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Riesci a gustare davvero ciò che vivi?

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don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 04/04/19

Dovremmo coltivare dentro di noi una disponibilità interiore ad accogliere la vita nella sua essenza più profonda. Ciò in pratica si traduce nella capacità di gustare ciò che viviamo.

Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera; ma c’è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace. Voi avete inviato messaggeri da Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché possiate salvarvi. Egli era una lampada che arde e risplende, e voi avete voluto solo per un momento rallegrarvi alla sua luce.
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto, e non avete la sua parola che dimora in voi, perché non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza. Ma voi non volete venire a me per avere la vita.
Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma io vi conosco e so che non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste. E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo? Non crediate che sia io ad accusarvi davanti al Padre; c’è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza. Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?». (Gv 5,31-47)

“Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me”. Nel Vangelo di oggi Gesù ci invita ad accorgerci di Lui guardando con attenzione la realtà stessa. C’è una parte della realtà che è superficiale, solitamente noi guardiamo quella, ma c’è una parte della realtà più profonda che ha bisogno di silenzio, di attenzione per emergere. Anche la gente va con Gesù vede superficialmente qualcosa di Lui, ma quasi mai riflette sul significato di ciò che fa ed opera. Se si fossero fermati un istante a riflettere si sarebbero accorti che ogni gesto di Gesù corrispondeva al compimento delle profezie su di Lui. Capita anche a noi di essere attratti solo dal sensazionale, ma ciò che conta nella vita è quello che c’è dentro le cose e non semplicemente fuori. Potremmo quasi dire che la vita spirituale serve ad accorgerci di ciò che solitamente non ci accorgiamo. “Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza. Ma voi non volete venire a me per avere la vita”. Il nostro problema è proprio questo, scrutiamo e ragioniamo senza però mai accorgerci e vedere veramente. Non è nella complessità dei nostri ragionamenti che capiamo qualcosa, ma nel desiderio profondo di voler avere la vita che conta. E questa vita che conta, che il Vangelo chiama vita eterna, la si può solo ricevere. Dovremmo coltivare dentro di noi una disponibilità interiore ad accogliere la vita nella sua essenza più profonda. Ciò in pratica si traduce nella capacità di gustare ciò che viviamo.Sei mamma? Guastati il tuo essere madre non farti prendere dall’ansia delle cose. Sei innamorato di qualcuno? Goditi quell’amore non ti fare troppi problemi mentali. Sei nel dolore? Non crogiolarti troppo nel perché ma accogli anch’esso come qualcosa che fa parte della vita e che ti condurrà da qualche parte. (Gv 5,31-47)

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