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Ha salvato il figlio dall’aborto, e lui l’ha salvata dalla morte

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Simone Marquesine / via Sempre Família

Sempre Família - pubblicato il 14/05/19

Lucas ha vissuto solo 26 minuti indimenticabili. “Dicevamo sempre che Dio ce lo aveva dato e solo Lui ce lo avrebbe tolto”

Quando la prima ecografia ha permesso che alla 12ª settimana di gestazione tutti sentissero emozionati il cuore del piccolo Lucas battere, il medico ha improvvisamente cambiato espressione.

Era il 2011. Subito dopo che la prima figlia della coppia, Maria Isabela, di 3 anni, era stata gentilmente accompagnata fuori dallo studio perché il medico potesse parlare più tranquillamente con la nutrizionista Simone Marquesine e suo marito, la gioia della nuova gravidanza ha iniziato a convivere con qualcosa che Simone ha descritto così al sito pro-vita Sempre Família:

“Sembrava che mi fosse crollato il pavimento sotto i piedi. Una tristezza profonda si è impadronita del mio cuore, e tutto sembrava una bugia”.

L’esame stava evidenziando delle malformazioni nel bambino. La calotta cranica non si era chiusa. La diagnosi era di encefalocele occipitale, agenesia renale, spina bifida e microcefalia.

L’ostetrica che ha analizzato in seguito quell’esame ha riferito a Simone che in 30 anni di carriera aveva visto solo un caso simile in precedenza, e quel bambino non era sopravvissuto.


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Nelle settimane seguenti molta gente chiedeva alla famiglia cosa avesse intenzione di fare.

“Per noi non c’era alcun dubbio. Dicevamo sempre che Dio ci aveva dato Lucas e solo Lui ce l’avrebbe tolto. Avevo già sentito il suo cuoricino battere, e anche se non fosse stato così non avremmo avuto il coraggio di effettuare un aborto”.

La coppia ha stabilito col medico di portare avanti la gestazione fino alla 38ª settimana, per far sì che i polmoni del bambino fossero pronti per un parto cesareo. Dopo la nascita sarebbe stato studiato un intervento neurologico.

In un’attesa che sembrava eterna, Simone ha fatto affidamento sulla fede e sul sostegno di amici e familiari. Le preghiere della sua comunità la confortavano. “Oltre a parenti, fratelli e amici, sapevo che Gesù sarebbe stato con noi fino alla fine”.

Le tante incertezze, però, erano sempre in agguato. La coppia ha consultato un neuropediatra e un genetista e si è sottoposta a nuovi esami.

“Sono stati nove mesi in cui ho potuto amare e lottare per ‘Luquinhas’. A volte ero angosciata, sentendo che la sua condizione era incompatibile con la vita, ma chiedevo a Dio che facesse ciò che era meglio per lui. Ovviamente ho sentito alcune persone dirmi che era meglio abortire, ma le ho ignorate. Non l’avrei mai fatto”.

Lucas ricambia: arriva il suo momento di salvare la mamma!

Tra la 35ª e la 36ª settimana di gestazione, dolori intensi e un gonfiore alla gamba hanno portato Simone da un angiologo, la cui diagnosi ha suscitato un altro spavento: aveva una trombosi, ed è stata ricoverata immediatamente per l’applicazione di un anticoagulante. I coaguli erano accanto all’inguine, e uno di loro, molto esteso, in un’arteria vicina al cuore.

In questo contesto angosciante, una notizia ha lasciato Simone di sasso:

“[Il medico] mi ha detto: ‘Il suo bambino l’ha salvata, perché la gravidanza ha esercitato una pressione e ha impedito che il coagulo si spostasse. Nelle sue condizioni, potrebbe essere fatale in qualsiasi momento’”.

L’angiologo non sapeva che Lucas aveva una malformazione e che molta gente aveva raccomandato a Simone di abortire.




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Il cesareo sarebbe stato ad alto rischio per via della possibile emorragia, il che ha costretto Simone a un trattamento di 20 giorni durante i quali non poteva nemmeno alzarsi dal letto per evitare lo spostamento del coagulo. Sono stati giorni terribili, di dolore fisico ma soprattutto emotivo: quanto tempo sarebbe rimasto con lei suo figlio?

“In quei giorni ho ringraziato tanto Lucas per avermi salvata, e gli ho anche detto quanto lo amavo, pur senza vederlo”.

E nasce Lucas, per una visita di 26 minuti al mondo

Il 12 maggio, vigilia della festa della Mamma, Lucas è nato pesando 1,8 kg ed è rimasto con la sua famiglia 26 minuti indimenticabili.

“Non sono riuscita a vederlo perché, come aveva previsto il medico, ho avuto una forte emorragia e sono rimasta nel Centro di Terapia Intensiva per quattro giorni. Mia madre, mia suocera, una mia amica e mio marito mi hanno detto che era bello e perfetto, visibilmente non aveva malformazioni”.

Nel Centro di Terapia Intensiva Simone ha dato forza a un’altra madre che aveva perso la figlia.

“Può essere stato solo Dio a sostenermi in quel momento”, ha confessato.

Due giorni dopo, il marito e alcuni familiari hanno seppellito il piccolo grande Lucas.


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“Con grande dolore non ho potuto partecipare a quel momento, perché mi stavo sottoponendo a una trasfusione. Ero molto debole per via dell’emorragia”.

Simone ha trascorso 30 giorni in ospedale prima di poter tornare a casa.

“Ho finito il congedo per maternità, ho preso un farmaco per mandar via il latte, mi sono sottoposta al trattamento per la trombosi, tutto con grandi lotte ma con una forte certezza nel cuore: ho fatto quello che era giusto. Chi l’avrebbe detto che anni dopo avrei raccontato questa storia sempre vicino al giorno della festa della Mamma! Mi emoziono come se fosse accaduto oggi, e mi sento molto onorata per il fatto che Dio mi abbia scelto per vivere questa vicenda”.

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