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Vincent Lambert, la corte d’Appello di Parigi ristabilisce alimentazione e idratazione

VINCENT LAMBERT
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Giovanni Marcotullio - Breviarium - pubblicato il 21/05/19
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Statica e quasi immobile per anni, la vicenda di Vincent Lambert ha avuto nella giornata odierna un colpo e un contraccolpo formidabili. Di buon mattino il primario Vincent Sanchez ha notificato ai membri delle famiglie del disabile, a mezzo di una scarna email, che aveva sedato l’uomo. E ciascuno dei destinatari poteva con ciò intendere che la procedura terminale era stata avviata.

Dichiarazioni e disposizioni

Nel pomeriggio, alle 17, l’avvocato dei genitori di Vincent, Jean Paillot, ha introdotto un’istanza d’urgenza presso la Corte d’Appello di Parigi. Alle 22 c’è stato il verdetto, che accoglieva l’appello, e pochi minuti dopo un altro legale, Jérôme Triomphe, ne ha annunciato trionfante l’esito alle svariate centinaia di manifestanti raccoltesi a Parigi questa sera:

La Francia deve rispettare la decisione del comitato delle persone handicappate dell’Onu. L’alimentazione e l’idratazione di Vincent saranno immediatamente ristabilite. È un’immensa vittoria.

 

Certo, considerando come stamattina pensassimo che non avremmo mai più rivisto gli occhi di Vincent aperti, l’immediato ristabilimento dei sostegni vitali è “un’immensa vittoria”, ma bisogna capire bene la sua portata[1] . Il testo integrale della sentenza non è stato ancora pubblicato, ma da France Presse abbiamo il passaggio fondamentale:

La corte «ordina allo Stato Francese […] di prendere tutte le misure al fine di far rispettare le misure provvisorie richieste dal Comitato internazionale dei diritti delle persone handicappate il 3 maggio 2019, tendenti al mantenimento dell’alimentazione e dell’idratazione».

Il CDPH, comitato dell’Onu, aveva chiesto alla Francia di soprassedere quanto all’arresto dei trattamenti in attesa di un esame del dossier (la sentenza non è però riaggiornata sine die: è stato posto un termine di sei mesi per l’indagine del Comitato). Venerdì, in prima istanza, il tribunale di Parigi si era dichiarato incompetente per far applicare questa domanda. La Corte d’Appello, da parte sua, ha giudicato che

indipendentemente dal carattere obbligatorio o coercitivo della misura di sospensione domandata dal Comitato, lo Stato francese si è impegnato a rispettare questo patto internazionale.

Viviane, la madre di Vincent, ha esultato apertamente, dichiarando all’AFP:

Stavano eliminando Vincent, è una grandissima vittoria! Adesso torneranno ad alimentarlo e a dargli di nuovo da bere. Per una volta, sono fiera della giustizia.

E si resta colpiti dall’apparente sproporzione tra lo sforzo sovrumano che questi due anziani genitori titanicamente oppongono al Leviatano e l’esiguità della contropartita: un bicchiere d’acqua, una flebo di fisiologica.

François, uno dei nipoti di Vincent favorevoli alla soppressione dello zio, ha lamentato la decisione della Corte:

Per una volta ci stavo credendo… È veramente sadismo puro, da parte del sistema medico-giudiziario. È sempre la stessa storia: quelli che fanno tutti questi ricorsi devono goderci.

È noto – ma basta anche questa sola dichiarazione – che il dramma di Vincent si consuma e si amplifica all’interno di una famiglia dilaniata: uno dei suoi fratelli e una delle sue sorelle si oppongono all’arresto di nutrizione e idratazione. Dall’altra parte ci sono la moglie Rachel, il nipote François e cinque fratelli e sorelle dell’uomo divenuto suo malgrado la pietra d’inciampo della casa: questi vedono nella semplice sopravvivenza di Vincent l’effetto di un accanimento terapeutico e – pure in mancanza di disposizioni anticipate di trattamento messe per iscritto da Lambert – garantiscono che l’ex infermiere non sarebbe voluto sopravvivere nello stato in cui è ora ridotto.

La politica sullo sfondo

C’è poi da considerare il peso che in tutto ciò gioca la politica, intesa nel duplice aspetto degli interessi (anche economici) legati al business dell’eutanasia e delle prese di posizione alle imminenti elezioni europee. François-Xavier Bellamy, il giovane candidato repubblicano – brillante al punto da essere contestato anche nel partito – ha preso posizione al fianco della famiglia pur non stressando eccessivamente la vicenda sul piano propagandistico.

Resta peraltro dubbia l’applicabilità della legge Leonetti al caso di Vincent, non essendo quest’ultimo in alcun modo un malato terminale2: oltretutto la Francia ha vissuto nei mesi scorsi un travagliato processo di “Stati generali della bioetica”, che da molti analisti è stato giudicato una montagna che partorisce un topolino. Grandi aspettative, grandi dichiarazioni programmatiche, e poi – malgrado le vistose spinte in favore di una legiferazione pro-eutanasia – è prevalsa una linea attendista e tuzioristica (con l’avallo personale, almeno apparentemente, di Macron). Anche i vescovi di Francia hanno prodotto un loro peculiare contributo al dibattito, e in tutto ciò la figura di Vincent Lambert, quasi immobile nel suo letto d’ospedale, assumeva sempre più un valore simbolico. Da una parte e dall’altra, in molti hanno creduto che l’ostinazione con cui il dottor Sanchez ha avviato la procedura letale incrociasse i già menzionati interessi politici.

Tra Gulliver e Aktion T4

È presto, insomma, per cantare vittoria, ma non per tirare un legittimo sospiro di sollievo: Vincent resterà (salvo diverse disposizioni concordate con l’Organismo internazionale) al Sébastopole di Reims e il suo quadro clinico verrà studiato con lo specifico obiettivo di determinare se la sua pauci-relazionalità (ovvero il c.d. stato di “coscienza minimale”) sia sufficiente a considerarlo un handicappato. C’è innegabilmente un che di malsano e di alienante, in questa impostazione: il modello antropologico sotteso ammette implicitamente l’ipotesi che in forza del trauma cranico subito e dei conseguenti danni permanenti riportati Vincent non sia (più) una persona umana. Questo strano modo di ragionare farebbe sorridere, assomigliando alle distopie dei saggi di Lapuzia di cui narra Gulliver, ma vi sono utopie più vicine nel tempo, le cui cicatrici solcano ancora il corpo dell’Europa, che tolgono in qualche modo forza alla pungente ironia di Swift… sembra che qualcuno non si rassegni a lasciar cadere i delirî eugenetici.

Due piste d’approfondimento

Ma per ora si aprono sei mesi di respiro e di luce, nei quali il padre e la madre di Vincent potranno rivedere il figlio e cercare di riportarlo al culmine della sua forma psicofisica possibile, almeno quanto basta per provare che l’applicazione della legge Leonetti al suo caso comporterebbe ipso facto un abuso præter legem. Un aspetto della dinamica di questa giornata che sarebbe interessante ed utile approfondire riguarda i video: perché solo oggi sono stati divulgati quei brevi e semplici video che hanno mostrato urbi et orbi, e al di là di tecnicismi da azzeccagarbugli, come Vincent sia vivo, vigile e tutt’altro che assente a sé stesso. Viene da pensar (male: si fa peccato ma spesso ci si azzecca) che a Viviane sia stato fatto espresso divieto di divulgare quei materiali, probabilmente anche lasciando intravedere delle sanzioni, ma che la stessa abbia deciso di calare tutte le carte nella mano che sembrava decisiva. Se così stessero le cose, però, bisognerebbe capire con quali motivazioni si potevano porre simili vincoli a referenti di un paziente che – dato il caso di pubblico interesse – intendessero offrire all’opinione pubblica elementi per costruire opinioni informate.

Infine, un altro versante che sarebbe utilissimo approfondire riguarda l’opinione pubblica francese, che a tratti è sembrata più zelante nel “tifare morte” che nel ricercare la verità delle cose. Certamente occorre previamente verificare se e in che misura gli esaltati che popolano la blogosfera siano un campione attendibile dell’attuale popolazione francese; tuttavia sarebbe un problema a sé (e non trascurabile) anche se si dovesse riscontrare che tutti i matti di Francia vivono sui social – perché all’affermazione che Vincent piangesse ieri «per la gioia di essere alfine liberato» si può ancora concedere il beneficio della buona fede, ma l’incitazione a «staccare la presa ai suoi genitori» ricorda troppo da vicino quella crudeltà gratuita che davvero speravamo di aver sepolto dopo la Guerra, magari tra la Dichiarazione del 1948 e il Concilio.

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Qui l’articolo originale apparso su Breviarium