Come nota François Angelier nel suo Paul Claudel, biografia del grande letterato,
il suo sforzo, quello di una vita di ottantasette anni, è stato di rendere l’eternità percorribile, di analizzare in un cammino praticabile l’inesorabile colata di gioia che si era aperta per lui nel 1886.
Tutta l’opera di Paul Claudel, infatti – sia quella teatrale (Le Père humilié), sia quella poetica (Cinq grandes Odes), sia esegetica (Un poète regarde la Croix) è al contempo apertura e approfondimento del suo percorso spirituale. Paul Claudel stesso, ammiratore e apologeta di Gilbert Keith Chesterton, altro convertito, non avrebbe esitato a mutuare dall’autore inglese l’immagine di una croce simile a un traliccio, indicatore fra quattro direzioni.
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Niente nella sua famiglia lo predestinava a una vocazione spirituale. Sua madre è insensibile alla pratica religiosa quasi quanto il padre è anticlericale. È dunque per convenzione e opportunità che riceve i due primi sacramenti. La prima comunione – lo spiega egli stesso ne La mia conversione – «insieme il coronamento e il termine» delle pratiche religiose per tanti giovani della sua epoca. Da adolescente, non si considera credente. Il suo ingresso al famoso liceo parigino Louis-le-Grand non fa che accentuare questo stile di vita lontano dalla spiritualità. In effetti, il giovane Paul Claudel – che del resto frequenta Marcel Schwob e Léon Daudet – frequenta l’élite intellettuale parigina, che ha largamente perduto il senso del sacro.
Un incontro che cambia la sua vita
Ora, tra l’adolescenza e l’età adulta il giovane Paul sente che non conduce una vita morale e accusa un profondo malessere. Scopre l’angoscia della morte in seguito al decesso del nonno, ma ancora non si cura delle risposte che in siffatto genere di prove può apportare la fede. Mentre conclude il percorso liceale, egli non sopporta più i corsi filosofici che glorificano Kant e la Ragione. Sul piano famigliare la situazione è ugualmente lancinante: dietro a delle ingannevoli apparenze di calma, favorite da una situazione finanziaria paterna stabile, le relazioni sono complesse con la sorella Camille e coi genitori. Cercando una sorta di salvezza estetica, Paul Claudel si volge verso la poesia e la bellezza della natura, e incontra Stéphane Mallarmé.
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Ma è un altro grande poeta quello che segnerà per sempre la sua vita, così come la prima tappa della sua conversione alla fede cattolica, poiché lo scoprirà in quel famoso 1886: Arthur Rimbaud. Nelle Illuminations sente la forza del soprannaturale. Vi intravede una mistica che lo purifica dall’atmosfera razionalistica e materialistica nella quale ristagna il milieu intellettuale parigino alla fine del XIX secolo. Egli si appoggerà sull’opera del poeta-profeta per tutto il corso della sua carriera, come mostra questo estratto dalle Mémoires improvisés:
Rimbaud ha esercitato su di me un’influenza seminale. […] Non so immaginare che cosa sarei potuto essere se l’incontro con Rimbaud non mi avesse dato un impulso assolutamente essenziale.
“Seminale” ed “essenziale”: nessun dubbio, il giovane poeta Rimbaud sarebbe stato per Claudel un “padre spirituale”.
Certo non è un caso che, tra la lettura di Rimbaud e la conversione a Notre-Dame de Paris, nell’agosto 1886 Claudel scrisse una lunga poesia intitolata Pour la messe des hommes. Del Cristo di cui si parla in questo testo, però (che a posteriori Claudel avrebbe giudicato mediocre dal punto di vista formale ma importante nel suo sviluppo spirituale), si afferma ancora – per il momento – non essere il figlio di Dio.
La rivelazione
Arriva infine il famoso episodio del Natale 1886 a Notre-Dame, che si svolge durante i vespri. Claudel ascolta il Magnificat.
In un istante, il mio cuore fu toccato e io credetti. Credetti con una tale forza di adesione – con una tale elevazione di tutto il mio essere, con una così potente convinzione, con una tale certezza che a nessuna specie di dubbio lasciava spazio – che, in seguito, tutti i libri, tutti i ragionamenti, tutti i casi di una vita agitata, non hanno potuto distruggere la mia fede né, a dire il vero, toccarla.
Paul Claudel, Ma conversion, pubblicato il 13 ottobre 1913 nella Revue de la jeunesse
La fede arriva all’improvviso, semplicemente, potentemente, irrevocabilmente, nel cuore di Paul, che ha diciott’anni. È una cosa definitiva, ma resta da assumerla, da digerirla. Anche se ormai legge di teologia cristiana e frequenta la Chiesa, non osa parlarne né ai suoi amici né ai genitori. Neppure uno dei suoi amici è praticante. Un altro problema che gli si pone è il legame da stabilire fra le sue aspirazioni poetiche e le sue nuove aspirazioni religiose. Quale equilibrio possibile tra la sua cultura, le sue concezioni letterarie, e la sua fede?