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Argentina: ancora esposta la statua della Madonna con i simboli abortisti

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Esteban Pittaro - pubblicato il 10/04/19

Se ne chiede il ritiro, ma per ora resta lì

Anche se la Segreteria dei Diritti Umani aveva detto di non sapere che nei suoi spazi sarebbe stata esposta questa immagine e ora il segretario per il Culto dica che non si possono tollerare ingiurie di questo tipo, resta esposta in uno spazio di proprietà dello Stato la statua della Madonna con simboli abortisti (cfr. Aleteia, 13 marzo 2019).

La mostra Para todes, tode, che oltre alla statua della Vergine Maria con un fazzoletto verde, simbolo di quanti chiedono la legalizzazione dell’aborto in Argentina, presenta riferimenti alla collettività LGBT in immagini come di santi della Chiesa cattolica e altri elementi della stessa indole, andrà avanti fino a maggio, come si annuncia sul sito ufficiale.

Il segretario per il Culto della Nazione Alfredo Abriani ha condannato esplicitamente l’offesa, dicendo che “atteggiamenti provocatori come questo non aiutano a lavorare a favore di una cultura del rispetto necessaria in ogni società pluralistica. Non si può tollerare questo tipo di ingiurie, che offende il sentimento religioso di gran parte degli argentini”, ha affermato dopo aver ricevuto il gruppo Abogados por la Vida, che gli ha presentato più di 17.000 firme – che in questi giorni sono diventate 20.000 – per chiedere il ritiro della statua.

Sulla stessa linea si era espressa la Conferenza Episcopale Argentina, riferendosi a questa e ad altre aggressioni che “vanno da una pretesa giustificazione artistica all’attacco diretto”. “Valorizziamo il diritto alla libertà d’espressione, ma non possiamo non manifestare la nostra tristezza e il deciso rifiuto quando queste azioni feriscono la sensibilità religiosa”, hanno affermato i vescovi in un comunicato.

Dalla Segreteria per i Diritti Umani, responsabile del Centro Culturale Haroldo Conti, in cui ha luogo l’esposizione, si è affermato un mese fa di non condividere “alcune manifestazioni” e che si è rimasti sorpresi “nella nostra buona fede, disponendo di uno spazio di un centro culturale pubblico per una mostra che contiene elementi offensivi di cui non eravamo stati informati in precedenza, altrimenti avremmo obiettato”.

Nelle ultime settimane c’è stata un’attenuazione della diffusione della mostra, che non si promuove più includendo l’immagine polemica. La curatrice della mostra, Kekena Corvalán, sostiene che sia dovuto alle pressioni che ha ricevuto da funzionari dell’Esecutivo a ritirare l’immagine della Vergine, cosa che per il momento si è rifiutata di fare. La curatrice ha anche riferito i tagli al finanziamento del Centro Culturale che accoglie la mostra, che a suo avviso è “uno spazio amorevole e di speranza in uno Stato che demolisce e persegue qualsiasi pensiero critico”.

Di fronte a questa opinione, alcune settimane fa i vescovi della Conferenza Episcopale hanno dichiarato: “Non giudichiamo l’espressione di un’opinione, ma facciamo una constatazione obiettiva: sono state sfigurate immagini che per i cattolici sono sacre”.

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