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Le frasi più forti dei Papi sull’Europa

EUROPEAN FLAG

By artjazz | Shutterstock

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 25/05/19

«Hanno voluto negare le radici dell'Europa e così Dio si è vendicato»

Dalla visione profetica di Pio XII, il Papa della seconda guerra mondiale, alle parole di mediazione di Giovanni XXIII. Dagli appelli di Giovanni Paolo II alle stoccate sui valori cristiani messi in discussione da parte di Benedetto XVI e Francesco. Ecco le frasi dei Papi sull’Europa, che fanno più discutere.

Pio XII e quel “non c’è più tempo da perdere”

Pope Francis thinking about declaring Pius XII a saint
Public Domain

Pio XII, 11 novembre 1948:

«Non c’è più tempo da perdere. E’ ora che si faccia un’ unione europea. Si chiedono alcuni se non sia già troppo tardi. Ci attentiamo dalle grandi nazioni del Continente che sappiano fare astrazione della loro grandeur del passato, per attestarsi su una superiore unità politica ed economica».

Pio XII, prefigurando quello che sarebbe avvenuto cinquant’anni più tardi, era convinto che doveva cambiare la collaborazione tra le nazioni europee per evitare in futuro tragedie come la guerra appena finita.

Pacelli, come scriveva Alberto Bobbio su Famiglia Cristiana (2014) era convinto che occorresse un nuovo ordine sovranazionale e che la polarizzazione tra le due superpotenze uscite vittoriose dalla guerra, cioè gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, potesse essere compensato e contemperato dalla nascita di un forte soggetto terzo.

Roncalli e il “bene comune europeo”

POPE JOHN XXIII
Jim Forest CC

Giovanni XXIII, 1962, messaggio alle Semaines sociales de France:

«Un insieme europeo, i cui partecipanti dovranno gradualmente definire istituzioni comuni che, pur garantendo il bene di ogni comunità, sapranno promuovere il bene comune europeo». 

Papa Roncalli aveva sperimentato come ambasciatore del Papa in Bulgaria, in Turchia e a Parigi l’idea di una collaborazione fondata su dialogo costruttivo, prima che sulla difesa di spazi e principi. Fu lui stesso ad avviare la costruzione con la politica della pazienza di un’azione diplomatica che porterà allo sgretolamento delle divisioni e dei muri in Europa (Aggiornamenti Sociali, maggio 2016)..

Paolo VI e il “retto equilibrio della società umana”

Paolo VI, il papa che riportò Dio tra gli uomini – fr
© Archives CIRIC

Paolo VI, 1968, discorsi ai membri della CEE e dell’Euratom:

Montini definisce gli interlocutori «Europa in cammino» e auspica nonsolo un’unione economica, ma anche «un’intesa sul piano politico»: Paolo VI ritiene che l’Europa dei sei Paesi della Comunità Economica Europea (Italia, Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Germania Ovest ndr) abbia «primaria importanza per il retto equilibrio della società umana».

Wojtyla e “il grido pieno d’amore”

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©CATHOLICPRESSPHOTO

Giovanni Paolo II, 1982, Compostela:

«Lancio verso di te, vecchia Europa, questo grido pieno d’amore: ritrova te stessa, sii te stessa, scopri le tue origini, ravviva le tue radici, rivivi questi valori autentici che hanno reso gloriosa la tua storia e benefica la tua presenza sugli altri continenti».

Questo appello fu pronunciato prima della caduta del muro di Berlino e dell’adesione all’Unione europea di molti Paesi dell’Europa occidentale e centrale. Di questo progetto europeo il Papa polacco fu un artigiano per tutto il corso dei 27 anni del suo pontificato (Aleteia, 16 novembre 2018).

Giovanni Paolo II, esortazione apostolica “Ecclesia in Europa”:

«Di fronte al fenomeno migratorio, è in gioco la capacità, per l’Europa, di dare spazio a forme di intelligente accoglienza e ospitalità. È la visione “universalistica” del bene comune ad esigerlo: occorre dilatare lo sguardo sino ad abbracciare le esigenze dell’intera famiglia umana».

Giovanni Paolo II, 11 ottobre 1988, discorso al Parlamento Europeo:

«Come potrebbe la Chiesa disinteressarsi della costruzione dell’Europa, lei che è radicata da secoli nei popoli che la compongono e che ha condotto un giorno al fonte battesimale popoli per i quali la fede cristiana è e rimane uno degli elementi della loro identità culturale

(…) «Nessuno può immaginare che un’Europa unita possa rinchiudersi nel suo egoismo. Parlando all’unisono, unendo le sue forze, essa sarà in grado più ancora che nel passato di consacrare risorse ed energie nuove al grande compito dello sviluppo dei Paesi del Terzo Mondo […]. La cooperazione europea sarà quindi tanto più credibile e fruttuosa quanto più sarà portata avanti senza secondi fini di dominio, con l’intento di aiutare i Paesi poveri a farsi carico del loro proprio destino».




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Benedetto XVI e “l’identità del cristianesimo”

BENEDETTO XVI, SORRISO
Shutterstock

Benedetto XVI, 24 marzo 2007, Congresso della Commissione degli Episcopati della Comunità Europea:

«Non si può pensare di edificare un’autentica “casa comune” europea trascurando l’identità propria dei popoli di questo nostro Continente. Si tratta, infatti, di un’identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica; un’identità costituita da un insieme di valori universali, che il Cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo così un ruolo non soltanto storico, ma fondativo nei confronti dell’Europa».

Benedetto XVI chiede un impegno preciso ai partecipanti del Congresso:

«Sapete di avere il compito di contribuire a edificare con l’aiuto di Dio una nuova Europa, realistica ma non cinica, ricca d’ideali e libera da ingenue illusioni, ispirata alla perenne e vivificante verità del Vangelo. Per questo siate presenti in modo attivo nel dibattito pubblico a livello europeo, consapevoli che esso fa ormai parte integrante di quello nazionale, e affiancate a tale impegno un’efficace azione culturale».

Nel celebre discorso tenuto da Ratzinger a Norcia il 1° aprile del 2005, l’allora prefetto della congregazione per la Dottrina della fede tornò sul dibattito circa la menzione delle radici cristiane nel preambolo della Costituzione europea:

«L’affermazione che la menzione delle radici cristiane dell’Europa ferisce i sentimenti dei molti non cristiani che ci sono in Europa, è poco convincente, visto che si tratta prima di tutto di un fatto storico che nessuno può seriamente negare».




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Il “sogno” di Francesco

The arrival of Pope Francis at the European Parliament in Strasbourg 09
© European Union 2014 - European Parliament CC

Francesco, 25 novembre 2014, discorso al Parlamento europeo:

«Una storia bimillenaria lega l’Europa e il cristianesimo. Una storia non priva di conflitti e di errori, anche di peccati, ma sempre animata dal desiderio di costruire per il bene».

Francesco, 6 maggio 2016, Premio Carlo Magno;

«I progetti dei Padri fondatori, araldi della pace e profeti dell’avvenire, non sono superati: ispirano, oggi più che mai, a costruire ponti e abbattere muri. […] Sogno un nuovo umanesimo europeo, “un costante cammino di umanizzazione”, cui servono “memoria, coraggio, sana e umana utopia”. Sogno un’Europa giovane, capace di essere ancora madre: una madre che abbia vita, perché rispetta la vita e offre speranze di vita». 

Francesco, 27 ottobre 2017:

«Qual è la nostra responsabilità in un tempo in cui il volto dell’Europa è sempre più connotato da una pluralità di culture e di religioni, mentre per molti il cristianesimo è percepito come un elemento del passato, lontano ed estraneo?».

Mentre era diretto a Sofia, sull’aereo, il 4 maggio 2019, un giornalista gli ha regalato al Papa un libro intitolato “Salvare l’Europa”, che narra i curiosi retroscena sulla nascita della bandiera azzurra sormontata dalle 12 stelle, ispirata al simbolismo cristiano ottocentesco dell’Immacolata Concezione. Prendendo in mano il volume, il Papa ha esclamato convinto: «Mi piace questo titolo». Poi ha aggiunto una battuta: «Hanno voluto negare le radici dell’Europa e così Dio si è vendicato» (Il Gazzettino, 6 maggio).




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