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La Chiesa in Siria soffre per la “ferita aperta” dell’emigrazione

SYRIA

AFP PHOTO | DELIL SOULEIMAN

Aiuto alla Chiesa che Soffre - pubblicato il 06/05/19

Intervista all'arcivescovo maronita Joseph Tobji di Aleppo

Il numero dei cristiani ad Aleppo (Siria) è crollato drammaticamente durante la guerra civile,
passando dai 180.000 prima del conflitto ai 32.000 di oggi.

L’arcivescovo maronita Joseph Tobji è il pastore di una piccola comunità di circa 400 famiglie. Di recente ha parlato ad Aiuto alla Chiesa che Soffre del suo ministero.

Qual è la situazione in città due anni dopo la riconquista di Aleppo da parte delle forze governative?

In termini di sicurezza la situazione è migliorata, anche se le bombe continuano a cadere. Nelle ultime settimane molte hanno colpito la periferia di Aleppo. Il conflitto, quindi, non è ancora davvero terminato.

Quella di oggi, comunque, è più che altro una guerra economica. Alla fine del 2016 pensavamo che tutti avrebbero trovato nuovamente lavoro e sarebbero stati in grado di partecipare alla ricostruzione della città. Siamo rimasti sorpresi dall’impatto dell’embargo e dalle sanzioni, che attualmente ci stanno colpendo in modo ancor più duro.

Ogni giorno siamo afflitti dalla mancanza di corrente elettrica [16 ore al giorno]. L’economia va male e l’inflazione galoppa. La corruzione, poi, ha raggiunto livelli record nel Paese. Si può facilmente immaginare la situazione degli abitanti di Aleppo. Oggi la gente è demotivata.

È per questo che tanti stanno lasciando il Paese?

Abbiamo perso molte risorse e tanti lavoratori qualificati. L’emigrazione è diventata la nostra ferita aperta. Anche chi è ancora qui è da qualche altra parte con il cuore. La gente sogna il paradiso del mondo occidentale.

Quando arriva lì, però, trova una realtà diversa da quella che si aspettata. È molto sorpresa e delusa. È delusa qui e delusa lì. È questa la grande tragedia. Nel 2016 avevamo ancora speranza, ora molti stanno cedendo alla disperazione.

Cosa sta facendo la Chiesa per aiutare i bisognosi?

I giovani vogliono andare in altri Paesi per trovare lavoro. È per questo che stimo che il 40% della nostra comunità cristiana sia composta da persone anziane, anche se ci sono solo due o tre ospizi ad Aleppo. Cerchiamo di sostenerli a livello sociale e con l’assistenza pastorale assicurandoci che abbiano accesso a farmaci, supporto psico-sociale, cibo, istruzione e alloggio.

Dobbiamo rafforzare la fede delle persone, ancorarle a questo Paese e incoraggiarle ad essere testimoni di Cristo, ad essere il sale della terra e la luce del mondo: non possiamo permettere che la nostra presenza qui diventi insignificante.

Abbiamo attraversato un periodo doloroso della storia: stiamo vivendo in circostanze straordinarie. Ora dobbiamo affrontarle in modo appropriate. A questo scopo, la settimana scorsa abbiamo organizzato il primo Sinodo dei vescovi cattolici ad Aleppo.

Cosa vorrebbe dire ai benefattori di Aiuto alla Chiesa che Soffre?

A nome di tutti i cristiani di Aleppo, vorrei ringraziarli per la loro assistenza, che ci fa andare avanti e rafforza la nostra speranza. Grazie con tutto il cuore.

Posta direttamente sotto il Santo Padre, Aiuto alla Chiesa che Soffre sostiene i fedeli ovunque siano perseguitati, oppressi o in una situazione di necessità pastorale. ACS è un’organizzazione caritativa cattolica che aiuta a portare Cristo al mondo attraverso la preghiera, l’informazione e l’azione.

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