrere i bambini malati mi prende molto tempo, è impossibile conciliare le due vite. Oggi mi alzo alle 5 per pregare, leggo la Bibbia, vado in Chiesa ma non sono più ufficialmente suora.
L d.B.: Ci parli della sua associazione. Pare che le abbia devoluto tutti i guadagni accumulati nel corso della sua carriera…
A. J.: È vero, ho donato diversi milioni di dollari per soccorrere i bambini affetti da cancro o da altri bisogni. Ormai sono 34 anni che la Little Star Foundation esiste. Offriamo assistenza finanziaria, cure mediche, borse di studio, programmi sportivi, zooterapia eccetera…
L d.B.: Fin da molto giovane, nella sua carriera, lei ha pensato al destino dei più vulnerabili…
A. J.: Viaggiavamo ai quattro angoli del mondo e non appena potevo andavo a trovare dei bambini malati oppure orfani e portavo loro dei regali. Nel 1984 avevo 19 anni e mi sono gravemente ferita alla spalla. Allora ho molto riflettuto sul mio avvenire di sportiva professionista e ho preso la decisione, insieme con Dio, di rinunciare alla mia carriera per concentrarmi sull’aiuto ai più piccoli.
L d.B.: Quali sono secondo lei i favoriti per il Roland-Garros?
A. J.: Tra gli uomini Novak [Djokovic] sarà difficile da battere. Il mio favorito del cuore resta Rafael Nadal, che a lungo ha aiutato la mia associazione e che per il tennis è un ambasciatore formidabile. Tra le donne, Simona Halep potrebbe fare grandi cose. Anche lei partecipa allo sviluppo della Little Star Foundation. Attenzione anche a Karolina Pliskova.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]