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I figli che desideravo non arrivavano, fino a che non ho abbracciato la croce

WEB WOMAN PRAY INTROSPECTION BRICK WALL ©Racorn:Shutterstock

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Martha, Mary and Me - pubblicato il 02/05/19

Il dolore della sterilità, anche quando si rivela definitiva, non è a sua volta sterile! Le prove nella vita non mancano, ma il Signore conosce davvero il nostro cuore e camminare con Lui riempie di luce ogni valle oscura.

Quando senti che il dolore è troppo forte, insopportabile, tanto da lacerarti dentro, fermati, fai silenzio.

Quando i pianti diventano interminabili e ti nascondi in camera per non farti vedere in quello stato dal marito, calmati, non sei sola. Quando ricerchi il senso di tutto questo dolore e l’unica risposta che ti dai è “sarà un castigo divino”, respira a fondo, non sei l’unica a pensarlo. Io ti capisco, perché ci sono passata, come te. So cosa significa sfoggiare un sorriso forzato di fronte all’amica di turno che ti dice di essere incinta. So cosa si prova a sentirsi soli, quando hai l’impressione che a nessuno importi di come stai veramente. Speri con tutta te stessa che ti venga chiesto “come stai?” per tirar fuori il macigno che hai dentro e invece ti ritrovi a sfogarti con l’estetista, perché si sa con gli estranei è più semplice mostrarsi vulnerabili. Quando allora ti sembra di non farcela più, quando vedi tutto nero, inginocchiati, prega, invoca la grazia.




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Non ti fossilizzare però sul desiderio di aver figli, il Signore sa cosa c’è nel tuo cuore. Chiedi piuttosto la virtù della pazienza e il dono dell’umiltà così da saper attraversare quella via tortuosa che Lui ti ha posto avanti. Non fare come me che per troppo tempo ho chiesto la grazia sbagliata.

Non ho certo smesso di pregare per il dono della maternità, d’altronde è Gesù che ci ha detto di essere insistenti come la vedova col giudice ma ho compreso che in quel momento dovevo chiedere altro e che piangersi addosso non serviva a nulla.

Mi sono stancata di star male e non mi piaceva la persona che stavo diventando: invidiosa e sempre triste, così ho reagito.

Ho capito che prima di tutto dovevo chiedere la Grazia di superare la prova e ho iniziato a credere che quella croce avesse un senso. Non sono sicura di aver capito il perché di questa sofferenza, ma senza dubbio essa mi ha resa più forte, più devota e vicina a Dio. Essa ha ravvivato in me la fiamma della fede. Mi sono fidata ed affidata a Dio e con mio marito abbiamo iniziato a pensare al percorso dell’adozione, dato che si può esser madre in tanti modi, non solo biologicamente.




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Ho preso contatti, scaricato i moduli per avviare le pratiche in attesa del nostro terzo anniversario di matrimonio, il 6  giugno. Invece un altro 6 è entrato improvvisamente a far parte della nostra storia: il  6 marzo, quando sono comparse le tanto desiderate due lineette. Il tutto quando avevo finalmente accettato la croce, abbracciandola e portandola con mio marito, grazie alla preghiera. Ed eccola lì, la grazia, spuntare quando meno te lo aspetti, quando avevo ricominciato a star bene. Sarà perché ti sei rilassata direte voi. Può essere, ma non ne sono convinta. Sono sicura che Dio ha permesso che passassi per quel calvario perché potessi avvicinarmi di più a Lui e per apprezzare maggiormente poi il dono che mi è stato fatto. Non voglio che questa storia sia letta come l’ennesima di chi alla fine ha ricevuto la grazia. Non è questo il punto. Quello che voglio trasmettere è che nonostante tutto bisogna fidarsi di Dio, è pura convenienza. Si soffre in questo mondo, le disgrazie capitano e non possiamo farci nulla.

Ma possiamo decidere come affrontarle. Da soli, nella nostra autocommiserazione, nella disperazione e nel pianto oppure con Gesù accanto. Vi assicuro che in quest’ultimo modo tutto diventa più semplice. La fede si può davvero dimostrare un’ancora di salvezza. La preghiera, un potente balsamo in grado di lenire i nostri dolori. E solo nella preghiera, possibilmente fatta assieme al marito, troveremo chi sa veramente ascoltarci, comprenderci e darci la pace: Gesù, l’unico in grado di starci vicino e sostenerci.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE AL BLOG MARTHA, MARY AND ME

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