Dobbiamo accettare quello che dice il Salmo e che un bambino sa: il Padre si rallegra in noiQuell’estate Peter aveva tre anni, e se era abbastanza sicuro di voler andare in piscina insieme al fratello e alle sorelle, non era del tutto certo di voler entrare una volta arrivato lì. Aveva il costume e il salvagente, e mentre i fratelli ridevano e nuotavano e iniziavano la serie incessante di “Guarda questo!”, lui rimaneva in piedi al bordo della piscina.
Non voleva entrare. Lo ha gridato più volte, ma io so esattamente cosa succede quando permetti a un bambino di rimanere imbronciato accanto alla piscina: alla fine decide che vuole entrare – ma lo decide mentre sta tornando a casa. Non volendo affrontare quel capriccio nei giorni successivi, gli ho suggerito gentilmente di mettere la punta dei piedi in acqua.
Alla fine lo ha fatto, e dopo dieci minuti sul primo gradino ne ha sceso un altro. Poi un altro e un altro ancora, finché si è aggrappato a me, gridando terrorizzato se allentavo la presa.
Dopo più o meno un’ora, però, ha iniziato a rilassarsi, e ha permesso che lo mettessi giù, fluttuando nell’acqua a mezzo metro dall’adulto più vicino, abbastanza da non riuscire ad aggrapparsi a lui. Era coraggioso e indipendente, e molto soddisfatto di sé.
Ovviamente gli abbiamo detto che eravamo orgogliosi di lui e che era splendido che avesse fatto una cosa così audace. Abbiamo chiamato i suoi genitori (che erano in vacanza) e abbiamo detto loro che aveva nuotato da solo. Tutti sono rimasti piacevolmente colpiti, lodando il suo coraggio.
Quella sera Peter e io ci stavamo preparando per andare a letto. Mentre pregavamo insieme, gli ho chiesto se c’era qualcosa che voleva dire a Dio. Mi ha guardato timidamente e mi ha chiesto, con il volto che traboccava di orgoglio: “Potresti per favore dire a Dio quanto sono stato coraggioso?”
L’ho fatto, col cuore che ardeva per la bellezza e l’innocenza di quella situazione. Ho raccontato la storia al Padre, e ho visto Peter gioire nello splendore dell’amore di Dio. Si è seduto dritto, ancora più orgoglioso di quando avevamo raccontato l’avventura al suo papà.
Quando ho finito di pregare gli ho chiesto: “Pensi che Dio sia orgoglioso di te, Peter?”
Ha messo la mano sul cuore, ha chiuso gli occhi e ha annuito sorridendo, dicendo: “È davvero fiero di me!”
Penso molto a quella preghiera quando sono in difficoltà, chiedendomi cosa posso dire a Dio o cercando di trovare le parole che sembrano adattarsi alla sua maestà. Penso a come il mio cuore sia sia emozionato sentendo il desiderio di Peter di condividere con il Padre la sua esperienza. Penso a come Dio debba essersi rallegrato per la semplicità, l’onestà e la pura gioia di quel momento. Penso a quanto il Signore debba essere stato orgoglioso sia del coraggio di Peter che del suo desiderio di condividere ciò che aveva fatto con il Dio che ama.
E poi mi chiedo quanto della mia preghiera sia una condivisione così semplice di ciò che ho nel cuore – non solo nei momenti di gioia, ma anche in quelli di rabbia e angoscia. Ho conosciuto bambini in età prescolare i cui tentativi di offrire le loro azioni non erano dolci ma sconsolati, e che singhiozzavano “Gesù, lo sto facendo per te!” mentre cercavano di accettare la perdita di un ghiacciolo o il dolore di un ginocchio sbucciato. Ho visto dei bambini implorare piangendo la misericordia di Dio per piccole mancanze commesse in quella giornata e poi sorridere sapendo che erano stati perdonati. Ho ascoltato preghiere deliziosamente oneste, in cui i piccoli chiedevano: “Dio, per favore, aiutami ad essere bravo in chiesa, ma non bravo per tutto il tempo”.
Pregare con i più piccoli è notevolmente edificante per chi ha ricevuto il consiglio di diventare “come i bambini” (Mt 18, 3). Per quanto vogliamo essere forti e indipendenti, mistici e dottori della Chiesa, quello che il nostro buon Dio vuole veramente è che siamo bambini fiduciosi nell’amore del Padre. Vuole che gli presentiamo i nostri successi e le nostre agonie. Vuole che condividiamo con Lui la nostra vita, i dettagli importanti e quelli che non lo sono.
Una delle preoccupazioni che sento più spesso riguardo alla preghiera è il fatto di non voler dire a Dio cose che già conosce. Dio, però, non si annoia delle nostre preghiere. Vuole sentire la nostra voce, abbracciarci e amarci, ed essere per un momento l’oggetto della nostra attenzione. Quando gli presentiamo il nostro io reale, il Dio dell’universo si rallegra. E se noi, come Peter, riuscissimo a iniziare a confidare nel fatto che gioisce immensamente per noi, la preghiera potrebbe iniziare ad essere più natura, più bella, più reale.