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Si devono controllare i compiti dei figli? Uno studio di un’università offre una risposta sorprendente

STUDYING
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Dolors Massot - pubblicato il 06/05/19
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L’Università di Oviedo ha appena reso pubblico uno studio su quale sia l’atteggiamento migliore dei genitori rispetto ai compiti a casaNella preoccupazione dei genitori per educare correttamente i figli, molti si chiedono cosa devono fare quando i bambini arrivano a casa con i compiti da svolgere. Devono essere la prima cosa da fare? Bisogna stabilire un orario quotidiano? È bene lasciarli soli mentre li fanno o è preferibile stare con loro e seguire attentamente la preparazione di ogni materia?

La questione è ancora dibattuta, ma sembra che gli studi tendano a dirigersi in una certa direzione. Di fronte a chi dice che i genitori debbano essere molto presenti e controllare i figli a livello di orari di studio e di risposta a ogni esercizio, correggerli, spiegare e rispondere ai loro dubbi se è necessario, gli esperti propongono un altro atteggiamento pedagogico.

Se i genitori vogliono formare i figli nella libertà e far sì che crescano in modo responsabile, un rapporto dell’Università di Oviedo (Spagna) sostiene che non si debbano controllare i compiti del bambino.

Cosa significa non controllare? Lo studio, ottenuto incrociando dati degli allievi delle scuole secondarie spagnole, afferma che i bambini che sviluppano meglio le proprie capacità sono quelli a cui i genitori permettono di assumere le proprie responsabilità nei compiti a casa.

HOMEWORK

Shutterstock

Significa forse che non si debbano aiutare i figli? No. Lo studio suggerisce che l’aiuto dovrebbe permettere:

– che il bambino sia essere responsabile del fatto di fare o meno i compiti;
– che il bambino dipenda solo dai genitori quando non capisce qualcosa;
– che i genitori favoriscano il fatto che il bambino decida di fare i compiti;
– che i genitori non vadano al di là della necessità di aiuto del bambino, ovvero non gli facciano i compiti.

Il rapporto dell’Università di Oviedo sottolinea che i compiti sono parte dell’istruzione accademica, e che quindi i genitori debbano relazionarsi ad essi nella misura in cui “è imprescindibile”. Non è quindi un bene l’iperprotezione (far bene i compiti perché sia il primo della classe) o il controllo eccessivo (manovrare la volontà del bambino di modo da non lasciargli altra opzione).

Organizzare i compiti sì, farli insieme ai figli no

Queste conclusioni sono complementari a quelle di uno studio recente dell’Istituto Catalano di Valutazione delle Politiche Pubbliche (Ivàlua) e della Fondazione Jaume Bofill di Barcellona, reso pubblico nell’ottobre dello scorso anno, che espone i limiti entro i quali devono rimanere i genitori nella collaborazione con i figli.

CHILD HOMEWORK

KDdesignphoto I Shutterstock

In questo caso, lo studio ritiene positivo che i genitori organizzino i compiti con i figli, ma crede che sia controindicato che li facciano insieme a loro.

Considerando i due documenti, può favorire lo sviluppo educativo il fatto che quando il bambino arriva a casa un adulto lo aiuti a organizzare l’orario, di modo che ci sia tempo per quello che si vuole che faccia: merenda, giochi, lettura, conversazione, compiti… È bene aiutare il bambino a dedicare del tempo concreto allo studio, ad esempio facendo sì che sia sempre dopo la merenda e che per ogni materia abbia un periodo di tempo stabilito che egli stesso possa valutare.

In questa organizzazione del tempo, bisogna considerare anche quanto tempo dedicare alla televisione, al computer e agli schermi in generale.

In base all’età, l’organizzazione del tempo verrà effettuata prima dalla mamma o dal papà, e man mano che il bambino cresce passerà a lui. In questo modo acquisirà delle responsabilità sapendo di essere libero di decidere una cosa o il contrario, e il giorno dopo vedrà se ha agito in modo corretto.