La Quaresima è un tempo di grazia che ci è dato al fine di fare il punto, di chiarire la nostra situazione, di fortificarci, di centrarci ovvero di ricentrarci su Cristo. Alain Noël propone ai lettori di Aleteia di vivere la Quaresima sotto il segno del combattimento spirituale.
In questa seconda settimana di quaresima vi propongo di fare un passo in più – e non in meno –, discernere tra conflitto interiore e combattimento spirituale. Ci recheremo alla fonte di ciò che genera i conflitti in noi stessi, e che di conseguenza rende anemica la nostra vita spirituale. L’apostolo Paolo parla di una “buona battaglia”. Egli invita Timoteo a combattere la buona battaglia della fede (1Tim 1, 18; 6, 12). Quest’invito sottende che ci sia una battaglia cattiva. Essa ha un nome: “conflitto interiore”.
Il conflitto interiore è difficile da notare perché spesso nasce da una buona constatazione cui segue un processo cattivo. Esempio: prendiamo coscienza del fatto che dobbiamo cambiare questa o quella cosa nella nostra vita. Sentiamo che le nostre passioni carnali hanno la meglio e sono nocive nelle nostre vite. Dunque lotteremo con tutte le nostre forze per impedire loro di esprimersi. Abbiamo provato tutto, il risultato è deludente, frammentario, fragile e scoraggiante. Per schematizzare, significa voler togliere della sporcizia con altra sporcizia. In altri termini, significa lottare contro problemi carnali con metodi carnali, o ancora voler cacciare le tenebre senza accendere la luce.
Il conflitto interiore è difficile da oggettivare perché avviene in noi stessi. Esso si dà in modo che noi siamo al contempo i combattenti e il terreno di combattimento. Tutti noi siamo impegnati in sedicenti combattimenti, che finiscono per ricadere nell’ossessione. Un esempio semplice: un giorno di digiuno può terminare in una corsa verso il frigorifero, come se il frigo fosse l’aggressore stesso, che ci segue dappertutto e ci vessa senza posa… Noi crediamo di combattere spiritualmente, mentre in realtà siamo in preda a un conflitto interiore. Dobbiamo riuscire a finirla con questa confusione.
L’apostolo Paolo fa una giudiziosa osservazione che ci permette di condurre la lotta come conviene, quando dice ai Galati:
Camminate secondo lo Spirito e non sarete orinati a soddisfare i desideri della carne.
Gal 5, 16
Fondamentalmente, san Paolo posiziona il combattimento sul versante spirituale ricordandoci che
noi non lottiamo contro degli esseri di carne e di sangue, ma contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro i principati e le potestà, contro gli spiriti del male che sono nelle regioni celesti.
Ef 6, 12
Un bell’esempio di conflitto
Per essere più chiaro, citerò una situazione vissuta mille volte. Siete in riunione, le cose vanno male coi vostri interlocutori. Non capite. Avete un bell’argomentare: le cose peggiorano. I toni si accendono, le passioni s’esacerbano, insomma finite sul punto di perdere le staffe. Niente panico. State lottando carnalmente (la carne tocca anche nel piano dell’intelletto). Se non siete totalmente presi nel conflitto e vi lasciate ispirare dallo Spirito santo; se miracolosamente o per via di esercizio avete della “presenza di spirito”, domandate al vostro angelo di andare a spiegare all’angelo del signore o della signora di fronte a voi il punto della questione. Sarete allora sorpresi di constatare che di colpo l’ambiente cambia, e comincerete a comprendere – voi e loro, essi e voi –. Donde credete che venga, questa pratica? Da Papa Pio XI, che la impiegava molto frequentemente.
Quando c’è conflitto? Quando c’è combattimento?
Ecco alcune caratteristiche per discernere tra conflitto e combattimento spirituale: il conflitto ci mostra quello che andiamo a perdere, il combattimento ciò che andiamo a vincere; il conflitto ci tiene gli occhi fissi sulla linea di partenza, il combattimento lo proietta verso il traguardo; il conflitto ci paralizza, ci strattona, mentre il combattimento ci elettrizza e ci slancia verso l’obiettivo da raggiungere.
Notate pure che in caso di conflitto interiore non siamo in pace, mentre il combattimento – paradossalmente – si svolge nella pace. Qui non è questione di serenità né di calma, ma della pace di Cristo, che ci abita quando combattiamo la buona battaglia, la combattiamo nel suo nome; pace che sorpassa ogni intelligenza, come ci ricorda l’apostolo Paolo (Fil 4, 7). Del resto, il conflitto genera la tristezza, ci rende abbattuti e ci fa perdere la nostra vitalità, mentre il combattimento ci fa gioiosi, luminosi, e ci dà un surplus di vitalità perché sappiamo di essere vincitori in Cristo. Il conflitto è il circolo vizioso che ci rinchiude, il combattimento è il circolo virtuoso che ci protegge. E infine, nel conflitto interiore siamo divisi mentre nel combattimento spirituali il nostro essere viene unificato.
Unificare il nostro essere significa uscire dai conflitti
«Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre». Cantiamo spesso quest’unità; che sia l’inno del nostro combattimento durante la quaresima. Gesù insiste molto sull’unificazione della nostra vita. Senza questa unità, le migliori intenzioni del mondo non servono che a pavimentare l’inferno! Per questo egli ha detto ai suoi apostoli e ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni…». Non si può servire Dio e il denaro (Mammona). Bisogna fare una scelta (Mt 6, 24). «Siate santi, perfetti o misericordiosi [a seconda dei gusti] come il vostro Padre celeste» (Mt 5, 48; Lc 6, 36). Il desiderio che deve abitarci è quello della santità. Senza questo ardente desiderio al centro della nostra vita, saremo sempre strattonati fra la riuscita nel mondo e la riuscita nella nostra vita interiore.
«Chi non raccoglie con me disperde» (Lc 11, 23). È il dramma della nostra epoca: la dispersione. Ci si attiva, si privilegia l’efficacia invece della fecondità! Gesù ce lo dice in un altro modo, casomai non avessimo compreso: «Ogni regno diviso in sé stesso va in rovina» (Lc 11, 17). Togliamo “regno” e mettiamo “uomo”, “donna”, “famiglia”… la divisione è il segno dell’azione del “divisore”, il nostro avversario. La divisione è la fonte dei conflitti in noi. Bisogna dunque che arriviamo a una “vita eucaristica”. Non significa andare a messa tutti i giorni (anche se sarebbe ottimo). Potremo consumare tutte le ostie che vogliamo: è assai probabile che la cosa non sortisca grande effetto. Fino a che non comprenderemo che è nell’unione a Cristo che si dà a noi – e che ci dà tutto – che tutto si gioca. Significa avere una vita unificata agendo «per Cristo, con Cristo e in Cristo» nel quotidiano della nostra vita.
Paolo dice a Timoteo:
Questo è l’ordine che ti do, figlio mio Timoteo, in accordo con le profezie già fatte su di te, perché, fondato su di esse, tu combatta la buona battaglia, conservando la fede e una buona coscienza.
1Tim 1, 18-19
Anche su di noi sono state pronunciate delle profezie, il giorno del nostro battesimo. Parole che hanno fatto di noi dei cristiani: sacerdoti, profeti e re. Che altro chiedere? Che ci vuole di più? Come dice san Paolo: «Rivestiamoci delle armi della luce… rivestitevi del Signore Gesù Cristo» (Rom 13, 12.14). L’armatura che siamo invitati a indossare, quella che ci protegge, è Cristo stesso. Non dimentichiamo mai che ci siamo rivestiti di Cristo il giorno del nostro battesimo. Allora, da buoni combattenti, questa settimana puntiamo alla nostra unificazione.
Allenamento spirituale:
- prendiamoci il tempo di discernere tra combattimento spirituale e conflitto interiore nella nostra vita;
- siamo in accordo con la volontà di Dio, il quale desidera che siamo santi, perfetti, misericordiosi?
- abbiamo messo Gesù al centro della nostra vita e agiamo «per Cristo, con Cristo, in Cristo»?
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]