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Cosa accade quando ascolti chi non la pensa come te?

TALK

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 12/04/19

Amare le persone... non le loro idee, ma la loro verità, che riflette la verità di Dio

Giorni fa hanno intervistato Papa Francesco.

Cosa spero di sentire quando ascolto le sue parole?

Spesso spero che confermi i miei atteggiamenti, o che dica qualcosa di polemico per poterlo diffamare. O che chiarisca certe cose perché io possa stare tranquillo. Più o meno lo stesso che i farisei cercavano in Gesù.

Ma c’erano anche altre cose che imparavano. Credo che a volte non ascolto per imparare. Non pretendo di andar via da un incontro con un’altra opinione.

Il Papa ha parlato della parola “persuasione”. Siamo abituati a gridare la nostra opinione senza lasciarci convincere da quello che grida l’altro. Ho chiaro il mio atteggiamento e non voglio arrivare a un criterio comune.




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Quanto è difficile accettare la verità che l’altro mi propone! Mi chiudo nel mio atteggiamento e cerco solo chi la pensa come me, rifuggendo gli altri.

Critico chi difende atteggiamenti contrari. Non voglio arrivare a una verità comune. La mia posizione è valida, e mi rifiuto di accettare altre verità possibili.

Gesù vuole insegnare. Si sofferma e si dà il tempo di raccontare le verità della sua anima. Non tutti vogliono conoscere la verità. Non tutti sono disposti a cambiare atteggiamento. Dove mi colloco io?

Mi aggrappo alle mie opinioni come a pilastri sicuri, e mi costa quando vengono messi in discussione. Vacillano, e temo di perdere la vita e la sicurezza.

Persuadere ha a che vedere con il fatto di offrire le mie idee senza volerle imporre e di arrivare insieme a un punto comune.

La parola “consenso” sembra oggi impossibile. Come si arriva al consenso? Uno dei due dovrà cedere, o scoprire la verità di quello che dice l’altro.

Quanto è importante questo atteggiamento umile nel matrimonio, in cui due persone devono mettersi d’accordo! Dover cedere costa. Costa scoprire la verità nelle parole di chi amo. Costa ascoltare con umiltà.

E se questo è difficile dove c’è amore profondo, lo è ancor di più quando sono circondato da persone che non amo tanto. Costruire con loro un mondo comune passa per un atteggiamento di umiltà che mi manca.

È necessario che io abbia atteggiamenti miei personali. Che preghi come Gesù nel silenzio del monte cercando la verità della mia vita. Nella preghiera voglio imparare a scoprire la mia verità e a lasciarmi così interpellare da Dio.

Diceva padre Josef Kentenich:

“Se si vuole applicare la forma di meditazione più popolare, sapete quali sono le tre domande che bisogna porsi?

  1. Cosa mi vuol dire il buon Dio con questo che ora ho visto in modo più chiaro? Voglio lavorarci su.
  2. Cosa devo dire a me stesso? È un tipo di esame di coscienza: come ho compreso finora questa verità nella mia vita? Come l’ho applicata?
  3. Cosa dico ora al buon Dio? E si tratta in particolare di questo, di imparare a parlare con Dio, di coltivare una vita interiore profonda, una biunivocità con Dio” [1].

Medito cercando il volere di Dio. Tutto quello che accade nella mia vita mi aiuta a cercare la verità nel mio cammino. Dov’è la verità?

Ora si parla di più di post-verità. È un neologismo che descrive la distorsione deliberata di una realtà al fine di creare e modellare l’opinione pubblica e di influire sugli atteggiamenti sociali.

I fatti oggettivi hanno meno importanza. Si fa appello alle emozioni e alle convinzioni personali. Decido senza che mi importi ciò che è oggettivamente vero e ciò che è oggettivamente falso. Cos’è la verità?, mi chiedo con Pilato.

Ho bisogno di affondare nel mio cuore. Di cercare la verità delle cose, di quello che mi succede. Di interpretare le parole di Dio.




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Cosa mi aspetto di sentire quando pongo delle domande? Se avessi un cuore di bambino sarei sempre disposto a imparare qualcosa di nuovo. Disposto a cambiare i miei atteggiamenti rigidi. Disposto a rinunciare alle mie idee. Sono aperto a lasciarmi persuadere?

Non è così semplice. Mi succede quello che accade ai farisei. Cerco Gesù perché confermi i miei punti di vista. Ascolto il Papa perché mi dica quello che voglio sentire. Rifuggo da chi dice cose contrarie a quelle che penso. Non entro in dialogo. Mi costa ascoltare senza ribellarmi. Senza infastidirmi. Senza sentirmi ferito. Mi allontano da chi non la pensa come me. Non voglio essere confuso con queste persone. E che pensino che sto dalla loro parte.

Identifico il fatto di essere d’accordo con un’idea con il fatto di accettare tutta la persona nella sua verità. Non essere d’accordo su certi punti di vista non mi allontana da mio fratello. Non voglio smettere di parlare con chi non la pensa come me. Non voglio smettere di amarlo.

Non voglio classificare le persone in base alle loro idee. In un gruppo chiuso dal quale mi allontano. Voglio lasciarmi sorprendere dalla verità dell’altro. Senza un pregiudizio che mi allontana.

Voglio amare la sua verità, non le sue idee. La sua verità più profonda. La sua verità riflette la verità di Dio. Voglio un cuore aperto e rispettoso. Quanto è difficile guardare così l’uomo!

Papa Francesco, nell’intervista di questa settimana, è stato interpellato su molti temi. Volevano che prendesse una posizione.

Quanto all’aborto, alla fine è stato il Papa a interpellare l’intervistatore: “È giusto affittare un sicario per risolvere un problema?”.

No, non lo è, non si giustifica. La domanda, però, resta nel campo dell’intervistatore. Sospesa nell’aria.

Resta nel mio campo quando mi aspetto che sia il Papa a dare la risposta corretta. E io? Che risposta do? È giusto farlo?

È più facile lasciare che parlino gli altri, per poterli poi giudicare e condannare. Quando sono io ad essere sotto esame cambia tutto.


POPE FRANCIS GENERAL AUDIENCE

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In quell’intervista, il Papa ha anche detto che oggi ci vengono sempre ricordati gli errori commessi, anche se abbiamo già pagato per loro. Li tirano fuori in qualsiasi momento per infangare il nostro presente, la nostra reputazione.

Ho il mio passato. Non lo nascondo. Non me ne dimentico. Penso come il filosofo Santayana: “Chi non ricorda il suo passato è condannato a ripeterlo”.

Non pretendo di portare alla luce il passato altrui. Non tratto le persone in base ai loro peccati passati, né pretendo di scagliare la prima pietra contro chi ha peccato.

So da dove vengo. So chi sono. Vedo il mio peccato scritto sulla sabbia e mi commuovo. Mi pento. Non mi sento immacolato.

Quando riconosco la mia piccolezza, smetto di giudicare gli altri con tanta leggerezza. La mia esperienza di peccato, di fallimento, di umiliazione, mi rende più misericordioso, più umile, più sano.

Chi sono io per giudicare gli altri? Sono fatto della stessa pasta. Non posso smettere di essere peccatore. Voglio fare il bene e non lo faccio. Pecco, ferisco, parlo male degli altri, giudico. Non voglio essere così. Ho bisogno di un cuore nuovo.

[1] J. Kentenich, Milwaukee Terziat, N 21 1963
[2] J. Kentenich, Madison Terziat, 1952
[3] Kentenich Reader Tomo 2: Estudiar al Fundador, Peter Locher, Jonathan Niehaus

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