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Hai fallito? È il momento di rialzarsi!

HAPPY,JOYFUL

Priscilla du Preez | CC0

padre Carlos Padilla - pubblicato il 01/04/19

Dietro ogni sconfitta c'è spazio per una nuova opportunità

Nella vita è facile inciampare. Si inciampa camminando e senza accorgersene si sbaglia strada. Una deviazione di cui non ci si accorge. Una svista. Una scelta sbagliata. Ed è fatta. Mi confondo. Non c’è rimedio?

È forse per questo che mi piacciono le parole del figliol prodigo: “Mi alzerò e andrò da mio padre”. Si alzerà. Lascerà la polvere della caduta. Prenderà una nuova strada.

Mi piace questo atteggiamento coraggioso. Rimettersi in cammino. Rialzarsi dopo essere caduti. È facile cadere e perdere la speranza, pensare che sia tutto perduto, che non si possa tornare indietro. Che non si possa andare avanti.

Una caduta. Un errore. Un imprevisto. Avevo tanta speranza. Sognavo tante cose, grandi, elevate… Credevo che questa volta avrei realizzato i miei sogni. Sembrava tutto a portata di mano…

E cado. All’improvviso cado. Mi scontro con il limite. Mi fanno male l’imperfezione e il fallimento. La sconfitta è sempre dura. L’orgoglio, l’amor proprio soffre.

La paura della ridicolizzazione e del disprezzo è così forte… Ora non mi guarderanno con ammirazione. Ho perso il prestigio. La fama. La gloria.

All’improvviso quella che un giorno era fama è diventata disprezzo. I fiori del giardino si sono afflosciati, e non ricordo più la speranza.

Tornano nel cuore le minacce di alcuni: “Non ti andrà bene. Fallirai sicuramente. Non sei capace di arrivare tanto in alto”.

E io pensavo di sì, che ci sarei riuscito. E sono stato sicuro delle mie forze per tutto il cammino. Ci sarei riuscito e li avrei messi a tacere.

Avrei fatto rimangiare loro le parole. I loro vaticini. Avrebbero capito finalmente di che pasta sono fatto. Che ho una forza interiore che a loro manca. Avrei fatto vedere loro quanto è preziosa la mia vita rispetto alla loro mediocrità malata.

Ma ora sono in mezzo al fango, caduto e umiliato. Cosa posso dire in mia difesa? Ho perso. Ho messo tutto in gioco e ho perso.

Non mi resta nulla a cui aggrapparmi. È facile cadere, lo sapevo. Molti cadono. Ma io volevo dimostrare di essere diverso. Dimostrarlo a me stesso. A tutti.

Affrontare le sconfitte è difficile. Serve una maturità che non possiedo. Tanto tempo investito, tante forze. E ora?

Commenta Enrique Rojas: “Ho visto gente che ha iniziato a trionfare troppo presto, e trascorso un certo periodo di tempo quella vittoria è diventata un’autentica sconfitta. La resilienza è un concetto della fisica estrapolato dalla psicologia e indica letteralmente la capacità dei metalli di piegarsi senza spezzarsi. Portata sul terreno della psicologia, è la facoltà di soffrire, di star male per le avversità e di saperle superare. Ciò che conta non è vivere molti anni, ma viverli profondamente”.

La vita è fatta di decisioni. Di cose azzeccate e di errori. Cammini concreti perché mi rendono più pieno, più maturo. Cammini sbagliati perché mi rendono più povero, più schiavo.

Di fronte alla sconfitta penso e medito, e grido con forza nell’anima: “Mi alzerò e andrò da mio padre”.

Non resterò sconfitto. Sarò come quel metallo che non si spezza. Non si dà per vinto. Mi lancerò di nuovo. Tornerò a lottare, a dare la vita.

Non mi deprimerò pensando che non ci sia un futuro migliore per chi è caduto. Non è così. Dietro ogni sconfitta c’è spazio per una nuova opportunità.

Dopo una partita perduta viene la possibilità di giocarne un’altra. Un’altra decisione possibile. Una nuova opportunità per dare la vita, per giocarmi il presente.

Perché è al presente che coniugo la mia vita. Non voglio che il passato mi tolga tempo, né piangere sul latte versato. È passato. Dimentico.

Torno a costruire la mia vita perdonando, perdonandomi. Mi metto in cammino. Lascio il luogo della sconfitta. La dimentico.

In realtà la ricordo per imparare da essa, ma la dimentico perché non voglio che la pena e la tristezza mi offuschino la vista. Tutto quello che ho davanti è troppo grande e bello.

La vittoria finale è mia. Nel frattempo ci saranno mille battaglie perdute. Non mi importa. Continuo a lottare come se fosse la prima battaglia. Come se mi trovassi per la prima volta nel fragore della lotta.

Non mi scoraggio. Mi alzerò. Mi piace questo verbo. Il desiderio dell’anima. Vincere quelli che mi dicono di non lottare più, di non riprovare perché è inutile. Non faccio loro caso.

L’importante è accettare di essere debole e fallibile. Non so tutto, non posso fare tutto. Dovrò chiedere aiuto, chiedere consiglio.

Dovrò mostrarmi fragile di fronte agli altri perché non pensino che possa fare tutto bene. Perché è una bugia.

Almeno lo so. Ho provato spesso e ho fallito. Nella polvere della sconfitta guardo avanti, verso quel secondo immenso che ho davanti agli occhi. Lotterò. Mi metterò in cammino. Mi rialzerò.

Nel film Wonder il protagonista dice: “Il più grande è quello la cui forza rialza i cuori. Tutti dovrebbero ricevere un’ovazione del pubblico almeno una volta nella vita. Mia madre per non essersi mai arresa”.

Voglio essere grande risollevandomi con forza. La forza è nel cuore che non smette di credere. Che non smette mai di lottare.

Almeno una volta nella vita voglio sentire l’ovazione del pubblico. E sentire che la mia lotta è valsa la pena.

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