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“Un viaggio chiamato autismo”: ve lo racconto da madre

Domitille

Domitille Farret d'Astiès - pubblicato il 05/04/19

Domitille Cauet ha tre figli. Fra loro c’è Paul, dodicenne, autistico. Un “viaggio”, quello dell’autismo, che questa madre non aveva previsto; ma sentite che lezioni ha saputo trarne.

«Ho cercato fortuna, e ne ho avuta tanta». Domitille Cauet è professoressa di lettere nella Somme, regione al nord della Francia. Dietro al suo sorriso si scopre una donna battagliera. E una madre amante. Ha tra figli: Gabriel di 16 anni, Paul di 12 e Octave di 8. Tre moschettieri… e tra loro Paul, colpito da un disturbo dello spettro autistico, diagnosticato all’età di 7 anni. «Alcuni segnali mi arrivavano fin da quando era in fasce», racconta ad Aleteia la madre di famiglia. E prosegue: «La conferma della diagnosi è stata un sollievo». Infatti questo “handicap invisibile” può essere percepito male, socialmente. «Mi dicevano che era maleducato», spiega. Una volta identificato il suo handicap, Paul ha potuto beneficiare di strumenti adeguati.

Ha cominciato una terapia comportamentale e cognitiva, che consiste nel far leva sugli interessi del bambino per farlo progredire. Molto del successo dipende dalla regolarità e dalla ripetizione. Esistono differenti forme di autismo, con diversi gradi di severità. I bambini autistici non sanno imparare naturalmente come gli altri bambini, quindi bisogna guidarli e motivarli. Quel che è certo è che tutti sono capaci di fare progressi. Per Paul, le difficoltà si sono attestate sul piano verbale. Non è un bambino schivo chiuso nella sua bolla, come spesso si può immaginare. È sempre stato alla ricerca di relazioni. Era tattile, talvolta in modo inappropriato,

racconta Domitille con un sorriso lieve.

La sera, prima di salutare i compagni di classe, fa il giro dei compagni, carezza loro la testa e li prende fra le braccia. E quelli accettano di buon grado.

Famille CAUET
© Domitille Cauet
Per la giornata dell'autismo, il 2 aprile 2015. Paul è a sinistra nella foto.

Quanto alla vita in famiglia, è animata… come quella di ogni ordinaria famiglia.

La casa non è sempre calmissima. Paul ha difficoltà a trovarsi un’occupazione in autonomia, cerca molto le interazioni con i suoi fratelli. È una cucciolata in cui si litiga, si bisticcia ma al contempo i bimbi si adorano e sanno dirselo.

«È la sua bellezza e al contempo la sua fragilità»

Appassionato di cavalli, metropolitane e autobus, Paul è un preadolescente pieno di vita che manifesta facilmente il proprio entusiasmo.

È dotato di una forma di innocenza, di purezza e di ingenuità, che può perfino metterlo in pericolo. Può fidarsi di chiunque: è la sua bellezza e al contempo la sua fragilità.

Così lo descrive sua madre, e fino a questo momento ha avuto la fortuna di poter frequentare la scuola in un contesto ordinario.

Ero convinta che questo gli sarebbe stato maggiormente d’aiuto. Ha avuto insegnanti benevole e ogni anno ha imparato delle cose. Oggi ha una vita sociale ricca, è invitato ai compleanni. Almeno ha il suo posto in mezzo agli altri, non lo lasciano in disparte.

La madre si meraviglia del suo coraggio e trova divertente il suo lato “senza filtri”:

Dice le cose così come sono. Vedo una certa forma di verità senza infingimenti nel suo modo di approcciare la vita, lo trovo interessante.

Trovare sostegno

Eppure questa madre quarantatreenne non nega le difficoltà.

Dedico molto tempo a farlo lavorare, quindi ne passo meno con gli altri figli. È una cosa che ti divora il tempo. Perché sia efficace, bisogna che l’impegno coinvolga tutta la famiglia. Ciò richiede tempo, ma vediamo che Paul fa progressi, quindi sappiamo che il tutto serve a qualcosa. E tuttavia resta doloroso sentire che si ha meno tempo per gli altri figli.

Domitille insiste sulla necessità di poter contare sulla propria famiglia e sugli amici, di trovare sostegni esterni.

Ha un’insegnante di sostegno straordinaria che viene a casa, e io ho una madre molto presente. La cellula famigliare è estremamente preziosa.

La madre approfitta anche del sostegno di altri genitori sfiorati dall’autismo, che hanno fondato un’associazione:

Conosco la solitudine in cui si può versare. È molto importante avere contatti con altri genitori alle prese con l’autismo.

«Paul mi ha sempre sorpresa»

Durante l’estate 2017, Domitille Cauet ha portato Paul a percorrere la Mongolia, un Paese che lei aveva attraversato da giovane donna. «L’idea di questo viaggio era quella di vivere un momento madre-figlio prima che lui diventasse troppo grande». Ne ha tratto un libro intitolato Paul en Mongolie, il cui sottotitolo – “L’autismo è un viaggio che non avevo previsto” – descrive bene la loro realtà:

Paul mi ha sempre sorpreso. All’inizio c’era molto disfattismo attorno al suo avvenire, da parte delle istituzioni… dei medici… Lui mi ha provato che non esiste fatalismo.

La donna, innamorata delle lettere, vede ogni tappa superata col figlio, per umile che possa sembrare, come una festa.

Ogni volta che fa un progresso è bellissimo. Tutte le nostre piccole vittorie sono belle. Ho imparato a rallegrarmi di ogni più piccola cosa. Personalmente, ho avuto un’esperienza scolastica priva di problemi, eppure il giorno in cui Paul è riuscito a leggere una frase ho avuto l’impressione di aver scalato l’Everest. L’handicap di Paul dà tanta intensità in più alla vita, è un cammino di accettazione molto personale perché legato alla mia storia. Sono cresciuta in un contesto in cui si metteva al primo posto la realizzazione intellettuale. Ho dovuto accettare che mio figlio non segua questo schema. È intelligente in un altro modo, impara in un’altra maniera e credo che questo sia stato per me un cammino di umiltà.

Oggi l’avvenire di Paul resta ancora molto incerto:

Quel che fa soffrire è l’assenza di prospettive per l’avvenire, il non sapere come il proprio figlio sarà accolto fuori, quel che diventerà. Ma in fondo ogni figlio è una sorpresa: non si sa che adulto sarà.

Domitille si batte per una migliore accettazione della differenza, specie al Ministero dell’Istruzione:

Un grande lavoro di sensibilizzazione resta tuttora di là da fare. Quando abbiamo di fronte a noi dei bambini che funzionano altrimenti, alle brutte arriva un rifiuto, se va bene invece l’incapacità di accompagnarli.

Ed evoca le insegnanti che hanno avuto l’onestà di riconoscere che la differenza di Paul le spaventava, al principio.

Credo che la sua presenza in classe abbia creato uno spirito di maggiore aiuto reciproco fra gli alunni. Numerosi pregiudizi frenano ancora l’inclusione, perché esistono ancora tante paure legate all’handicap mentale. Penso che la società andrà meglio quando potrà crescere su questo. La questione della differenza la vedo veramente come una sfida di fraternità.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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