di Elisa Seddon
Lei non è più tra noi.
Non sapevo perché mi sentissi così, mentre guardavo la splendida magnolia nel nostro cortile, in piena fioritura, con la tiepida brezza primaverile che soffiava in casa. Ero triste, e non aveva senso. Ero all’11ma settimana di gravidanza. Tutto stava andando alla grande. Mio marito ed io eravamo innamorati come il giorno del nostro matrimonio, anche di più. Avevamo 6 figli sani e felici, e una vita piena. Poi ho iniziato a rendermi lentamente conto di qualcosa che già sapevo pur ignorando come – mi sono resa conto che lei non era più qui.
La visita dell’ottava settimana di gravidanza era andata benissimo. Era stato splendido vedere la nostra piccola Edith, veder battere il suo cuore, vedere come assomigliava a tutti gli altri nostri figli alla sua età. Un miracolo in miniatura, un segno visibile dell’amore che io e mio marito provavamo l’uno per l’altra. Avevamo tante cose da aspettare, da pianificare, tante speranze, tanto amore… Ma lei non era più qui, e mi sono resa lentamente conto del motivo per cui ero triste. Se n’era andata.
C’ero solo io.
Non c’era nessun altro nella stanza con me, nessuno tra me e quello splendido albero, nessuno che condividesse la brezza primaverile. C’ero un’altra volta solo io. Ero sola.
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Nessuno parla dell’aborto spontaneo. È una cosa troppo dolorosa da condividere? Forse nessuno vuole sentirne parlare perché è una cosa troppo triste a cui pensare. Non ci si può fare niente, nessuno sa cosa dire o cosa fare. Ma dovremmo. Potremmo aiutarci a guarire. Potremmo semplicemente essere lì gli uni per gli altri. Potremmo essere l’altra persona nella stanza. Se non riusciamo a stare vicino agli altri nei momenti difficili, come possiamo condividere davvero e pienamente anche le cose belle?
Lei non era più qui. E prima c’era. Sapevo che era così con ogni fibra del mio essere. Non avevo ancora i crampi, ma sarebbero arrivati. Non avevo nemmeno altre avvisaglie, ma sapevo che ne avrei avute. Con Isaac era iniziato così. Il piccolo Isaac, così prezioso, così amato e che non ha vissuto abbastanza da fare la prima visita dal dottore. Ricordo di aver pianto con mio marito, mentre ci abbracciavamo, in lutto per la nostra perdita, condividendo il nostro dolore l’uno con l’altra e con Dio. Sapere che non ero sola mi ha dato la forza di sopportare il dolore della perdita.
È stato difficile perdere Edith, e Isaac, e gli altri nostri piccoli di cui è tanto difficile parlare, ma ci sono altri bambini che avrebbero potuto avere una vita lunga e non ne è stata data loro l’opportunità. Dobbiamo parlare anche di loro. Dobbiamo scegliere la vita. È per questo che sono così orgogliosa che l’Ohio abbia approvato la legge del battito fetale, che dà ai bambini una possibilità di vivere. Edith non ha vissuto abbastanza per giocare in cortile sotto la magnolia, per ridere, per essere abbracciata. Ma la amavamo, e ancora la amiamo, e questo non cambierà mai.
Dio ti benedica, Edith.
Qui l’articolo originale pubblicato da Catholic Link.