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La mamma che trasforma le ecografie in opere d’arte

LAURA STEERMAN, ART, ULTRASOUND

Laura Steerman | Quaintbaby

Annalisa Teggi - pubblicato il 15/03/19

Faceva l'avvocato, ma le sue tre gravidanze le hanno fatto cambiare mestiere: ora Laura Steerman dipinge a colori vivaci il miracolo della vita.

Alla nascita d’un bimbo | il mondo non è mai pronto

Wislawa Szymborka

Quando rimasi incinta per la prima volta fu tutto nuovo, ovviamente, e mi avvicinai alla realtà di una gravidanza con le pure e semplici idee astratte che avevo per la testa.

Segnali luminosi

Ad esempio, andai all’ospedale a fare la prima ecografia con l’entusiasmo e la paura di chi, in quel momento, pensava che tutto il mondo fosse a fissare a occhi spalancati la mia attesa.


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Immaginavo un’accoglienza stratosferica da parte del personale medico che mi avrebbe visitata, lunghe chiacchierate affettuose, un pianto di gioia a dirotto; né più né meno quello che accade nei film. Mi ritrovai da sola in una sala d’attesa e uscii cinque minuti dopo dall’ambulatorio, senza aver scambiato nessuna parola con la dottoressa presente se non risposte spicciole e formali sull’ultimo ciclo, la mia data di nascita. Avrei voluto ascoltare quel battito cardiaco un po’ di più, invece no; sullo schermo dell’ecografo vedevo cose che non capivo, avrei voluto sapere.

Subito dopo, telefonai a mio marito, che con grande rammarico non aveva potuto essere presente, e gli rovesciai addosso la gioia di aver sentito il cuore del bambino, ma il dolore infinito di essere stata quasi ignorata. Fu lui a quietare il flusso della mia emotività, quando tirai fuori brutte parole per quella dottoressa: mi ricordò che io ero ancora in una fase in cui l’aborto era concesso, dunque il personale medico doveva astenersi dall’entrare nel merito della mia gravidanza. Non era cattiveria, era una prassi.


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Tutto, in effetti, cambiò qualche mese dopo quando andai a fare l’ecografia morfologica: stesso ospedale, stesso personale, ma un altro mondo. Fui trattata come una regina; l’esame durò all’infinito, fu risposto a tutto quello che volevo sapere; complimenti a profusione per quel piccolo nasino all’insù che s’intravedeva; battute sul fatto che fosse indubitabilmente maschio.

BABY ULTRASOUND
GagliardiImages I Shutterstock

Non era cambiato nulla, eppure era cambiato tutto. Come se un ponte levatoio fosse calato dall’alto e l’accesso al regno degli umani fosse stato consentito, nella festa generale. Inutile dire che quel ponte levatoio è una struttura interamente fittizia, ma sempre più opprimente.

Perciò, per le gravidanze successive mi sono sempre recata alla prima ecografia con uno stato d’animo sopra le righe. Senza polemiche o discorsi strani, ho riempito con l’allegria esuberante del clown il silenzio e la velocità con cui si rintracciava il battito e mi si congedava: il personale era tenuto all’impassibilità, ma non io. Sono timida e non eccessivamente emotiva, ma ho tirato fuori una vena sdolcinatamente romantica. “Eccolo lì, senti come batte!”- “Amore mio, eccoti!” – “Fai il bravo e cresci bene!”

Quando qualcosa rischia di essere invisibile, bisogna mettere un segnale luminoso.




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Laura, avvocato della vita

La memoria di questa storia personale mi è ritornata perfetta e vivida non appena ho incrociato i quadri di Laura Steerman, una mamma irlandese con tre figlie e una creatività sbocciata proprio grazie alla maternità. A 50 anni e con una carriera da avvocato alle spalle, Laura ha intrapreso una nuova attività: trasforma le ecografie in veri e propri quadri. L’idea nasce da un rammarico personale; perché quelle foto sbiadite e in bianco e nero dell’ecografo non avevano mai reso giustizia alla meraviglia delle creature che portava in grembo. Tutte noi mamme abbiamo provato questa delusione, che convive con la gioia immensa di intravedere per la prima volta i tratti di nostro figlio.


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Armata di colori e pennelli, Laura si dedica oggi a riprodurre le ecografie attraverso l’esuberanza di cui l’arte è capace, per trasformare un documento medico in una indelebile memoria emotiva.

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“Mamma, non è bello che noi dobbiamo andare a scuola e tu resti a casa tutto il giorno a giocare coi colori!” mi ha detto stamattina la mia bimba di 5 anni. […] Dopo molti anni trascorsi a fare l’avvocato, ho notato davvero la differenza ora che faccio qualcosa che amo. Stamattina ad esempio sto colorando il battito cardiaco di questo bambino come cornice del suo quadro.

Sfogliando le immagini delle sue creazioni nel suo sito, mi è passata per la testa l’idea che, in fondo, Laura non abbia cambiato lavoro … ma si sia scelta i clienti migliori. Dare voce a chi non ha ancora voce, mostrare l’evidente tripudio di vita che si scatena fin dai primi istanti del concepimento sono arringhe fatte sulla pubblica piazza attraverso i colori.

L’avvocato ha il compito ideale di difendere qualcuno, e anche l’artista ha a cuore una difesa dell’umanità. I nostri occhi pigri hanno bisogno dei colori di Van Gogh, delle linee nette di Giotto, dei volti di Caravaggio per sentire, capire, stupirci della vita. Abbiamo bisogno di una spinta per vedere, e non c’è nulla di più nascosto del miracolo che accade dentro il grembo materno. Più che tenerlo nascosto, si vorrebbe addirittura cancellarlo.




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L’erba è verde, nella pancia c’è un bambino

In un saggio poetico Chesterton ribaltò il pensiero comune in base a cui gli artisti fanno cose strane, hanno la testa fra le nuvole e sono sconnessi dal reale. Al contrario, il poeta e il pittore cercano di mettere a fuoco la realtà: non vogliono mostrarci il mondo attraverso specchi che distorcono, anzi adempiono al compito titanico di farci accorgere che l’erba è verde. Le evidenze sono le cose meno scontate che abbiamo sotto gli occhi.

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Quasi all’ordine del giorno capita di imbattersi in tentativi di cancellare senza pietà la vista di ciò che accade nei nove mesi in cui un bambino si forma e cresce nel ventre materno. Si tenta in mille modi, ideologici e legali, di schiacciare l’evidenza della vita. E, di necessità, si usano mille modi astratti e puramente verbali, perché non appena si scende sul terreno vivo della realtà non c’è partita.


DAMIEN HIRST

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Ringraziamo chi come Laura Steerman trova nuovi modi creativi per stare davanti al miracolo della vita e ci manda segnali luminosi che sono come frecce giganti puntate sul nostro vero vissuto.

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