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Perché il pesce non è considerato “carne” in Quaresima?

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Adriana Bello - pubblicato il 23/03/19

Mentre il pollo, che è sempre carne bianca, sì

Probabilmente avrete sentito la leggenda (perché finora non ci sono prove né nomi precisi) per cui un Papa in epoca medievale disse che in Quaresima si doveva mangiare solo pesce per via dei suoi legami con l’industria ittica, per incrementare le vendite.

Gesù ha digiunato per 40 giorni ed è morto un venerdì. Per questo, anche se alcuni decidono di non mangiare carne per tutta la Quaresima, il venerdì è il giorno più rispettato e importante; anticamente, in alcuni Paesi cattolici tutti i venerdì dell’anno si consumava solo pesce (secondo i canoni 1250 e 1251 del Codice di Diritto Canonico).

Va ricordato che questa astinenza dalla carne si fa come penitenza per onorare il sacrificio fatto dal Signore morendo sulla croce per espiare i nostri peccati, e dall’antichità la carne rossa è stata simbolo di opulenza e celebrazione, per cui consumarla durante nel periodo quaresimale non sarebbe conforme al senso di riflessione e umiltà di questo periodo.

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San Tommaso d’Aquino spiega nella sua Summa Theologiae che il consumo di carne rossa dà anche più piacere perché è molto più gustosa, e quindi eliminarla sarebbe una dimostrazione di maggior sacrificio.

“Ah, allora sono proibite solo le carni rosse”, penseranno alcuni. No, non è accettato neanche il pollo, che è carne bianca. Ma allora perché il pesce sì?

Come ha scritto San Paolo nella sua Prima Lettera ai Corinzi (15, 39), “non ogni carne è uguale; ma altra è la carne degli uomini, altra la carne delle bestie, altra quella degli uccelli, altra quella dei pesci”.

Già nella Bibbia si fa una distinzione tra la carne bianca di un uccello e quella di un pesce. Molti assicurano che questo ha un’origine ebraica, perché nella dieta ebraica si separa il fleishig (carne, inclusi mammiferi e uccelli) dal pareve (alimenti che vanno da ciò che nasce dalla terra, come vegetali e grano, ai pesci).

In questo senso, San Tommaso d’Aquino avverte che anche il pollo produce piacere. Forse non quanto la carne rossa, ma è sempre un animale “a sangue caldo” e di terra a differenza dei pesci: “Il digiuno è stato istituito dalla Chiesa per porre un freno alla concupiscenza della carne, che cosidera i piaceri del tatto collegati al cibo e al sesso”.

“La Chiesa, quindi, ha proibito a quanti digiunano gli alimenti che danno più piacere al palato, e sono anche un grande incentivo alla lussuria. Tali sono la carne degli animali che riposano sulla terra e quelli che respirano l’aria e i loro prodotti, come il latte di quelli terrestri e le uova degli uccelli. Perché visto che questi animali sono più simili all’uomo nel corpo, offrono più piacere come alimento”.

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Nonostante questo, nel corso degli anni la Chiesa ha reso flessibile questa regola. Ad esempio, in alcuni Paesi dell’America Latina i capibara sono permessi dalla Chiesa e vengono trattati come “carne di pesce”, trattandosi di un mammifero semi-acquatico. Lo stesso accade negli Stati Uniti con la carne di lucertola, considerata anch’essa “pesce” dal 2010 secondo l’arcivescovo di New Orleans.

E i frutti di mare, i molluschi e i crostacei? Alcuni ecclesiastici credono che le ostriche e le aragoste dovrebbero rimanere fuori dalla lista, visto che pur essendo acquatiche sono associate al lusso, all’estremo piacere e alla lussuria.

Quanto ai derivati animali (come uova, latte e formaggio), ci sono discrepanze anche all’interno della Chiesa. Alcuni li considerano pertinenti perché non sono l’animale in sé, altri suggeriscono che sarebbe preferibile sostituirli.

La carne permessa i venerdì di Quaresima (e il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo) è quindi quella che proviene dal mare, dai laghi o dai fiumi, con le dovute eccezioni. Come Gesù ha dato la sua carne e il suo sangue per noi qui sulla Terra, è una dimostrazione di gratitudine astenersi dal mangiare animali terrestri.

Detto questo, è ugualmente importante sottolineare che anche se si consuma carne di pesce la sua preparazione dev’essere semplice, visto che l’aspetto fondamentale è l’assenza di piacere.

I malati, i bambini con meno di 14 anni, le persone con problemi mentali, le donne che allattano o gli invitati ai pasti che non possono saltare l’impegno senza offendere o provocare inimicizia con l’altra persona possono non rispettare questa norma.

Anche se non si tratta di un comandamento, astenersi da certi piaceri gastronomici ci dà un senso di umiltà, abnegazione, ringraziamento e penitenza. È un modo di ricordare e vivere il tempo di Quaresima in preparazione alla Pasqua di Resurrezione.

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