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«Che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi»: in che consiste il “come” di Gesù?

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By EugeneShchegolsky/Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 24/05/19

Nella capacità di dare la propria vita per ciò che si ama! Dare la vita non è sacrificarsi, ma tirare fuori il meglio di noi stessi proprio quando sembra che stiamo rinunciando a qualcosa di grosso.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.
Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri». (Gv 15, 12-17)

“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati”. Dobbiamo stare molto attenti a non tranciare mai a metà il comandamento di Gesù. infatti la richiesta non è solo di amarci gli uni gli altri, ma di amarci “come” Lui ci ha amati. Nel cristianesimo il “come” conta moltissimo, perché non tutto ciò che si porta addosso l’etichetta di amore è amore che salva, che fa davvero bene. Certe volte ci nascondiamo dietro lo slogan “basta che è amore”, ma in realtà dovremmo domandarci se quell’amore è amore che salva, che aggiunge un di più alla vita, se tocca davvero la qualità delle cose o è solo una brutta imitazione di ciò che dovrebbe essere l’amore. Nasce qui la domanda: allora in che consiste il “come” di Gesù? È Lui stesso a spiegarcelo: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. In questo consiste l’amore vero, nella capacità di dare la propria vita per ciò che si ama. L’amore non è tale quando possiede, ma quando dona. Ed è proprio con una logica così che viene colpita alla radice quella inclinazione egoistica che tutti ci portiamo dentro. Ed è questo che ci aiuta a riconoscere l’amore quando è vero, cioè quando ci rende felici perché ci fa vivere in una logica che tira fuori il meglio di noi e non nella logica della repressione, dell’annullamento, della rinuncia fine a se stessa. Dare la vita non è sacrificarsi, ma tirare fuori il meglio di noi stessi proprio quando sembra che stiamo rinunciando a qualcosa di grosso. Essere fedeli a una persona non è forse un dare la vita? Se lo si vive come semplice sacrificio allora crescerà dentro di noi solo frustrazione non gioia. Ma se invece lo si vive come dono all’altro di una parte importante di me, ecco che la fatica della fedeltà dischiude una qualità dell’amore inimmaginabile. Forse dovremmo imparare a fermarci e a domandarci con quale “come” stiamo vivendo l’amore nella nostra vita. Ci accorgeremmo allora che ci sono cose che finché non le scegliamo fino in fondo invece di santificarci ci mortificano.
(Gv 15, 12-17)
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