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Sei bloccato in una situazione che ti fa soffrire. Cosa può salvarti? L’obbedienza!

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don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 02/04/19

In certi casi della vita solo l’obbedienza può salvarci! Una persona impantanata, ferma, a un certo punto o comincia a fidarsi di Chi può tirarlo fuori oppure i suoi ragionamenti la terranno ancora lì in quel fango.

Vi fu poi una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. V’è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzaetà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. [Un angelo infatti in certi momenti discendeva nella piscina e agitava l’acqua; il primo ad entrarvi dopo l’agitazione dell’acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto.] Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù vedendolo disteso e, sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina». E sull’istante quell’uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo guarito: «È sabato e non ti è lecito prender su il tuo lettuccio». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina». Gli chiesero allora: «Chi è stato a dirti: Prendi il tuo lettuccio e cammina?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, essendoci folla in quel luogo. Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato. (Gv 5,1-16)

“Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù vedendolo disteso e, sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: «Vuoi guarire?»”. Basterebbe questo versetto per sottolineare tutta la bellezza del Vangelo di oggi. E’ Gesù che si accorge di quest’uomo. È Lui che fa la strada fino alla sua barella. È Lui che parla per primo e domanda qualcosa. È Gesù che prega per primo: “Vuoi guarire?”. Non dovremmo mai dimenticare questa dinamica. Molto spesso è Dio a pregare noi. È Lui che ci rivolge per primo una parola. È Lui che ci domanda se vogliamo essere felici. E lo fa molto spesso riaccendendo dentro noi stessi il “desiderio”. Gesù va a turbare la pacifica infelicità di quell’uomo malato. Lo mette in crisi mettendo il dito nella sua sofferenza più vera: “vuoi guarire tu che sei in queste condizioni da trentotto anni?”. “Gli rispose il malato: «Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me»”. Che tradotto significa: “pensi che non c’abbia provato? Ma ogni volta il tentativo è stato fallimentare. Nessuno mi ha veramente aiutato ad essere felice”. È qui che Gesù cambia subito il registro. Non fa più domande, ma comanda: “Gesù gli disse: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina». E sull’istante quell’uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare”. In certe situazioni della vita solo l’obbedienza può salvarci, e cioè solo ascoltare senza più grandi fronzoli. Una persona impantanata, ferma, a un certo punto o comincia a fidarsi di Chi può tirarlo fuori oppure i suoi ragionamenti la terranno ancora lì in quel fango. Per questo spesso quando mi trovo in situazioni simili, consegno ciò che sto vivendo a qualcuno il cui bene e la lealtà di vita ho sperimentato in diverse occasioni. A volte è il mio confessore, altre volte qualche amico vero. L’obbedienza alla loro parola mi tira fuori. Quando tu non puoi fare più nulla, puoi sempre fidarti di Qualcuno a cui stai a cuore, e ascoltarlo. (Gv 5,1-16)

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