Il pittore forlivese ha impiegato più di due anni per compiere quella che qualcuno definisce "la piccola Sistina" della Romagna. Per lui è stato un confronto serrato, profondo e meravigliato con la paternità di Dio.
In una chiesa di provincia riprende vita, forma e colore la proposta con cui Dio chiamò alla vita Adamo: l’uomo collaboratore del Padre dentro il mistero di vita e morte del mondo. E’ una storia avvincente che parla di tradimenti e abbracci ripetuti, diluvi universali e manna che scende dal Cielo. Siamo noi, ogni giorno: sentiamo l’abbraccio di Dio, ma a volte lo schiviamo; Lui tenacemente ce lo offre da capo.
A Forlì c’era una chiesa moderna con i muri tutti bianchi; il pittore Franco Vignazia ha accolto la proposta del parroco Don Carlo di raccontare una storia a colori su quelle pareti. La chiesa in questione è dedicata a San Giuseppe Artigiano, è nata perciò l’ipotesi di un ciclo pittorico dedicato alla paternità di Dio. Ora a Forlì c’è una chiesa affrescata, che attira i bambini come fosse un cartone animato e che è una scuola permanente di arte e catechesi. Ecco cosa ci ha raccontato di questa impresa ed esperienza Franco Vignazia.
Caro Franco, la tua ultima opera ha incuriosito molto noi redattori di Aleteia For Her. Come è nata l’idea di questo ciclo pittorico nella chiesa di San Giuseppe Artigiano?
La Chiesa di San Giuseppe Artigiano è nuova, ha una decina d’anni. Don Carlo, il parroco attuale, fa nascere l’idea di affrescarla da una frase che gli ha detto un suo parrocchiano: “Noi abbiamo costruito fuori dalla chiesa il campo da calcio, abbiamo fatto un centro per i bambini, ma per il Padrone di casa si può fare qualcosa?”. È una chiesa moderna, completamente bianca all’interno e contiene pochissimi elementi decorativi. Così Don Carlo mi ha chiesto di pensare a qualcosa per decorare la grande fascia murale bianca che riempie lo spazio; l’intuizione che mi è venuta, essendo la chiesa dedicata a San Giuseppe, è stata quella di dipingere il tema del Padre.
Innanzitutto ho ripreso in mano la Bibbia e il Vangelo e ho proceduto facendo una lettura parallela, come mi ha insegnato Don Carlo Rusconi, mettendoci dentro anche la mia esperienza quotidiana di papà e nonno.
Quanto tempo hai impiegato a realizzare tutto il ciclo pittorico?
Un po’ più di due anni e mezzo. Tieni conto che io nel frattempo ero ancora insegnante e per poter dipingere un’opera così grande e complessa ho avuto bisogno di ritagliarmi del tempo e dello spazio che mi permettesse di essere lì, fisicamente, mentalmente e spiritualmente. Dovevo continuamente confrontarmi con l’opera che andava avanti.
Cosa vedo entrando in chiesa? Un racconto della paternità che abbraccia il Vecchio e il Nuovo Testamento?
Sì, la parete dipinta è un fascione che avvolge tutta l’aula, che è a forma di carena di nave. Da una parte, la parte a destra di chi entra, c’è questo percorso della paternità nel Vecchio Testamento, in particolare della Genesi; a sinistra, invece c’è il Vangelo secondo Giuseppe. La fascia di sinistra arriva fino alla morte di San Giuseppe, che è un episodio desunto dai Vangeli Apocrifi, però sempre tenuto in grande considerazione dalla chiesa cattolica; infatti c’è l’immagine di San Giuseppe come protettore della buona morte.