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Vuoi dare più forza alle tue parole? Parla di quello che vivi!

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 25/04/19

Devo aver avuto un'esperienza da poter raccontare. Chi ha vissuto ciò di cui parla è più credibile di chi parla solo a livello teorico

Voglio essere testimone di quello che vedo. Sono chiamato ad essere testimone in mezzo agli uomini. È quello che conta davvero oggi. Lo psichiatra Enrique Rojas diceva: “Tre persone referenti: il professore assegna un compito e resta lì. Il maestro insegna lezioni che non appaiono sui libri. Qualcosa che scopre in lui e che lo trascina. E al di sopra di tutto c’è il testimone, quello che ha una vita coerente e attraente. Il modello di identità perfetto. Una vita incarnata. Vorresti assomigliarle. Una vita aperta, esemplare, una lezione aperta”.

Il testimone è affidabile. Conduce una vita esemplare. È credibile perché mi parla partendo dalla sua verità.

Oggi mancano maestri e professori che siano testimoni. Che conducano una vita autentica. Vera e affidabile.

Oggi il cristianesimo si contagia non attraverso buoni predicatori. È la testimonianza coerente che trascina.

So che oggi molte persone sono capaci di negare l’evidenza. Se non vedono non credono. Non credono nella testimonianza. Costa loro credere ai testimoni.

Ciò che è successo a un altro non deve necessariamente accadere a me. Non c’è motivo per cui io debba vivere quello che ha vissuto un’altra persona…

Mi toccano di più le testimonianze di coloro che hanno una vita simile alla mia, mentre mi giungono meno quelle di chi conduce una vita molto diversa.

Voglio dare testimonianza. Voglio essere testimone. Ho bisogno di aver visto, di aver sentito, di essere stato per poter dare testimonianza. Devo aver avuto un’esperienza da poter raccontare.

Pietro dice: “Noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nel paese dei Giudei e in Gerusalemme; essi lo uccisero, appendendolo a un legno. Ma Dio lo ha risuscitato il terzo giorno e volle che egli si manifestasse non a tutto il popolo, ma ai testimoni prescelti da Dio; cioè a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti”.

Pietro è un testimone credibile perché ha subìto la delusione. Perché non è stato all’altezza. Ha voluto salvare la vita del Maestro, e ha finito per rinnegarlo in una notte piena di paure.

Non mente. Racconta il suo rinnegamento. Descrive le lacrime che ha versato. La sua vita onesta rende più credibile la sua fede in Gesù risorto.

È vero. Chi ha vissuto quello che dice è più credibile di quello che parla solo in base alla teoria. Chi ha visto ciò che dice è più degno della mia fiducia rispetto a chi non lo ha visto.

I discepoli hanno visto Gesù morto. Hanno toccato la sua assenza. Hanno visto la pietra che chiudeva il sepolcro e poneva fine alla loro speranza.

Hanno abbracciato il corpo insanguinato di Gesù ormai senza vita. Hanno provato il dolore profondo della perdita. Senza il Maestro si sono sentiti perduti.

Pietro umiliato nel suo tradimento, e gli altri che non erano ai piedi della croce. Non erano capaci di contagiare una minima speranza.

Neanche Giovanni si sentiva orgoglioso del suo comportamento. Non hanno potuto far nulla per salvare Colui che amavano tanto. Tutto era perduto. Cosa avrebbero fatto? Com’era possibile sperare contro ogni speranza?

Quando Gesù entra di nuovo nella loro vita da risorto diventano testimoni di qualcosa di impossibile.

Non appare a tutti perché così sia più facile raccontarlo. Gesù appare solo ad alcuni. Perché?

Gesù ha cercato solo gli eletti. Solo quelli che avevano mangiato con Lui prima della sua morte. I discepoli diventano allora testimoni credibili perché hanno visto la morte di Gesù.

E poi hanno visto il suo corpo vivo. Glorioso. Pieno di vita e con le ferite sulla pelle. La loro testimonianza è degna di fiducia.

Il testimone attesta che tutto ciò che ha vissuto è vero. La mia vita sarà una testimonianza dell’amore di Dio quando sarò capace di amare con un amore impossibile.

Non voglio dare lezioni. Non voglio essere un teorico della salvezza. Voglio che le mie opere parlino di un amore infinito. Corro cercando il sepolcro vuoto, in cui trovo le bende a terra.

Non vedo Gesù morto, perché è vivo. Voglio che le mie parole corrispondano alle mie azioni. Voglio che tutta la mia via testimoni un amore infinito.

Gesù è morto in me, per me, per dare vita al mondo. Ho bisogno di toccare Gesù morto nella mia storia e di incontrarlo risorto, per poter parlare di un amore vero. Per essere un testimone affidabile.

Com’è stato quell’incontro con Gesù morto e risorto nella mia vita? Com’è stata la mia conversione? Come parlo di quel mio incontro con Gesù che mi ha cambiato dentro?

Voglio credere in Gesù che mi ama alla follia. Voglio raccontare come quell’amore mi ha cambiato per sempre. Sono testimone di Gesù che vive in me, lì dove due si amano, in quel mondo che anela alla pace.

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