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La mia seconda volta: il film ispirato alla storia di Giorgia Benusiglio per dire NO alla droga

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Silvia Lucchetti - pubblicato il 15/03/19
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La nuova pellicola distribuita dalla Dominus Production sulle conseguenze dell’assunzione di sostanze stupefacenti educa i giovani e afferma che dalle cicatrici può nascere una bellezza ancora più grande.Mercoledì sera ho avuto il piacere di vedere in anteprima La mia seconda volta prodotto da Simone Riccioni, Linfa Crowd 2.0 in co-produzione con Vargat Film e distribuito dalla Dominus Production fondata da Federica Picchi Roncali. Una pellicola diversa dalle precedenti, Cristiada e God’s Not Dead per citarne soltanto due, dove la fede è protagonista, ma che ha in comune con esse la centralità dei rapporti umani, l’importanza dei legami di amicizia. Durante la visione del film c’è stata una frase in particolare che ha colpito la mia attenzione:

Può una cosa rotta diventare più bella di prima? dipende dalla cura che si ha nel mettere assieme i pezzi, dipende dalla passione che gli si dedica, dipende dall’amore…

https://www.youtube.com/watch?v=GAMVNZUlbK0&feature=youtu.be

Ispirato ad una storia vera

La mia seconda volta per la regia di Alberto Gelpi è un film liberamente ispirato ad una storia vera, quella di Giorgia Benusiglio una giovane che nel 1999 è miracolosamente sopravvissuta, grazie ad un trapianto di fegato, dopo aver assunto metà pasticca di ecstasy. Quella terribile esperienza ha cambiato profondamente Giorgia, che ha scelto di spendere la sua vita per informare i giovani di tutta Italia dei rischi e delle conseguenze legati all’assunzione di droghe. Così ha trasformato la sua disgrazia, il suo errore, in una lezione di vita per gli altri. Il film prende ispirazione proprio dalla sua esperienza.

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Dominus Production

La trama

Giorgia (Mariachiara Di Mitri) ha diciotto anni, studia al liceo artistico e ha tanta voglia di crescere, lasciare casa, realizzare i suoi sogni. Disegna e realizza orecchini che vengono notati da un giovane imprenditore proprietario di un laboratorio di oreficeria. Ludovica (Aurora Ruffino) è una ventitreenne irrequieta che si è allontanata da sua madre e che per un breve periodo è stata in una clinica per disintossicarsi. Si fa chiamare Vee e frequenta l’Accademia di Belle Arti per diventare scenografa. Per la tesi è seguita da Davide (Simone Riccioni) che è il fratello maggiore di Giorgia.

Un film che mette in guardia i ragazzi dall’assunzione di droghe

Le loro storie si intrecciano, sovrappongono, mostrando l’imprevedibilità della vita e delle conseguenze che le scelte grandi e piccole generano. Mezza pasticca sembra poco più che niente, “mica vuol dire farsi”, “prenderne un po’ ogni tanto non fa di me un tossico”, eppure rovina la vita… distrugge la propria o indirettamente quella di un’altra persona. Il film lo racconta per mettere in guardia i ragazzi anche dall’assunzione occasionale, fenomeno pericolosissimo molto diffuso soprattutto tra i giovanissimi. La mia seconda volta parla proprio a loro ma senza fare la morale, mostrando che l’errore non si cancella, che la cicatrice non scompare ma può diventare segno d’amore, di rinascita e speranza.

Il cast

Il cast è impreziosito dalla presenza, oltre che dei talentuosi attori menzionati in precedenza, da Luca Ward, Daniela Poggi, Aurora Runo, Federico Russo, Ludovica Bizzaglia, Yuri Napoli, Pietro Sarubbi, Ettore Belmondo, Isabella Russinova, Beatrice Olla, Paola Sotgiu, Enrico Inserra, Enrico Verdicchio.

“Le cicatrici rappresentano la storia che si fa carne”

La sofferenza ha valore, le ferite ci rendono preziosi, i punti deboli, le fragilità non vanno nascoste ma impreziosite, come si fa con il Kintsugi (l’arte giapponese di riparare un oggetto rotto usando come colla l’oro) di cui il film parla. Ed è lì la chiave di tutto, il passaggio più bello: di noi non si butta nulla, nessuna parte, siamo preziosi tutti, anche quando rotti, anzi, soprattutto, quando spezzati dal dolore perché la parte più ricca di noi è quella che ha fatto i conti con il limite e con la debolezza.

(…) Non dobbiamo cancellare il nostro passato, anche quando è doloroso, dobbiamo passare oltre portandolo con noi perché è questo che rende unici e bellissimi. Le cicatrici rappresentano la storia che si fa carne e da loro può nascere una bellezza ancora più grande.