Due giorni fa l’approvazione della mozione in Parlamento, quasi all’unanimità. La vaticanista de Il Messaggero, che negli ultimi anni – anche a mezzo di un libro – si è molto adoperata nella sensibilizzazione al tema, commenta con noi la svolta istituzionale.
L’altro ieri a Montecitorio è stata votata la mozione che impegna il governo a riconoscere il genocidio armeno (1915): nessun gruppo parlamentare e nessun deputato ha votato contro, malgrado le note pressioni di Ankara perché la mozione non passasse. È risultata dunque vistosa, in tal senso, l’astensione dei 43 parlamentari forzisti presenti.

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Abbiamo chiesto un commento alla collega Franca Giansoldati, vaticanista de Il Messaggero che quattro anni fa dedicò una monografia a “la marcia senza ritorno“ degli armeni deportati cento anni prima.
L’altro ieri eri alla Camera al momento del voto sulla mozione di riconoscimento del genocidio armeno. Che momento è stato?
Ci spieghi che senso ha, per un governo di un Paese che nel XXI secolo ha tanti enormi problemi, “riconoscere” un genocidio commesso nel secolo precedente da un altro governo di un altro Paese?
Ci sono due ragioni. La prima ha a che fare con la giustizia internazionale, Il rendere giustizia alla memoria di un popolo che finora non ha avuto alcun tipo di risarcimento, ne morale ne economico. La seconda ha a che vedere con un aspetto umano e riguarda la chiusura di un lutto ancora aperto per gli armeni. Un lutto ancora non riconosciuto per un milione e mezzo di morti.
Larghissima la maggioranza che ha fatto passare la mozione, ma colpiscono anche le 43 astensioni di Forza Italia. Come te le spieghi?
Qualche anno fa hai scritto un libro sul genocidio degli armeni: come mai ti sei appassionata a un tema così poco usuale? E cosa ti ha dato (in termini di esperienza, contatti umani, ricchezza culturale ecc…) questo libro?
