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Pregare per ricevere lo Spirito

CHRZEST W DUCHU ŚWIĘTYM
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padre Raniero Cantalamessa - pubblicato il 10/05/19
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La meditazione di padre Raniero Cantalamessa su Pentecoste e progetto Charis

Nella prossima Pentecoste entrerà in funzione CHARIS, il nuovo organismo unico di servizio di tutta la corrente di grazia del Rinnovamento Carismatico Cattolico. È un’occasione unica per una rinnovata effusione dello Spirito su di noi e su tutta la Chiesa. Lo scopo di questa e delle due successive riflessioni che mi sono state richieste dal comitato di coordinamento è proprio quello di sostenere e stimolare con motivazioni bibliche e teologiche l’impegno di preghiera con cui molti fratelli e sorelle desiderano contribuire alla riuscita spirituale dell’evento.

Come si prepararono alla venuta dello Spirito Santo gli apostoli? Pregando! “Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la Madre di Gesù e con i fratelli di lui” (At l, 14). La preghiera degli apostoli riuniti nel Cenacolo con Maria, è la prima grande epiclesi, è l’inaugurazione della dimensione epicletica della Chiesa, di quel «Vieni, Santo Spirito » che continuerà a risuonare nella Chiesa per tutti i secoli e che la liturgia premetterà a tutte le sue azioni più importanti.

Mentre la Chiesa stava in preghiera, “venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento gagliardo… Ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo” (At 2, 2-4). Si ripete ciò che era avvenuto nel battesimo di Cristo: “Mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Sant” (Lc 3, 21-22). Si direbbe che per san Luca fu la preghiera di Gesù a squarciare i cieli e a far discendere lo Spirito su di lui. Lo stesso avvenne a Pentecoste.

È impressionante la costanza con cui, negli Atti degli apostoli, la venuta dello Spirito Santo è messa in relazione con la preghiera. Non si tace il ruolo determinante del battesimo (cf At 2, 38), ma si insiste ancora di più su quello della preghiera. Saulo « stava pregando » quando il Signore gli mandò Anania perché riacquistasse la vista e fosse colmo di Spirito Santo (cf At 9, 9.11). Quando gli apostoli seppero che la Samaria aveva accolto la Parola, mandarono Pietro e Giovanni; essi « discesero e pregarono perché ricevessero lo Spirito Santo » (At 8, 15).

Quando, nella stessa occasione, Simone il Mago cercò di ottenere lo Spirito Santo a pagamento, gli apostoli reagirono indignati (cf At 8, 18 ss). Lo Spirito Santo non si può acquistare, si può solo implorare con la preghiera. Gesù stesso infatti aveva legato il dono dello Spirito Santo alla preghiera, dicendo: “Se dunque voi che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!” (Lc 11, 13). L’aveva legato non solo alla nostra preghiera, ma anche e soprattutto alla sua, dicendo: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore” (Gv 14, 16). Tra preghiera e dono dello Spirito c’è la stessa circolarità e compenetrazione che c’è tra grazia e libertà. Noi abbiamo bisogno di ricevere lo Spirito Santo per poter pregare, e abbiamo bisogno di pregare per poter ricevere lo Spirito Santo. All’inizio c’è il dono di grazia, ma poi occorre pregare perché questo dono si conservi e si accresca.

Ma tutto questo non deve rimanere un insegnamento astratto e generico. Deve dire qualcosa a me singolarmente. Vuoi tu ricevere lo Spirito Santo? Ti senti debole e desideri di essere rivestito di potenza dall’alto? Ti senti tiepido e vuoi essere riscaldato? Arido e vuoi essere irrigato? Rigido e vuoi essere piegato? Scontento della vita passata e vuoi essere rinnovato? Prega, prega, prega! Che sulla tua bocca non si spenga il grido sommesso: Veni Sancte Spiritus, vieni Santo Spirito! Se una persona o un gruppo di persone, con fede, si mette in preghiera e in ritiro, deciso a non alzarsi finché non sia stato rivestito di potenza dall’alto e battezzato nello Spirito, quella persona o quel gruppo non si alzerà senza aver ricevuto quello che chiedeva e anzi molto di più. Così avvenne in quel primo ritiro di Duquesne da cui ebbe inizio il Rinnovamento Carismatico Cattolico.

Come fu la preghiera di Maria e degli apostoli anche la nostra deve essere una preghiera «concorde e perseverante». Concorde o unanime (homothymadon) significa, alla lettera, fatta con un solo cuore (con-corde) e con «un’anima» sola. Gesú ha detto: “In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà” (Mt 18,19). 

L’altra caratteristica della preghiera di Maria e degli apostoli è che era una preghiera «perseverante». Il termine originale greco che esprime questa qualità della preghiera cristiana (proskarteroúntes) indica un’azione tenace, insistente, l’essere occupati con assiduità e costanza in qualcosa. Viene tradotto con perseveranti, o assidui, nella preghiera. Si potrebbe anche tradurre « tenacemente aggrappati» alla preghiera.

Questa parola è importante perché è quella che ricorre con più frequenza ogni volta che nel Nuovo Testamento si parla di preghiera. Negli Atti ritorna di lì a poco, quando si parla dei primi credenti venuti alla fede, che erano « assidui all’insegnamento, alla frazione del pane e alle preghiere» (At 2, 42). Anche san Paolo raccomanda di essere «perseveranti nella preghiera » (Rm 12, 12; Col 4, 2). In un brano della lettera agli Efesini si legge: “Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza” (Ef 6, 18).

La sostanza di questo insegnamento deriva da Gesù, il quale raccontò la parabola della vedova importuna, proprio per dire che occorre « pregare sempre, senza stancarsi » (cf Le 18, 1). La donna cananea è un’illustrazione vivente di questa preghiera insistente che non si lascia scoraggiare da nulla e che alla fine, proprio per questo, ottiene quello che desidera. Essa domanda una prima volta la guarigione della figlia, e Gesù – è scritto – «non le rivolse neppure la parola». Insiste, e Gesù risponde di non essere mandato che per le pecore d’Israele. Gli si getta ai piedi, e Gesù oppone che non è bene prendere il cibo dalla mensa dei figli per darlo ai cagnolini. Ce n’era a sufficienza per rimanere scoraggiati. Ma la donna cananea non si arrende; dice: « Sì, ma anche i cagnolini… », e Gesù felice esclama: “Donna, davvero grande è la tua fede. Ti sia fatto come desideri” (Mt 15, 21 ss).

Pregare a lungo, con perseveranza, non significa pregare con molte parole, abbandonandosi a un vano chiacchiericcio come i pagani (cf Mt 6, 7). Essere perseveranti nella preghiera significa chiedere spesso, non smettere di chiedere, non smettere di sperare, non arrendersi mai. Significa non darsi riposo e non darne neppure a Dio: “Voi, che rammentate le promesse al Signore, non prendetevi mai riposo e neppure a lui date riposo, finché non abbia ristabilito Gerusalemme” (Is 62, 6-7).

Ma perché la preghiera deve essere perseverante e perché Dio non ascolta subito? Non è egli stesso che, nella Bibbia, promette di ascoltare subito, appena lo si prega, anzi prima ancora di aver finito di pregare? “Prima che mi invochino – dice – io risponderò; mentre ancora stanno parlando, io già li avrò ascoltati” (Is 65, 24). Gesù ribadisce: “E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente” (Le 18, 7). L’esperienza non smentisce clamorosamente queste parole? No, Dio ha promesso di ascoltare sempre e di ascoltare subito le nostre preghiere, e così fa. Siamo noi che dobbiamo aprire gli occhi.

E verissimo, egli mantiene la sua parola: nel ritardare il soccorso, egli già soccorre; anzi questo differire è esso stesso un soccorrere. Questo perché non avvenga che ascoltando troppo in fretta la volontà del richiedente, egli non possa procurargli una perfetta sanità. Bisogna distinguere l’esaudire secondo la volontà dell’orante e l’esaudire secondo la necessità dell’orante, che è la sua salvezza. Gesú ha detto: “Cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” (Mt 7,7). Quando si leggono queste parole, si pensa immediatamente che Gesù prometta di darci tutte le cose che gli chiediamo, e rimaniamo perplessi perché vediamo che questo raramente si realizza. Egli però intendeva dire soprattutto una cosa: “Cercatemi e mi troverete, bussate e vi aprirò”. Promette di dare se stesso, al di là delle cose spicciole che gli chiediamo, e questa promessa è sempre infallibilmente mantenuta. Chi lo cerca, lo trova; a chi bussa, lui apre e una volta trovato lui, tutto il resto passa in seconda linea.

Quando l’oggetto della nostra preghiera è il dono buono per eccellenza, quello che Dio stesso vuole darci sopra tutte le cose – lo Spirito Santo -, bisogna guardarsi da un possibile inganno. Noi siamo portati a concepire lo Spirito Santo, più o meno consciamente, come un potente aiuto dall’alto, un soffio di vita che venga a ravvivare piacevolmente la nostra preghiera e il nostro fervore, a rendere efficace il nostro ministero e facile il portare la croce. Hai pregato in questo modo per anni per avere la tua Pentecoste e ti sembra che non si sia mosso un alito di vento. Niente di tutto quello che ti aspettavi è accaduto.

Lo Spirito Santo non è dato per potenziare il nostro egoismo. Guardati meglio attorno. Forse tutto quello Spirito Santo che chiedevi per te, Dio te lo ha concesso, ma per gli altri. Forse la preghiera di altri intorno a te, per la tua parola, si è rinnovata e la tua è andata avanti stentata come prima; altri si sono sentiti trafiggere il cuore, hanno avuto la compunzione e in pianto si sono ravveduti, e tu sei ancora lì a chiedere proprio quella grazia. Lascia Dio libero; fatti un punto d’onore di lasciare a Dio la sua libertà. È questo il modo che lui ha scelto di darti il suo Santo Spirito ed è il più bello. Chissà che qualche apostolo, il giorno di Pentecoste, vedendo tutta quella folla pentita battersi il petto, trafitta dalla Parola di Dio, chissà, dico, che non abbia provato invidia e confusione, pensando che lui non aveva ancora pianto mai per avere crocifisso Gesù di Nazareth. San Paolo, che nella predicazione era accompagnato dalla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, chiese per tre volte di essere liberato dalla sua spina nella carne, ma non fu ascoltato e dovette rassegnarsi a vivere con essa perché si manifestasse meglio la potenza di Dio (cf 2 Cor 12, 8 s).

Nel Rinnovamento Carismatico la preghiera si manifesta in una forma nuova rispetto al passato: quella della preghiera di gruppo o del gruppo di preghiera. Partecipando ad essi si capisce cosa voleva dire l’Apostolo quando scrive agli Efesini: “Siate ricolmi dello Spirito, intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo” Ef 5,18-20). E ancora: “Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito” (Ef 6,18).

Noi conosciamo due soli tipi fondamentali di preghiera: la preghiera liturgica e la preghiera privata. La preghiera liturgica è comunitaria, ma non è spontanea; la preghiera privata è spontanea ma non è comunitaria. Occorrono momenti in cui si possa pregare spontaneamente, come lo Spirito detta, ma condividendo la propria preghiera con altri, mettendo insieme i vari doni e carismi ed edificandosi ognuno col fervore dell’altro; mettendo insieme le diverse “lingue di fuoco” in modo da formare un’unica fiamma. Occorre, insomma, una preghiera che sia spontanea e comunitaria insieme.

Abbiamo un magnifico esempio di questa preghiera “carismatica”, spontanea e comunitaria insieme, nel capitolo quarto degli Atti. Pietro e Giovanni, liberati dal carcere con l’ordine di non parlare più nel nome di Gesù, fanno ritorno alla comunità e questa si mette a pregare. Uno proclama una parola della Scrittura (“I principi si allearono insieme contro il Signore e contro il suo Cristo”), un altro ha il dono profetico di applicare la parola alla situazione del momento; c’è come una “sollevazione” di fede che da l’ardire di chiedere “guarigioni, segni e prodigi” . Alla fine si ripete ciò che era avvenuto nella prima Pentecoste “tutti furono colmati di Spirito Santo” e continuano a predicare Cristo “con franchezza”.

Un dono speciale da chiedere allo Spirito Santo in occasione del rinnovamento e della unificazione degli organismi di servizio è che risusciti la meraviglia di quei primi gruppi di preghiera carismatici nei quali quasi si respirava la presenza dello Spirito Santo e la signoria di Cristo non era una verità soltanto proclamata ma sperimentata quasi tangibilmente. Non dimentichiamo che il gruppo di preghiera o la preghiera di gruppo è l’elemento-base che accomuna tra loro sia la realtà dei gruppi di preghiera che delle fraternità carismatiche.

Con ognuna delle modalità di preghiera ricordate si può partecipare alla catena di preghiera in preparazione alla Pentecoste. A chi ama la preghiera liturgica, suggerisco di ripetere più volte al giorno, a scelta, una delle seguenti invocazioni allo Spirito Santo in uso nella liturgia, sapendo di unirsi così alle innumerevoli schiere di credenti che le hanno pronunciate prima di noi:

Vieni, Santo Spirito, riempi il cuore dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore”. (Per chi ama pregare ancora con le formule originali latine: “Veni, Sancte Spiritus, reple tuorum corda fidelium et tui amoris in eis ignem accende”). Oppure: “Manda il tuo Spirito Signore e rinnova la faccia della terra”. Oppure: Vieni, Spirito creatore, visita le nostre menti, riempi di grazia celeste i cuori che hai creato”

Ai fratelli e alle sorelle di lingua inglese suggerisco di ripetere, da soli o nel gruppo, le parole di quel canto che abbiamo ricevuto dai fratelli pentecostali e che ha accompagnato milioni di credenti al momento di ricevere il battesimo nello Spirito (alternando il singolare “me” con il plurale “us”): “Spirit of the living God, fall afresh on me: melt me, mould me, fill me, use me. Spirit of the living God, fall afresh on me”.

Nel mio libro di commento al Veni Creator ho formulato anch’io una invocazione allo Spirito Santo. La condivido volentieri in questa circostanza con chi se ne sentisse ispirato:

Vieni, o Spirito Santo!

Vieni forza di Dio e dolcezza di Dio!

Vieni tu che sei moto e quiete nello stesso tempo!

Rinnova il nostro coraggio,

riempi la nostra solitudine nel mondo,

crea in noi l’intimità con Dio!

Noi non diciamo più, come il profeta: “Vieni dai quattro venti”,

come se non sapessimo ancora da dove tu provieni;

diciamo: Vieni Spirito dal costato trafitto di Cristo sulla croce!

Vieni dalla bocca del Risorto!