È ora di parlare della morte senza paura
di Álvaro Díaz
Cercando del materiale per questo post, mi sono imbattuto in un video che ha già qualche anno ed è forse noto a molti. Non potevo però trascurarlo, perché non solo mi ispira molto, ma mi identifico sempre di più nei suoi insegnamenti, visto che è quello che vivo quotidianamente da un po’ di tempo. Si tratta di una conferenza TED del dottor BJ Miller, esperto in cure palliative, che partendo dalla sua esperienza sottolinea alcuni aspetti importanti per accompagnare e curare meglio chi è arrivato alle tappe finali della vita.
Il medico ha molto da offrire, non solo per la sua esperienza nell’accompagnare la morte dei suoi pazienti, ma per aver toccato la malattia e la possibilità di morire nella propria carne. Da giovane ha avuto un incidente che lo ha portato all’amputazione di tre arti, ed è anche stato per parecchio tempo ricoverato in ospedale, dove ha potuto vedere da vicino la validità della medicina per curare molte sofferenze, ma ha ne anche constatato limiti e carenze nell’accettare che non si possono sempre curare tutti i malati e che la morte fa parte della natura umana.
La medicina e la morte
Una delle realtà evidenti nella nostra epoca in cui la scienza e gli sviluppi tecnologici si sono affermati tanto è che si è preteso di far fronte alla morte come se fosse qualcosa a cui si deve rimediare. Non solo si ha paura di pensare o di avvicinarsi a questa possibilità, ma sembra che morire sia la cosa peggiore che possa capitare all’uomo. Ciò indica una divinizzazione della capacità umana di risolvere misteri che non sono oggetto solo di scienza e ragione, ma hanno un contenuto che rimanda all’aspetto spirituale e alle verità di fede. È importante volgere lo sguardo a quello che Dio ci ha mostrato sulla vita, ma anche sulla morte: anche se è una realtà, una verità dalla quale non possiamo sfuggire, non è l’aspetto definitivo né quello finale. Confidare in quanto rivelato dal Signore sarà fonte di pace e di fiducia quando il timore sembrerà obnubilare tutto. Ricordiamo che il nostro anelito alla permanenza e alla vita sarà pienamente realizzato nell’eternità.
Uno sguardo più connaturale alla morte farà sì che il modo di accompagnare chi vi si avvicina per una malattia senza possibilità di cura sia diverso, perché non ci si concentrerà più sul trovare la cura o la soluzione a un problema, ma si guarderà piuttosto con più comprensione alla vita di quella persona, che ha necessità, aspettative, desideri, sogni e soprattutto è degna fino all’ultimo momento. Sottolineo questo aspetto della dignità perché non di rado ci troviamo di fronte ad approssimazioni riduttive che valorizzando maggiormente capacità, efficienza e produttività scartano ed emarginano il malato, l’anziano o chi non può produrre o apportare un beneficio in una logica di consumo.