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Cosa dice la Chiesa sul gioco d’azzardo?

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John Burger - pubblicato il 21/03/19

L'insegnamento cattolico lascia margini di azione, ma mette in guardia contro gli eccessi

Il gioco d’azzardo è un’occasione di peccato?

La Chiesa cattolica non considera il gioco d’azzardo intrinsecamene negativo, secondo un documento della Conferenza Episcopale della Pennsylvania diffuso quando lo Stato stava prendendo in considerazione la legalizzazione del gioco d’azzardo sulle imbarcazioni negli anni Novanta.

“Riconosciamo che il gioco d’azzardo debitamente controllato può avere aspetti positivi, come offrire un legittimo divertimento, generare fondi per cause accettabili e, in alcuni casi, promuovere le economie locali”, si legge nel documento, che prosegue:

“L’insegnamento tradizionale cattolico sostiene che il gioco d’azzardo è moralmente accettabile quando vengono soddisfatte tutte le condizioni seguenti:

  • Il denaro o i beni scommessi non sono necessari a sostenere la propria famiglia o a rispettare altri giusti doveri.
  • La persona partecipa liberamente.
  • Le entrate derivanti dal gioco d’azzardo non vengono usate per finanziare alcuna azione illegale o immorale.
  • Il gioco d’azzardo viene operato in modo onesto e ogni partecipante ha la stessa possibilità di vincere o perdere”.



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Come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica, i giochi d’azzardo diventano moralmente inaccettabili “allorché privano la persona di ciò che le è necessario per far fronte ai bisogni propri e altrui. La passione del gioco rischia di diventare una grave schiavitù”.

Anche la Catholic Encyclopedia indica che il gioco d’azzardo può essere un’attività neutrale finché si mantiene la giusta prospettiva. “A certe condizioni, e al di là di eccessi o scandali, non è peccato scommettere denaro in un gioco d’azzardo più di quanto lo sia assicurare i propri beni contro i rischi, o puntare sui futures nel mercato azionario”, spiega.

L’Encyclopedia espone poi il consistente insegnamento della Chiesa sul gioco d’azzardo, sottolineando che il Diritto Canonico aveva originariamente bandito la pratica. Il IV Concilio Lateranense, nel 1215, proibiva ai chierici di giocare o di assistere a giochi d’azzardo.

“Alcune autorità, come Aubespine, hanno cercato di spiegare la severità degli antichi canoni nei confronti del gioco d’azzardo supponendo che spesso nella pratica le fosse collegata l’idolatria”, spiega la Catholic Encyclopedia. “Le cose che venivano giocate erano idoli di piccole dimensioni, o immagini degli dèi, che venivano invocati dai giocatori per ottenere buona fortuna. Tuttavia, come sottolinea Benedetto XIV, era difficile che fosse vero, visto che in quel caso le pene sarebbero state ancor più severe”.

Sull’onda del Concilio di Trento, ad ogni modo, si riscontra un allentamento del divieto generale. Il Concilio cinquecentesco ordinò che tutti gli antichi canoni sulla questione dovessero essere osservati, ma Papa Benedetto XIV lasciò ai giudici il compito di decidere quali giochi dovessero essere considerati fuorilegge in base alle circostanze relative alla persona, al tempo e al luogo. San Carlo Borromeo stilò poi una lista di giochi proibiti al clero e un’altra di quelli permessi.

“Tra quelli proibiti c’erano non solo il gioco dei dadi in varie forme, ma anche giochi simili al croquet e al football”, afferma l’Encyclopedia, pubblicata originariamente nel 1913. “Altri concili hanno dichiarato che giocare a dadi e a carte era indecoroso e proibito ai chierici, e in generale erano proibiti tutti i giochi indecorosi per lo stato clericale”.

Un concilio svoltosi a Bordeaux nel 1583 decretò che il clero si doveva astenere totalmente dal giocare in pubblico o in privato a dadi, carte o qualsiasi altro gioco proibito e indecoroso. Il concilio di Aix del 1585 proibiva ai chierici di giocare a carte, dadi o qualsiasi altro gioco del genere, e perfino di assistervi. Un altro concilio svoltosi a Narbonne nel 1609 decretò che i chierici non dovevano giocare a carte, a dadi e a qualsiasi altro gioco illegale e indecoroso, specialmente in pubblico.




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C’era qualche dubbio sul fatto che il gioco degli scacchi dovesse essere considerato indecoroso e quindi illegale per i chierici. Secondo San Pier Damiani era sicuramente illegale. In un’occasione scoprì il vescovo di Firenze che giocava a scacchi per ingannare il tempo durante un viaggio. Il vescovo cercò di difendersi dicendo che gli scacchi non erano i dadi, ma il santo rifiutò di ammettere la distinzione, soprattutto perché il presule stava giocando in pubblico. La Scrittura, diceva, non menziona espressamente gli scacchi, ma sono compresi nel riferimento ai dadi. Cesare Baronio difendeva l’opinione del santo. Alcuni, diceva, avrebbero potuto dire che San Pier Damiani sbagliava a classificare gli scacchi come i dadi, visto che il gioco degli scacchi non è un gioco d’azzardo ma richiede l’esercizio di abilità e talento. Ad ogni modo, sosteneva, i sacerdoti dovevano essere guidati nella loro condotta dalle parole di San Paolo, che dichiarò che ciò che non era opportuno ed edificante non era permesso.

In epoca moderna abbiamo i Concili provinciali di Westminster, che dichiararono semplicemente che i chierici dovevano astenersi dai giochi illegali.

La Plenary School of Maynooth, tenutasi nel 1900, affermava che visto che visto che non si perde poco tempo e che giocare a carte promuove l’ozio, il sacerdote dovrebbe stare in guardia nei confronti di questi giochi, soprattutto quando si gioca del denaro, per non incorrere nell’accusa di essere un giocatore d’azzardo. Il chierico veniva anche esortato a scoraggiare i laici con le parole e con l’esempio dallo scommettere sui cavalli, principalmente quando la posta è alta. Il Secondo Concilio Plenario di Batimora faceva una distinzione tra giochi che potrebbero non essere adatti a un chierico, anche quando giocati in privato, e altri come le carte, a cui si può giocare come occasione di ricreazione innocente. Ribadiva poi il divieto del Primo Concilio Plenario di Baltimora per cui i chierici non dovevano indulgere in giochi illegali e dovevano usare moderazione per quelli legali, per non suscitare scandalo. Al giorno d’oggi si considera che il diritto ecclesiastico proibisca il gioco d’azzardo, anche al clero, solo quando in sé o per qualche ragione estrinseca, come la perdita di tempo o lo scandalo, è proibito dalla legge naturale.

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