Bisogna tornare a pregare!
di Danilo Gesualdo
In questi ultimi giorni ho riflettuto su una cosa che sta accadendo a molti di noi, a molte delle nostre comunità, parrocchie e gruppi di preghiera, che sembrano a poco a poco entrare in un certo tipo di raffreddamento spirituale. Non pregano più come facevano all’inizio, non condividono più come prima, le riunioni carismatiche di preghiera sono diventate un gruppo di canto, in cui non si vede e non si sperimenta la presenza dello Spirito, non si vedono più i doni esercitati come in passato…
Sembra che le persone abbiano più difficoltà a pregare, e che quel breve momento di preghiera prima di andare a dormire sia diventato sufficiente perché la persona possa dire di essere stata con Dio e di essere riuscita a pregare quel giorno…
Sembra che a volte la consapevolezza della misericordia di Dio sia diventata il motivo per pregare poco; “alla fine dei conti Dio è misericordioso e sa che oggi non siamo riusciti a pregare…” In genere le nostre scuse sono di questo tipo.
Quando programmiamo un determinato tempo per pregare sembra che la nostra preghiera non progredisca, che la nostra testa sia piena di cose. Alcune persone sono capaci di dire che cose di questo tipo avvengono perché in realtà stiamo maturando nella nostra vita di preghiera, stiamo progredendo e per questo non sentiamo l’entusiasmo degli inizi, il fervore dei primi tempi, perché queste cose sono per principianti. Il problema che constato e che mi spaventa è che a volte la nostra spiritualità attraversa momenti di aridità, tempi di deserto, che ci aiutano a maturare, ma quello che molte persone stanno vivendo è in realtà un RAFFREDDAMENTO SPIRITUALE, pensando che stanno vivendo un tempo di deserto…
Esiste una grande differenza tra RAFFREDDAMENTO e DESERTO.
Papa Benedetto XVI ha scritto che l’esperienza del deserto e del vuoto ci aiuta a “riscoprire il valore di ciò che è essenziale per la vita”. Con quest intendo che dopo un periodo di DESERTO la persona tornerà a sperimentare la grazia di quello che significa essere di Dio, e così la sua vita di preghiera avrà frutti nuovi e buoni. Ma non è questo che ho visto, e neanche quello che le persone hanno condiviso con me.

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Esiste anche un grande desiderio di essere di Dio, di fare la sua volontà, ma è come se la persona non riuscisse a muoversi, non riuscisse ad avanzare, e anche sapendo che bisogna pregare la persona non prega! E se prega, prega poco pensando che sia sufficiente!
Non vediamo più i nostri gruppi di preghiera pieni come prima, e molti dicono che è perché i gruppi di preghiera sono cresciuti molto e le persone si sono disperse, ma vedo che si sono disperse tanto che non riusciamo neanche più a trovarle, perché i gruppi di preghiera si sono svuotati, le équipes dei gruppi non vanno più bene, e quando cercano di riunirsi c’è sempre una persona che ama creare problemi e inizia dire che non serve riunirsi tutte le settimane, che non serve pregare insieme, e che attribuisce la responsabilità – che in realtà deriva dalla sua pigrizia spirituale – a Dio, dicendo che Egli ascolta ciascuno anche a casa sua e che l’équipe può pregare senza aver bisogno di riunirsi…
Quando le cose iniziano a diventare meno burocratiche, e non sto parlando di organizzazione, ma di burocrazia, quando una persona chiamata da Dio a condividere la Parola ai fratelli si mette a servizio e prega, arriva questo o quello a dire che non può, perché deve seguire due mesi di corso interno eccetera. È un’assurdità! E pensate che cose del genere non accadano?