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Cosa significa “portare frutto”? sentirsi pieni di gratitudine nonostante i problemi della vita!

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Photo by Eli DeFaria on Unsplash

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 22/05/19

L’attaccamento a Cristo per noi è una questione vitale, esattamente come è vitale per un tralcio rimanere attaccato al tronco. Essere attaccati a Lui significa diventare capaci di tutto ciò che sperimentiamo vero nel nostro cuore.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli». (Gv15,1-8)

“Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto”. L’attaccamento a Cristo per noi è una questione vitale, esattamente come è vitale per un tralcio rimanere attaccato al tronco. In questo senso la fede non è mai un’attività opzionale nella vita di una persona, ma ne rappresenta il centro più essenziale. Nella nostra società il fatto religioso è relegato al grande mondo degli hobby, delle opzioni, delle attività di contorno. Invece la vita ruota attorno ad altri bisogni, ad altre priorità, ad altre urgenze che però non prendono mai sul serio ciò che conta davvero per un uomo. Non è la pancia il suo centro, ma il cuore. Il mondo intercetta la pancia, Cristo invece il cuore. Ma è proprio lì che si capisce se c’è o no questa relazione. Sono i frutti la prova del nove. Portare frutto significa sentire la vita piena di una inspiegabile gratitudine che accade in noi nonostante la vita stessa che non sempre gira per il verso giusto. “Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”. E questo “non poter fa nulla” è un’esperienza che prima o poi facciamo tutti nella vita accorgendoci che quasi mai riusciamo a fare ciò che desideriamo davvero. C’è come in noi una carenza di forze, di volontà, di capacità. Essere attaccati a Cristo significa diventare capaci di tutto ciò che sperimentiamo vero nel nostro cuore. Ad esempio molti di noi sperimentano dei propositi altissimi, ma quando provano a metterli in pratica si accorgono di non esserne capaci. Nasce così un conflitto interiore tra ciò che sappiamo essere vero e la possibilità di vivere di conseguenza. Più siamo uniti a Cristo più questo conflitto trova soluzione perché Gesù rende sempre capaci coloro che ama e si lasciano amare.
(Gv15,1-8)
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