“Soffrire e pregare” era l’ideale carmelitano della prima santa cilenaIl 12 aprile si è commemorato il 99° anniversario della partenza di Santa Teresina de Los Andes per la casa del Padre. La prima santa cilena e prima carmelitana dell’America Latina a giungere sugli altari è sempre stata un esempio per i giovani del Cile, al punto che nel mese di ottobre si organizza un pellegrinaggio giovanile di 27 chilometri intitolato “Da Chacabuco al Carmelo, un cammino di Santità”.
Cos’ha di particolare la santa dell’inizio del XX secolo (1900-1920) per attirare ogni anno più di 50.000 giovani per compiere questo difficile percorso?
Perché migliaia di devoti si recano sulla sua tomba nel santuario di Auco? Che cos’ha di speciale questa carmelitana che è rimasta in convento meno di un anno?
Il modo migliore per conoscere Teresa de Los Andes è attraverso i suoi scritti.
Fervente devota al mese consacrato al Sacro Cuore e particolarmente vicina all’Eucaristia, chiese a sua madre fin dai 7 anni di poter ricevere la Prima Comunione. Juanita, vero nome della santa, scrisse sul suo diario:
“Chiedevo ogni giorno il permesso a mia madre di fare la Prima Comunione, finché nel 1910 ha acconsentito, e ho iniziato la mia preparazione. Mi sembrava […] che quel giorno non arrivasse mai, e piangevo dal desiderio di ricevere Nostro Signore. Mi sono preparata un anno per farlo. In quel periodo, la Vergine mi ha aiutata a ripulire il mio cuore da ogni imperfezione”.
La profonda vicinanza che Juanita sentiva al Signore fin da piccola le fece riconoscere una certa somiglianza con Santa Isabel de Trinidad e Santa Teresina di Lisieux.
Lesse la storia di quest’ultima e ne divenne devota, annotando sul diario: “La sua anima ha alcuni aspetti che la fanno assomigliare alla mia”. Era a tal punto così che anche lei era sicura che sarebbe morta giovane.
Tra i 15 e i 16 anni visse varie circostanze familiari, e fu allora che i suoi dialoghi con Cristo divennero più intensi. La lettura sempre più approfondita degli scritti di Santa Teresa di Lisieux le fece scrivere:
“… i miei occhi pieni di lacrime si sono concentrati su un quadro del Sacro Cuore, e ho sentito una voce dolcissima che mi diceva: ‘Come! Io, Juanita, sono solo sull’altare per amor tuo e tu non sopporti un momento?’ Da allora Gesù mi parla. Trascorrevo ore intere conversando con Lui. È per questo che mi piaceva stare da sola. Mi ha insegnato come dovevo soffrire e non lamentarmi… [e] l’intima unione con Lui. Poi mi ha detto che mi voleva per Lui, che voleva che fossi carmelitana. Madre, non può immaginare cosa faceva Gesù nella mia anima! All’epoca non vivevo in me. Era Gesù che viveva in me”.
Da quel momento Teresina progettò la sua vita nel Convento delle Carmelitane Scalze de Los Andes. A 17 anni scelse il suo ideale carmelitano di “soffrire e pregare” e difese la sua vita contemplativa.
Era felice di sapere che il suo sacrificio sarebbe servito per migliorare e purificare il mondo. Dopo essere stata 11 mesi in convento morì di tifo dopo aver sperimentato grandi dolori.
Uno dei miracoli più ricordati di Santa Teresina è la guarigione di Héctor Uribe, pompiere caduto da un tetto e rimasto folgorato mentre spegneva un incendio.
Era arrivato in clinica incosciente, con edema polmonare e cerebrale. Secondo i medici era clinicamente morto, senza alcuna possibilità.
Sua madre decise di andare nella cripta di Santa Teresa per pregare per lui. Supplicò la santa nella cappella, accompagnata da vari volontari dei pompieri e amici di Héctor, il 7 dicembre, tre giorni dopo l’incidente. Da allora il figlio iniziò a dare segni di miglioramento, e alla fine si riprese completamente.
Teresina de Los Andes è stata canonizzata da Papa San Giovanni Paolo II il 21 marzo 1993.