Non si tratta di denaro o salute, ma di qualcosa di molto migliore...
Mi chiedo spesso come sarà possibile la realizzazione della promessa che mi ha fatto Dio. Ad Abramo ha promesso una discendenza, un’intimità con Lui e una terra nuova.
“Ti farò moltiplicare grandemente, ti farò divenire nazioni e da te usciranno dei re. Stabilirò il mio patto fra me e te e i tuoi discendenti dopo di te, di generazione in generazione; sarà un patto eterno per il quale io sarò il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. A te e alla tua discendenza dopo di te darò il paese dove abiti come straniero: tutto il paese di Canaan, in possesso perenne; e sarò loro Dio” (Genesi 17, 6-8).
Questa triplice promessa la fa anche a me. Ho tanta sete di pienezza… Mi promette una discendenza, una casa in cui gettare le mie radici, un’intimità profonda con Lui.
E io mi impegno a voler sapere come sarà possibile. Se è Dio che ha il potere di farlo.
Abramo non capisce come potrà essere padre di una discendenza numerosa quando sua moglie è sterile, e poi non capisce perché gli chiede di offrire suo figlio a Moria, quando è il figlio della speranza.
Mosè non capisce come Dio lo mandi a liberare un popolo che non lo ama. Non sente di far parte dei suoi. E cosa farà lui che non sa parlare per convincere un faraone a lasciarli andar via?
Maria crede nella promessa di Dio, ma vuole sapere come si realizzerà se non conosce uomo.
Nel mio cammino posso sempre dubitare del Dio delle mie promesse. Possono temere che non si realizzino come auspico.
Per questo mi aggrappo al progetto che ritengo più sicuro. Al modo concreto in cui credo che si realizzi la promessa. Cerco la soluzione fattibile, non quella impossibile. Forse sottovaluto il potere di Dio.
Penso a Pietro nei giorni della Passione. Voleva salvare Gesù dalla morte, perché era l’unica via per la realizzazione della promessa. Se Gesù fosse morto sarebbe stato tutto perduto. Il regno sulla Terra.