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“Tornerò altre volte, non avere paura”. Così l’anima del Purgatorio parlò a suor Virginia Stefanini

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don Marcello Stanzione - pubblicato il 04/04/19

La religiosa ebbe numerose apparizioni che ha riportato nei suo scritti

Presso la Casa generalizia delle Suore Ministre degli Infermi, in Lucca, si conserva un documento che narra le apparizioni di una religiosa defunta alla consorella suor Virginia Stefanini. Riassumo tale interessante documento che fu redatto nel 1889 dalla stessa madre generale della congregazione sotto il controllo del padre confessore e in parte lo riproduco. Una delle nostre sorelle era da parecchi giorni a letto per una indisposizione, quando la sera del 5 maggio dell’anno 1889, circa le ore dieci vide entrare nella sua cella una suora velata professa e di bassa statura. Credendo che fosse la superiora venuta per la benedizione, le disse: “Come va che è sempre alzata a quest’ora?”.

La creduta superiora non rispose, e con mossa rapida, i meno che non si dica, si avvicina al letto, le si getta al collo e la stringe così fortemente che la poverina si sentiva soffocare. Faceva ogni sforzo per liberarsi, ma non le riusciva. Gridava, chiamava, ma nessuno la udiva. Finalmente fu lasciata libera; ma la sconosciuta era rimasta li ferma a poca distanza e guardava l’ammalata. Costei, in preda a spavento , si voltò dalla parte opposta. Allora sentì darsi forti scosse, e non vide altro. La sera dopo, circa la medesima ora, la ammalata sentì gravarsi da forte peso alle gambe, e tirare con forza le coperte, mas essa fece resistenza.




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Poco dopo tutto era finito. Passate alcune sere era ancora a letto e voltata di fianco per addormentarsi, quando, senza veder nessuno si sentì nuovamente abbracciare al collo e stringere forte da due mani ghiacciate. Spaventata, chiamava la sorella che le era vicina di letto, ma non ricevendo risposta, si sforzava di togliersi da quel penoso impaccio. Quell’essere incognito, lasciando di stringerle il collo, le prese le mani e con le sue ghiacciate gliele teneva giunte in atto di preghiera.

Svincolatasi, e alzando un braccio quasi per difendersi, le venne preso con una mano (almeno così credette) un piede dall’incognita persona, che però abbandonò all’istante. Un minuto appresso tutto era sparito. La povera sorella, per il grande spavento, appena poté prender sonno. La superiora, alla quale era già noto lo accaduto delle sere precedenti, non sapeva che pensarne, tanto più che ben conosceva il carattere coraggioso di suor Virginia e la poca o nessuna vivacità della fantasia di lei.


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Cominciò a pensare che ci fosse della realtà. Potrebbe essere, disse fra sé, qualche anima purgante bisognosa di preghiere? Tornata dalla sorella la quale cominciava già a riaversi dall’indisposizione, le disse che se si fosse verificato qualcosa di simile a quando le era già successo, comandasse in nome di Dio a quell’essere che la molestava di dire chi era e che cosa voleva. Passarono parecchie sere senza che nulla succedesse.

Il 17 maggio alle ore dieci di sera, la sorella stava per prendere sonno quando sentì picchiarsi leggermente sulle gambe e domandare con voce sommessa: “Che fa, dorme?”. Si voltò e vide come la prima sera, una suora professa, la quale si era posta in ginocchio accanto al suo letto tenendo il capo chino e il volto un po’ coperto dal velo, con le mani giunte e in silenzio. Animata da coraggio, disse: “In nome di Dio le comando di dirmi chi è e che cosa vuole da me”.

La sconosciuta rispose: “Chi sono non posso dirlo, ma sono un’anima del Purgatorio, e vengo da lei per raccomandarmi nelle sue orazioni poiché soffro tanto”. Alla domanda da quanto tempo si trovasse in Purgatorio e quanto tempo doveva rimanere, rispose: “Sono cinque anni e qualche cosa; e dovrò starvi fino al giorno dell’Assunta; sempre, sempre ho sofferto molto, ma ora le mie pene sono oltremodo terribili, e tali saranno finché dovrò rimanere laggiù… Tornerò altre volte a farmi vedere, non abbia paura, non riceverà alcun male”. Poi dicendo: preghi, preghi, disparve. La notte del 20 maggio, circa l’ora solita, la sorella sentì picchiarsi sulle gambe e dire con voce dolente: “Che fa, dorme?”. Seguì breve colloquio con richiesta di preghiere. Altra apparizione il 23 maggio durane la quale la sorella domandò alla defunta se vano per accelerare l’ingresso al Paradiso o solo per mitigare le pene. “Servono per rendere meno terribili gli spasimi di quel carcere”.


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La superiora cominciò a dubitare che non si trattasse di un’anima del Purgatorio; temeva un’astuzia diabolica e impose alla suora di dire all’apparsa che se era veramente quella che diceva, si facesse il segno della croce e ripetesse con essa: Sia lodato Gesù e Maria. Alla nuova apparizione del giorno 25 suor Virginia eseguì l’incarico. Richiesta, l’apparsa fece subito il segno della croce e con senso di gioia pronunciò il saluto cristiano. Poi riprese in tono di mestizia: “Ah si sono un’anima del Purgatorio; se non lo fossi non verrei certo a chiedere il soccorso di preghiere”. Tornata il 28, la veggente le gettò addosso uno spruzzo d’acqua benedetta; ed ella senza scomporsi si fece subito il segno di croce.

Seguirono altre apparizioni nella quali l’anima chiedeva applicazioni di Comunioni in suo suffragio; dava informazioni, su richiesta, circa persone trapassate che erano in Purgatorio o in Cielo, parlava delle varie pene del Purgatorio, ringraziava la superiora dell’aiuto avuto; e una volta disse che aveva ottenuto il permesso di apparire per merito della sua particolare devozione a Maria Santissima. Nell’apparizione del 5 luglio prese un atteggiamento insolito: alzò il volto e le mani verso il Cielo. Suor Virginia vide che aveva tutto il braccio destro e un poco del busto rivestito di bianco.




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Dubitando, le domandò se era sempre quella, ed ebbe risposta affermativa. Due giorni dopo, a richiesta della suora, l’apparsa spiegò che quel bianco significava la purificazione in atto della sua anima. Il 14 luglio suor Virginia sentendo che quella povera anima ripeteva sempre di soffrire molto, le domandò se tutti i giorni non sentisse qualche sollievo per i suffragi, come avrebbe dovuto. “Si, rispose, lo ricevo quando il Signore si degna assegnarmelo, e allora certo soffro assai meno; ma qualche volta l’assegna alle anime più abbandonate”. Il 19 e il 22 luglio apparve con panneggiamento bianco più esteso. A nome della superiora, la veggente domandò cos’è che dispiace tanto al Signore nelle religiose. Rispose: “La gelosia e l’invidia…”. Il 25 luglio, giorno in cui la comunità faceva la festa del S. Cuore, suor Virginia invitò l’apparsa a scendere con loro in coro, assicurando che le suore avrebbero fatto suffragi. Promise.

Il 28 luglio, a richiesta della veggente essa rispose: “Io venni in coro e mi ritornai tutto il tempo delle due Messe; vi ritornai le due volte che la comunità recitava i sette salmi penitenziali, ed anche l’ufficio dei morti, e in quel tempo pregavo per la comunità; il posto che avevo preso era fra lei e suor Diomira”. Aggiunse ancora che in quel giorno aveva sofferto pochissimo. La suora disse ancora alla sua visitatrice: ”Quando lei sarà in Paradiso, la Madre ha intenzione di manifestare ogni cosa alla Comunità, ma teme che molte sorelle non vi prestino fede, o mettano in dubbio la sua apparizione e così non ricavino alcun vantaggio; perciò desidererebbe che desse qualche segno…”. “Io non posso dare alcun segno perché il Signore non me lo permette, e solo posso dire il mio nome. Se le sorelle non vorranno credere, peggio per loro, perché in Purgatorio conosceranno troppo tardi la verità”.


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Nelle successive tre apparizioni in candore dell’abbigliamento appariva gradualmente sempre più esteso. L’11 agosto la sorella ebbe la consolazione di incrociare i suoi occhi con quelli dell’apparsa e contemplare il di lei volto, il quale – disse – sembrava di bianchissima cera, animato Da soave mestizia. Ad eccezione del fondo della veste, era tutta bianca, e solo la croce rossa brillava sulla bianca mantellina. L’anima disse poi: “Quando andrò in Paradiso mi rivedrà, e se vorrà potrà dirmi ancora qualche cosa, ma a me non sarà più permesso di risponderle. La ringrazio tanto di tutto quanto ha fatto per me, e sia certa che sempre la raccomanderò al Signore affinché nemmeno le faccia toccare il Purgatorio”. Disse finalmente il suo nome: “Sono suor Maria Liduina”. Nella notte fra il 14 e il 15 agosto, suor Virginia vide illuminata tutta la sua stanza, e in questa luce tre persone vestite di bianco, con corone bellissime in testa. Quella delle tre che stava in mezzo portava la croce rossa sopra la bianca veste. Essa le fece un cenno come per salutarla, e fu riconosciuta dalla veggente per quella che da tanto tempo era venuta a chiederle preghiere.

Le altre due non le conosceva affatto. Forse erano angeli che accompagnavano quella felicissima anima alla gloria del Paradiso. Suor Virginia Stefanini, come lasciò scritto la medesima madre generale che estese il documento-testimonianza, era una religiosa ineccepibile sotto ogni riguardo, spiritualmente ben formata, di rettitudine morale a tutta prova, amante della regola e della vita religiosa, aliena come temperamento e come convinzione da ogni fantasticheria o mania visionaria. Suor Virginia morì in concetto di santità il 19 aprile 1925.


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