Terminator è un soprannome che le si addice, anche se il suo aspetto è agli antipodi dall’immagine burbera del muscoloso Arnold Schwarzenegger. In inglese il verbo «interrompere, mettere fine» ha tutta la potenza di quello che in italiano si esprime con «terminare». Lo usa lei stessa per dichiarare, fiera ma non orgogliosa, a emittenti come la di aver mandato all’aria più di 850 matrimoni in cui erano coinvolti bambine e bambini. Di solito si parla prevalentemente del dramma delle spose bambine, ma il fenomeno riguarda anche i maschi.
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Theresa Kachindamoto vive in Malawi, ha un ruolo di riferimento per una comunità di 900 mila persone e ha riportato a scuola circa 500 bambine e 300 bambini che erano destinati a sposarsi troppo precocemente e contro la loro volontà. Il Malawi è uno degli stati più poveri dell’Africa, con un tasso altissimo di matrimoni che coivolgono minori; secondo il sito Girls Not Brides il 42% delle ragazze si sposa prima dei 18 anni e una su 10 prima dei 15. La Costituzione del paese stabilisce che non si possa contrarre matrimonio prima dei 18 anni, ma i vincoli tribali e le tradizioni sono ancora forti. Theresa ha dovuto scontrarsi con la riottosità di molti che, innanzitutto, non le riconoscevano autorità in quanto donna, e ancor meno gradivano che s’intromettesse nelle loro faccende familiari.
Di chi è quel bambino?
Non è stata senz’altro una di quelle donne che smania per avere un ruolo di comando e impone in modo indiscriminato la legge delle quote rosa. Si è trovata a capo di una grande comunità perché è stata scelta come successore di suo padre alla sua morte, essendo defunto anche il fratello maggiore. Il padre, segretamente, aveva espresso l’intuizione che solo da una donna potesse nascere un percorso di cambiamento per il paese.
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Theresa lavorava come segretaria in un college della città di Zomba, ma è ritornata nel suo distretto natale di Dedza (zona centrale del Malawi) per diventare inkosi, leader anziano con la funzione di custodire la tradizione e onorare la cultura del popolo, ma col diritto cambiare o abolire alcune pratiche; dalla sua autorità dipendono più di 500 capi villaggio. Una voce influente, insomma, che fin da subito ha esercitato un’autorevolezza umanissima e chiara. Racconta in un documentario a lei dedicato:
Ho visto una ragazzina, teneva in braccio un bambino che stava piangendo, le dissi: “Riporta il bimbo dalla tua mamma” e la ragazzina mi rispose: “No, è mio”. Le chiesi quanti anni aveva e rispose 13. Mi indicò chi era il padre, era un ragazzino altrettanto giovane che stava giocando a pallone. Lo chiamai vicino a me e mi informai: “Davvero questo è tuo figlio?” e lui sorridendo canticchiava: “Sì, lui è il mio maschietto, il mio maschietto”. (da CGTN Africa)
La Kachindamoto ignorava la tragica realtà che colpisce duramente l’infanzia nel suo paese; fino all’età adulta la sua famiglia l’aveva protetta e, soprattutto, l’aveva mandata a scuola. Informandosi meglio, i suoi parenti e collaboratori più stretti le spalancarono la piaga che affligge i più poveri, la necessità di far sposare piccoli e piccole con persone anche molto più grandi di loro, per pagare debiti o per ricevere denaro necessario alla sussistenza. Ma chi le è accanto le confida anche: «Ecco perché abbiamo scelto te, se c’è qualcuno che può salvare questi bambini, sei tu». La missione di Theresa a quel punto comincia, sia in modo capillare – passando di famiglia in famiglia – sia esercitando appieno il potere del suo ruolo.
I miei genitori non potevano provvedere ai miei bisogni primari, così ho deciso di trovare un fidanzato, e sono rimasta incinta. Glory Mwale – sposata a 16 anni, incinta a 16.
Ci sono anche casi in cui l’età della sposa è ben più bassa. A fronte di un matrimonio già celebrato, Theresa si presenta dalla famiglia dello sposo bambino o sposa bambina e con l’irrevocabilità della sua voce pacata dice: “Che voi lo capiate o no, questo matrimonio finisce qui”. A differenza dei bravi di manzoniana memoria, qui l’imposizione netta salva delle vite. Centinaia e centinaia ne ha salvate Theresa.
Se lo scenario prevalente è quello di matrimoni forzati tra adulti e bambini, il panorama complessivo con cui la Kachindamoto ha dovuto fare i conti è quello di un retaggio culturale in cui la sessualità è avulsa dal rispetto e dalla dignità della persona, soprattutto nel caso delle ragazze.
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Una tradizione ancora diffusa, ma bandita dalla legge, è la pratica di iniziazione sessuale chiamata kusasa fumbi: non appena arriva il ciclo mestruale, la ragazza viene affidata a donne che le parlano di cosa sia l’atto sessuale e poi la mandano da più sconosciuti adulti che hanno il compito di deflorarla. La convizione culturale ancora forte è che in assenza di questo rito la mala sorte cada sulla famiglia di origine. Anche su questo fronte, l’attività di Theresa è instancabile ma non da sola.