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Perché non reprimere le lacrime è tanto importante?

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Photo by Aliyah Jamous on Unsplash

padre Carlos Padilla - pubblicato il 06/05/19

Piangere è sano. È una grazia che Dio mi dà per non vivere chiuso nei miei sentimenti

Nel periodo pasquale, mi resta sempre sospesa nell’anima una domanda: “Donna, perché piangi?” (Giovanni 20, 13). Maria Maddalena piange perché non trova il corpo di Gesù, che tanto ama. Piange per il dolore della perdita. Piange la morte di Gesù e la sua assenza. Il pianto precede la gioia.

Gesù le rivolge la domanda due volte, e alla fine la chiama per nome: “Maria”. In quel momento Maria avrà sicuramente pianto di gioia, di emozione. Lacrime d’amore. Il cuore piange.

Giorni fa un bambino ha chiesto alla madre: “Mamma, la composizione chimica delle lacrime di tristezza e di gioia è la stessa?” Lei è rimasta sorpresa dalla domanda. Non l’ha presa molto sul seriol finché ha deciso di indagare, scoprendo qualcosa di interessante.

Rose-Lynn Fisher ha scoperto la diversa topografia delle lacrime viste al microscopio. Dipende dalla loro origine, che sia gioia o tristezza, o dal fatto che siano semplicemente prodotte da un elemento esterno. Mi sono soffermato a pensare alle lacrime e alla loro origine diversa.

Dicono che piangere è un dono, e non una croce come dicono alcuni. Perché nel pianto, nelle lacrime, sono capace di riversare il mio dolore, la mia gioia, la mia tensione, la mia rabbia, la mia angoscia. Le mie emozioni si effondono in un mare di lacrime.

Credo che piangere sia un dono. Aprire il canale che lascia uscire il mare profondo della mia anima. Soffro quando piango. Rido quando piango. Amo quando piango. Desidero quando piango. Quelle lacrime esprimono ciò che c’è dentro di me. A volte spaventano perché tendo a interpretarle quando ne sono testimone. Non voglio giudicare le lacrime.

Chiedo semplicemente come Gesù: “Perché piangi?” La domanda suscita una risposta dal più profondo dell’anima. Il pianto è sempre vero. Lascio uscire l’anima in lacrime. Esprimo in esse il mondo di sentimenti che ho dentro.

Piangere è sano. È una grazia che Dio mi dà per non vivere chiuso nei miei sentimenti. Perché sento. E sento con forza. Con profondità. E ho bisogno che le lacrime sgorghino spesso. Per alleggerire il peso, o esprimere più chiaramente quello che provo.

Ogni volta che mi addentro nell’anima e cerco di esprimere ciò che vivo dentro piango, e le mie lacrime non sono di pena, ma dell’anima. Perché ciò che conta nella mia vita è carico di emozione, e quello che non mi importa non comporta lacrime.

Vorrei essere più empatico nei confronti di chi soffre. Avvicinarmi in ginocchio a chi piange, come fa Gesù con Maria: “L’empatia è l’avventura di catturare l’emozione o il sentimento implicito di un altro individuo e farlo risuonare in modo che ciò che gli si dice dice sia esattamente quello che l’altro sta provando. L’empatia è rivolta ai sentimenti dell’altro, al suo mondo implicito”.

Voglio avvicinarmi con rispetto infinito alle lacrime che vedo. Sostenerle con i miei silenzi. Custodirle con il mio sguardo. Non voglio che smettano di scorrere. Non pretendo di calmarle. Sono l’espressione più bella di sentimenti profondi per i quali le parole non bastano. Non servono.

Per poter comprendere le lacrime devo tacere di più e chiedere meno, o come Gesù chiamare semplicemente per nome chi piange, perché sappia che sono qui, in attesa, a vegliare sul suo dolore, sulla sua tristezza o sulla sua gioia. Come un guardiano che ama, sostiene e cura. Chiedo a Dio di donarmi lacrime che lascino uscire le emozioni che custodisco dentro di me.

Commentava Papa Francesco sulle lacrime della Vergine Maria: “Hanno portato da Siracusa la reliquia delle lacrime della Madonna – ha detto -. Oggi sono lì, e preghiamo la Madonna perché ci dia a noi e anche all’umanità, che ne ha bisogno, il dono delle lacrime, che noi possiamo piangere: per i nostri peccati e per tante calamità che fanno soffrire il popolo di Dio e i figli di Dio”.

Chiedo a Maria il dono delle lacrime che dicono abbiano accecato San Francesco per il tanto pianto vedendo Gesù soffrire. E io voglio piangere per tante persone che soffrono. Per chi è solo, ferito, moribondo, abbandonato, spezzato.

Voglio piangere per chi ha agito male e non si pente. Per tante ingiustizie, tanti attentati, tanti omicidi. Piangere con lacrime di dolore per il figlio minore che si allontana da Dio e non torna. Piangere come una madre per il figlio perduto.

Ha detto il Papa in un’altra occasione: “Il mondo ci dice: la gioia, la felicità, il divertimento, quello è il bello della vita”; “ignora, guarda da un’altra parte, quando ci sono problemi di malattia, problemi di dolore nella famiglia”. “Il mondo non vuole piangere: preferisce ignorare le situazioni dolorose, coprirle”, ma “soltanto la persona che vede le cose come sono, e piange nel suo cuore, è felice e sarà consolata”.

Voglio quel dono delle lacrime che mi renda compassionevole e capace di provare dolore con chi soffre e gioia con chi è felice. Un dono che mi lasci cieco dalle tante lacrime versate per il dolore dell’uomo. Non voglio nascondere la sofferenza. Non voglio rifuggirla.

Le mie lacrime hanno un valore immenso. Gesù mi chiede perché piango, asciuga le mie lacrime e mi consola. E lascia che pianga al suo fianco. Noto il suo abbraccio e la sua voce pronuncia il mio nome. Gesù mi salva dentro.

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