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Cosa importa davvero alla fine della vita

MAN, DEATH, BED

Photographee.eu | Shutterstock

Catholic Link - pubblicato il 28/05/19

È ora di parlare della morte senza paura

di Álvaro Díaz

Cercando del materiale per questo post, mi sono imbattuto in un video che ha già qualche anno ed è forse noto a molti. Non potevo però trascurarlo, perché non solo mi ispira molto, ma mi identifico sempre di più nei suoi insegnamenti, visto che è quello che vivo quotidianamente da un po’ di tempo. Si tratta di una conferenza TED del dottor BJ Miller, esperto in cure palliative, che partendo dalla sua esperienza sottolinea alcuni aspetti importanti per accompagnare e curare meglio chi è arrivato alle tappe finali della vita.

Il medico ha molto da offrire, non solo per la sua esperienza nell’accompagnare la morte dei suoi pazienti, ma per aver toccato la malattia e la possibilità di morire nella propria carne. Da giovane ha avuto un incidente che lo ha portato all’amputazione di tre arti, ed è anche stato per parecchio tempo ricoverato in ospedale, dove ha potuto vedere da vicino la validità della medicina per curare molte sofferenze, ma ha ne anche constatato limiti e carenze nell’accettare che non si possono sempre curare tutti i malati e che la morte fa parte della natura umana.

La medicina e la morte

Una delle realtà evidenti nella nostra epoca in cui la scienza e gli sviluppi tecnologici si sono affermati tanto è che si è preteso di far fronte alla morte come se fosse qualcosa a cui si deve rimediare. Non solo si ha paura di pensare o di avvicinarsi a questa possibilità, ma sembra che morire sia la cosa peggiore che possa capitare all’uomo. Ciò indica una divinizzazione della capacità umana di risolvere misteri che non sono oggetto solo di scienza e ragione, ma hanno un contenuto che rimanda all’aspetto spirituale e alle verità di fede. È importante volgere lo sguardo a quello che Dio ci ha mostrato sulla vita, ma anche sulla morte: anche se è una realtà, una verità dalla quale non possiamo sfuggire, non è l’aspetto definitivo né quello finale. Confidare in quanto rivelato dal Signore sarà fonte di pace e di fiducia quando il timore sembrerà obnubilare tutto. Ricordiamo che il nostro anelito alla permanenza e alla vita sarà pienamente realizzato nell’eternità.

Uno sguardo più connaturale alla morte farà sì che il modo di accompagnare chi vi si avvicina per una malattia senza possibilità di cura sia diverso, perché non ci si concentrerà più sul trovare la cura o la soluzione a un problema, ma si guarderà piuttosto con più comprensione alla vita di quella persona, che ha necessità, aspettative, desideri, sogni e soprattutto è degna fino all’ultimo momento. Sottolineo questo aspetto della dignità perché non di rado ci troviamo di fronte ad approssimazioni riduttive che valorizzando maggiormente capacità, efficienza e produttività scartano ed emarginano il malato, l’anziano o chi non può produrre o apportare un beneficio in una logica di consumo.

Rispettare e valorizzare il malato

Lo sguardo di rispetto e valorizzazione del malato nella sua totalità è uno degli obiettivi che perseguiamo noi che lavoriamo nel campo delle cure palliative, perché anche se biologicamente sembra che non si possa “far nulla”, ci sarà sempre molto da fare, curando, amando, rispettando la dignità di chi soffre e offrendogli un trattamento caloroso, gentile, che lo porti a vedere anche in mezzo al dolore e alla sofferenza che si può continuare a sperare e si può trovare consolazione – che anche se l’obiettivo non è la guarigione del corpo si può ottenere la pace dell’anima e dello spirito.

Credo che sia questo che conta alla fine della vita. Per chi sta vivendo questa situazione, si tratta di riconoscersi come degno, meritevole di rispetto, amore, consolazione e comprensione fino all’ultimo momento, e per noi che lo accompagniamo e lo curiamo consiste nello scoprire che l’amore si esprime in piccoli dettagli e che ogni giorno è un’opportunità, una benedizione e un miracolo per servire e donare agli altri la vita, che non si traduce nella quantità dei giorni ma nella loro qualità.

Vorrei concludere condividendo una frase di Cicely Saunders, una delle promotrici delle cure palliative, in cui si sottolinea il rispetto per la dignità dei malati: “Lei conta perché è lei, e continuerà a contare fino all’ultimo momento della sua vita. Faremo tutto il possibile per aiutarla non solo a morire in pace, ma anche a vivere finché non morirà”.

Qui l’articolo originale pubblicato su Catholic Link.

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