Secondo la biografia di uno dei suoi seguaci, il santo che camminò sulle acque ha compiuto grandi prodigi Il fondatore dell’ordine dei Minimi, San Francesco di Paola, ha compiuto vari miracoli, eventi prodigiosi dettati dalla tradizione depositati per il processo di beatificazione del santo. Questi racconti si trovano nella maggior parte dei casi nella biografia scritta da uno dei suoi discepoli in forma anonima: Vita S. Francisci de Paula, Minimorum Ordinis Institutoris scripta ab anonymo ejusdem sancti discipulo, eique coaevo.
La risurrezione di “Martinello”
Martinello era il nome che il santo aveva dato a un agnellino a cui voleva molto bene. Durante i lavori per la costruzione della chiesa nella città di Paola, gli operai affamati lo rubarono e lo mangiarono al forno.
Quando se ne accorse, il santo chiese agli operai cosa avevano fatto della sua pelle e delle ossa, e gli dissero che li avevano gettati nel forno.
Francesco si avvicinò al forno, guardò il fuoco e chiamò Martinello, e dal forno uscì l’agnellino completamente intatto, belando allegramente al vedere il suo padrone.
Il forno in fiamme
Durante la costruzione del convento, all’improvviso scoppiò un grande incendio nel forno in cui i frati stavano preparando i mattoni. Gli operai cercarono inutilmente di opporsi al propagarsi del fuoco, cercando di chiudere le fessure con pietre e terra.
Non sapendo cosa fare, chiamarono il santo, che calmò tutti dicendo: “Per l’amor di Dio, figlioli, non vi affliggete, perché il forno non cadrà, intanto andate a fare colazione, che Dio rimedierà”.
Gli operai se ne andarono, e i frati videro Francesco entrare nel forno in mezzo alle fiamme. Quando uscì era illeso, sano e salvo, e il forno era come nuovo, senza alcun segno di abrasione.
La fonte della “cucchiarella”
Per continuare la costruzione del convento serviva una fonte d’acqua vicina, perché il ruscello era troppo lontano. Francesco colpì quindi una roccia con un palo, facendo sgorgare una sorgente.
Molti tiravano fuori l’acqua con dei cucchiai, da lì il nome “cucchiarella”. Si ritiene che l’acqua di questa fonte sia curativa.
La risurrezione del nipote
Il nipote di San Francesco, Nicola, voleva tanto diventare religioso come lo zio, ma sua madre Brigida, sorella del santo, non era d’accordo.
Un giorno Nicola si ammalò gravemente e morì. Venne portato nella chiesa di San Francesco per il funerale, ma al momento di deporlo nella fossa il santo ordinò di portarlo nella sua cella.
Di fronte al cadavere del giovane pianse e pregò a lungo, finché il ragazzo risuscitò. Lo restituì quindi alla sorella, facendole promettere che non avrebbe mai più impedito al figlio di dedicarsi a Dio. Il ragazzo entrò poi nel suo ordine.
La traversata in mare con il suo mantello
Il suo miracolo più noto è quello documentato nell’aprile 1464. San Francesco era giunto con due suoi confratelli a Catona e si dirigeva a Messina. Chiese a un barcaiolo di far attraversare loro lo stretto per carità, visto che non avevano denaro.
L’uomo rifiutò, e allora Francesco si inginocchiò, iniziò a pregare, tracciò la croce sul mare e si tolse il mantello tendendolo sull’acqua. Vi salì poi con i suoi frati, e con il vento favorevole raggiunsero l’altra riva senza alcun problema.
Il miracolo dell’impiccato
Dopo aver attraversato lo stretto di Messina ed essere giunto a Milazzo, in Sicilia, trovarono un impiccato appeso da tre giorni. Il santo ne ebbe compassione e chiese ai confratelli di slegare il cadavere.
Quando l’impiccato cadde tra le braccia del santo, aprì gli occhi e lo supplicò di accettarlo nell’ordine, dove trascorse i suoi ultimi anni di vita.
Il miracolo delle pietre
San Francesco si stabilì a Milazzo, dove doveva costruire una chiesa. Per questo usò come base due enormi pietre. Si dice che San Francesco abbia alleggerito il loro peso e sia riuscito a tirarle fuori dal suolo da solo, trasportandole con le proprie mani fino al luogo stabilito.
L’apparizione dell’arcangelo Michele
San Francesco di Paola viene spesso rappresentato con uno scudo sulla testa o sul petto, su cui si legge l’iscrizione “Charitas”.
Secondo la tradizione, mentre il santo era assorto in contemplazione gli apparve l’arcangelo Michele con uno scudo tra le mani che sembrava un sole risplendente, al cui centro si leggeva in lettere dorate la parola CHARITAS. L’angelo gli diede lo scudo e gli raccomandò di trasformarlo nell’emblema del suo ordine.
Il diavolo ingannato
La leggenda dice che il santo aveva progettato di costruire un ponte per facilitare il passaggio da una riva all’altra del fiume Isca. Il diavolo gli apparve con la proposta di costruirlo in una sola notte in cambio dell’anima del primo vagabondo che lo avesse attraversato.
Il frate accettò, ma il giorno dopo, quando il diavolo apparve per riscuotere quanto stabilito, il santo,
con astuzia, fece passare un cane e invitò il diavolo a prendere l’anima dell’animale.
Il diavolo, furioso per il fatto di essere stato ingannato, colpì violentemente la parete, provocando un foro e lasciando l’impronta della mano impressa.
L’immagine impressa su un tovagliolo
La tradizione racconta che un giorno, mentre il santo consumava il suo esiguo pasto, si rese conto che un pittore cercava di ritrarlo in segreto.
Francesco si considerava indegno di qualsiasi onore di questo tipo, e allora si coprì il volto con un tovagliolo. Per esaltare il suo umile servo, Dio realizzò il miracolo: sul tovagliolo rimasero impressi i tratti del suo volto.
La reliquia è conservata in una chiesa di Vietri Sul Mare (Salerno).