Un tempo erano i bambini che cercavano di compiacere i genitori, ora è il contrario: la fragilità del ruolo educativo dei genitori ricade sui figli, troppo accuditi e incapaci di sviluppare le proprie risorse.
È forse solo un’impressione, e non per forza un segnale significativo, ma negli asili e scuole che frequento coi miei figli mi pare di essere circondata sempre più spesso da bambini che portano nomi non semplicemente bizzarri o inconsueti, ma tanto simili a quelli che si danno ai pupazzi o alle bambole. Lascio sedimentare questo pensiero nella mia testa, e va a confrontarsi con un’altra impressione forte: la narrazione attuale della genitorialità sembra considerare il figlio come sinonimo di desiderio avverato, e dunque come oggetto … anche di cose molto positive come l’affetto e la cura.
Queste impressioni personali, estemporanee e casuali, hanno trovato un interlocutore più serio leggendo i feedback di un convegno che si è appena svolto a Piacenza sotto la guida del pedagogista Daniele Novara e intitolato Dalla parte dei genitori. Il senso non è una difesa tout court dei genitori, ma un ribaltamento dello sguardo sull’educazione: i genitori devono essere messi al centro dell’attenzione, perché i tanti punti dolenti nella crescita dei figli ci indicano una grande fragilità di padri e madri. Spiega Novara:
Il problema è che “tra gli anni ’70 e ’80 c’è stata una mutazione antropologica che ci ha traghettati da una ‘società comunità’ a una narcisistica, nella quale i valori dell’individuo prevalgono su quelli della collettività. E i bambini, via via, sono diventati beni sempre più preziosi, unici, amati e accuditi, travolti dall’enorme investimento narcisistico dei loro genitori. (da Ansa)
Mettere al centro i figli è il modo migliore per non renderli davvero protagonisti. E non si li mette al centro in quanto persone, ma proprio come oggetti di un desiderio realizzato; è questo il risvolto narcisistico che crea una visione immatura nell’educazione.
L’amore di una persona, unica nella sua presenza libera dentro la realtà, implica fin da subito la necessità di un distacco che non è assenza di affetto, ma una premura compiuta verso lo sviluppo fisico ed emotivo del bambino. Prosegue Novara:
[…] i genitori non educano ma accudiscono, sostituendosi ai figli, fanno le cose al posto loro pur di prevenire frustrazioni e difficoltà. Non a caso oggi sono sempre più diffuse tra i bambini difficoltà sistematiche nelle autonomie di base come vestirsi da soli, preparare la cartella, andare a letto, quindi addormentarsi da soli nella propria stanza, senza passare dal lettone. (Ibid)
Accudire è un verbo meraviglioso, nel giusto contesto. Educare è un’impresa diversa, di cui l’accudimento è solo una parte. Le nuove generazioni di genitori non devono essere colpevolizzate, ma aiutate a rimettere a fuoco il valore del loro impegno coi figli. Ecco perché oggi è di fondamentale necessità una “scuola” per essere genitori, proprio a fronte di tante notizie e appelli che denunciano gravi problemi nei piccoli: le difficoltà nell’apprendimento e nella costruzione dei rapporti interpersonali suggeriscono una grande mancanza a monte, una mancata educazione all’autonomia e responsabilità.
L’errore più frequente è quello di voler essere amici dei propri figli, abdicando ad un ruolo di autorevolezza che invece è necessario; è ancora Novara a indicare questo atteggiamento comune e dannoso:
Pretendono di mettersi alla pari coi figli, si sostituiscono a loro. Spiegano continuamente ai loro figli come si fa a fare le cose, come lavarsi i denti, ma senza essere concreti, prima di mettere una regola sentono di doverla giustificare. (da Repubblica)
Chi deve fare lo zaino?
Bisogna prendere atto del rovesciamento di prospettiva a cui assistiamo e che durante il convegno di Piacenza è stato così sintetizzato dalla pedagogista Maria Grazia Contini: un tempo erano i bambini che cercavano di compiacere i genitori, ora è il contrario. Vorrei rubare un’immagine efficace alla preside della scuola dei miei figli che di recente ci confidava di vedere molti genitori simili a quelli che nello sport del curling spazzano il ghiaccio davanti alla palla che rotola.
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