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Come assolvere ai miei doveri con amore?

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 22/05/19

Vorrei entrare nel cuore ferito di Dio per avere i suoi sentimenti e riconoscere le paure e gli egoismi che non mi fanno uscire dalla mie rigidità

Ho bisogno di raggiungere un amore che si giochi nell’amore nei confronti di mio fratello. Del mio amico. Un amore per il quale chi mi conosce mi riconoscerà: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”.

Non mi riconosceranno perché rispetto le regole. Sapranno chi sono e a chi appartengo per il mio amore. Per l’amore che professo nei confronti dei miei amici.

Perché Gesù ha amato i suoi amici. Ha amato chi ne aveva più bisogno. Così era il Gesù che ha seguito San Francesco:

“Non è il Re dell’Universo, ma quello che si è fatto uomo; non l’eccelso, ma il solidale. Non è il Re dei Re, ma l’amico dei piccoli, dei caduti e dei ripudiati che tocca pieno d’amore, come poco prima lo aveva abbracciato il lebbroso” [1].

Un Gesù che cammina con i suoi amici. Che va a Betania a riposare con i fratelli che ama – Marta, Maria e Lazzaro.

Un Gesù che si abbassa al livello di chi soffre, del mendicante, del malato, del ferito. È quello l’amore che desidero. Un amore che mi porti a dare la vita.

La santità consiste forse in questo. Nell’amare senza egoismi, senza divisioni, senza barriere. Quell’amore è quello di cui ho bisogno per vivere. Per quell’amore voglio donare la mia vita.

Guardo Gesù nell’Orto degli Ulivi. Il momento dell’amore estremo. Dopo aver lavato i piedi ai discepoli, accetta il passo più difficile della sua vita.

“Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22, 42).

La mia vita si gioca in momenti concreti. In un qui e un ora. Un “hic et nunc”. È quando si gioca il mio amore. Il mio amore per Gesù. Il mio amore per mio fratello.

La santità consiste proprio nello scegliere e nell’amare quello che sto vivendo ora. Nel mettere le mie paure nelle mani di Dio e abbracciare l’oggi che Dio mi chiede. Quello che Egli vuole.

Spesso mi aggrappo egoisticamente a quello che voglio io.

Quello che voglio sembra avere più forza. E sento dentro di me il volere di Dio. Quello che vuole per me perché mi ama. Il progetto di salvezza per la mia vita.

Mi ama con tutta l’anima. E io credo che spesso non sia così. Quando sperimento delle perdite, o sento che mi lasciano da solo. O soffro per la solitudine.

E allora mi ribello contro quel Dio che sembra amarmi ma non lo dimostra. Oggi torno ad ascoltare la sua voce nel cuore. Voglio ciò che Egli vuole.

E grido nella mia angoscia: “Dio mio, non mi abbandonare. Veglia sui miei passi. Prenditi cura di me”. Voglio desiderare ciò che Egli vuole.

Voglio abbracciare il mio presente com’è oggi. Il mio ora. Il mio qui. Il momento della mia storia che è sacro.

Perché Dio mi parla in una storia sacra che tesse con me. Mi ama alla follia e non mi lascia solo. Cura i miei passi. Non lascerà mai che mi perda. E farà crescere quel mio amore tanto meschino.

Desiderare ciò che Dio vuole è un salto nella mia capacità di amare. Mi riempie lo sguardo. Mi rende più generoso con questa vita che mi ha dato. Perché ami. Perché mi riconoscano dal segno del mio amore. Per il mio modo di amare fino all’estremo.

Come Gesù, che può perdonare dalla croce. Voglio entrare nel suo cuore ferito per avere i suoi sentimenti. Per amare con il suo amore. Più grande del mio amore ferito. Fragile. Povero.

Voglio riconoscere le paure e gli egoismi che non mi lasciano amare. Che non mi lasciano uscire dalle mie rigidità.

Un amore che richiede di fare un salto di fiducia e di lanciarsi in un vuoto nelle mani di mio Padre. Perché Egli mi aspetta sempre e si prende cura della mia vita. Confido in questo.

Egli mi ha amato per primo, e per questo posso ripetere il suo “Sì”. Perché il suo amore rende possibile la mia fiducia. E quella fiducia mi porta ad amare la vita com’è. E ad amare mio fratello nella sua povertà.

[1] Niklaus Kuster, Francisco de Asis: el más humano de todos los santos

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