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Notizie dal mondo: mercoledì 13 marzo 2019

Death penalty – fr

© Public Domain

Paul De Maeyer - pubblicato il 14/03/19

Brexit: Westminster respinge uscita «no deal»

Dopo aver bocciato martedì 12 marzo di nuovo l’accordo raggiunto dalla premier Theresa May con Bruxelles sull’uscita del Regno Unito dall’UE (anche se con nuove «rassicurazioni» da parte europea), la Camera dei Comuni ha respinto mercoledì 13 marzo anche l’opzione di una Brexit «no deal», ossia di un’uscita senza accordo di recesso (cosiddetta Brexit «dura»).

Con 321 voti contro 278, i Commons hanno appoggiato infatti una mozione del governo emendata, scartando nella nuova versione del testo una Brexit «no deal» «in qualunque circostanza» (cioè «under any circumstance»). Un emendamento in questo senso di Yvette Coopers (Labour, opposizione) era stato approvato prima con una maggioranza strettissima di appena quattro voti (312 contro 308). Proprio questo sviluppo «drammatico» ha costretto il governo May a chiedere ai deputati conservatori di respingere la propria mozione, nonostante in precedenza avesse promesso un voto libero, come ricorda BBC News.

La Camera dei Comuni aveva bocciato in precedenza con uno scarto di 210 voti (374 contro 164) anche una proposta a favore di un rinvio della Brexit fino al 22 maggio, con l’obiettivo di preparare un’uscita «no-deal ordinata», una proposta conosciuta anche come «Malthouse Compromise» (cioè «compromesso di Malthouse»).

Le votazioni della giornata di mercoledì preparano il terreno ad un nuovo voto, programmato per giovedì, su una proroga dell’art. 50 del Trattato di Lisbona, facendo slittare l’uscita dall’UE oltre il 29 marzo prossimo. In una reazione, il leader del Partito Laburista, Jeremy Corbyn, ha dichiarato che dopo la bocciatura sia di una Brexit «no deal» che dell’accordo raggiunto dalla premier May con Bruxelles, una proroga dell’articolo in questione è «adesso inevitabile».

USA: Trump mette a terra «con effetto immediato» i Boeing 737 MAX

Nel dibattito sull’aeronavigabilità o «airworthiness» dei Boeing 737 MAX è intervenuto  mercoledì 13 marzo il presidente statunitense Donald Trump, che ha deciso di mettere a terra «con effetto immediato» l’innovativo velivolo, coinvolto nell’arco di pochi mesi in due sciagure dei cieli.

Dopo lo schianto del volo 610 della compagnia indonesiana Lion Air nei primi minuti dopo il decollo dall’aeroporto di Giacarta, in cui il 29 ottobre scorso 189 persone tra passeggeri e personale di bordo rimasero uccisi, un altro esemplare è precipitato domenica 10 marzo sempre dopo il decollo, uccidendo le 157 persone a bordo del volo 302 della compagnia Ethiopian Airlines.

Mentre un elenco sempre più lungo di Paesi (dalla Cina all’Unione Europea e anche il Canada) e di compagnie aveva deciso per motivi precauzionali di lasciare il B737 MAX a terra o chiudere gli spazi aerei all’aeromobile, a spingere il presidente Trump ad intervenire è stato l’argomento della sicurezza.

«La sicurezza del popolo americano e di tutte le persone è la nostra preoccupazione principale», ha detto Trump, che ha aggiunto: «Boeing è un’azienda incredibile. Stanno lavorando molto, molto duramente in questo momento e speriamo che possano trovare rapidamente una risposta. Ma finché non lo fanno gli aerei rimangono a terra». In seguito alla decisione, Boeing ha emesso un comunicato, in cui ha espresso la sua «totale fiducia» nella sicurezza del velivolo, ma «appoggia questa misura proattiva».

La mossa di Trump non sorprende. In due tweet consecutivi si era lamentato martedì 12 marzo della complessità degli aerei moderni. «Gli aerei stanno diventando troppo complessi da far volare. I piloti non servono più, ma piuttosto esperti informatici del MIT» (vale a dire del Massachusetts Institute of Technology), così aveva scritto nel primo tweet. «Non so voi, ma io non voglio che Albert Einstein sia il mio pilota», aveva aggiunto nel secondo.

California: moratoria sulla pena di morte

Il governatore democratico della California, Gavin Newsom, ha firmato mercoledì 13 marzo un decreto, che introduce nello Stato la moratoria delle esecuzioni capitali. Newsom, che è ex sindaco di San Francisco, ha promesso che durante il suo mandato nessun detenuto verrà giustiziato, perché ritiene che la pena di morte sia discriminatoria, ingiusta e «incoerente con i nostri valori fondamentali».

Come aveva anticipato il Los Angeles Times, il decreto concede una sospensione temporanea della pena a tutti i 737 detenuti (25 dei quali hanno esaurito tutti i possibili ricorsi) che si trovano attualmente nel braccio della morte californiano, il più grande degli USA. Inoltre con esso viene chiusa immediatamente la camera delle esecuzioni nel carcere statale di San Quentin (il più vecchio di tutta la California), e si fermano infine gli sforzi in corso per trovare un protocollo costituzionale per l’iniezione letale.

Secondo Newsom, che ha iniziato il suo mandato il 7 gennaio, «il nostro sistema della pena di morte è stato – sotto ogni aspetto – un fallimento»: ha discriminato imputati mentalmente malati, afroamericani e latini, o che non possono permettersi una difesa costosa, ma inoltre non ha sortito alcun effetto deterrente. «Ha sprecato miliardi di dollari dei contribuenti». Con la moratoria, Newsom ha realizzato una promessa elettorale e ha seguito le orme dei suoi colleghi degli Stati di Oregon, Colorado e Pennsylvania.

Salute: allarme su «pandemia» di «fake drugs»

Un articolo pubblicato sulla rivista The American Society of Tropical Medicine and Hygiene e menzionato dal Guardian ha lanciato l’allarme sull’impatto dei cosiddetti «fake drugs» – cioè i  farmaci contraffatti o al di sotto degli standard («substandard») sulle persone, specialmente sui più piccoli.

Come ricordano gli autori nel loro articolo intitolato «Falsified and Substandard Drugs: Stopping the Pandemic», fino a 155.000 decessi infantili all’anno sono attribuibili a farmaci contro la malaria falsificati e un numero simile di bambini perde la vita per polmonite acuta dopo essere stato trattato con antimicrobici contraffatti o sotto standard.

Fino al 10% dei farmaci consumati nei Paesi a reddito basso e in quelli a reddito medio sono infatti di scarsa qualità o semplicemente falsi, un fenomeno che costa alle economie locali fino a 200 miliardi di dollari l’anno, afferma l’articolo. E la situazione non tende a migliorare. L’anno scorso il colosso farmaceutico statunitense Pfizer ha individuato infatti 95 prodotti contraffatti in 113 paesi, un aumento netto rispetto al 2008, quando erano stati scoperti «solo» 29 farmaci falsi in 75 Paesi del globo.

Oltre la metà di tutti i farmaci falsificati scoperti dal Pharmaceutical Security Institute (PSI, un organismo senza scopo di lucro, che dal 2002 monitora il fenomeno a livello mondiale) nella catena di fornitura legale infiltrata, servono per curare acute infettive e patologie croniche come la malaria e l’ipertensione. A dominare il mercato dei «fake drugs» sono invece i farmaci «lifestyle» per le disfunzioni erettili, come il sildenafil (Viagra®).

ONU: le «fondamenta ecologiche della società» sono in pericolo

Nella capitale del Kenya, Nairobi, dove si sta svolgendo la quarta Assemblea delle Nazioni Unite sull’Ambiente – l’incontro è iniziato lunedì ricordando le 157 vittime del volo 302 della compagnia Ethiopian Airlines, che si è schiantato domenica dopo il decollo dall’aeroporto di Addis Abeba mentre era diretto proprio a Nairobi –, è stata lanciata mercoledì 13 marzo la 6a edizione del «Global Environment Outlook» (GEO-6).

Nel voluminoso documento (più di 700 pagine), l’ONU chiede «azione urgente» per fermare il degrado dell’ambiente; altrimenti, il nostro pianeta e i suoi abitanti (attualmente circa 7,5 miliardi, un numero che secondo le proiezioni delle Nazioni Unite salirà a quasi 10 miliardi nel 2050 e a quasi 11 miliardi nel 2100) ne subiranno le conseguenze. «Attività umane insostenibili a livello globale hanno degradato gli ecosistemi della Terra, mettendo in pericolo le basi ecologiche della società», si legge nel «Summary per Policy Makers» del rapporto.

«Un’azione urgente su scala senza precedenti è necessaria per arrestare e invertire questa situazione, proteggendo così la salute umana e ambientale e mantenendo l’attuale e futura integrità degli ecosistemi globali», così continua il Summary, che individua nell’inquinamento atmosferico «il principale fattore ambientale che contribuisce al peso globale delle malattie», causando tra i 6 e i 7 milioni di morti premature e perdite di benessere stimate in 5 trilioni di dollari all’anno.

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