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Fino a che punto posso pensare al mio benessere se sono cristiano?

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By Dmytro Zinkevych | Shutterstock

padre Carlos Padilla - pubblicato il 13/03/19

Dio mi dà tanto perché io lo doni

Desidero il mio benessere. Cerco di soddisfare la mia fame. Provo sempre a placare la mia sete e a calmare le mie ansie.

È vero che non ottengo sempre quello che cerco. Mi frustro nelle mie richieste e mi amareggio quando vedo che non c’è risposta. Grido a Dio e mi lamento davanti a Lui perché non fa caso alle mie suppliche.

Non ho il potere di darmi da mangiare me stesso, ma se lo avessi, ne sono sicuro, cadrei nella tentazione di usarlo.

Uso i miei doni per il mio bene. È questo il fine dei doni che Dio mi dà? Non credo. Mi dà tanto perché io lo doni. Perché mi svuoti per amore. Perché pensi agli altri prima che a me stesso. Perché metta al centro gli altri e io mi decentri.


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Una persona mi diceva tempo fa: “A Dio non chiedo mai niente per me. Non posso. È più forte di me. A volte chiedo qualcosa per gli altri. Lo chiedo intensamente a Gesù. In quel momento sono certo che Dio me lo concederà. L’ho verificato ogni volta che l’ho fatto”.

Le sue parole mi hanno colpito. Non chiedeva per sé. Mi sono riconosciuto nella mia miseria. Io invece chiedo miracoli per me.

“Facciamoci prossimi dei fratelli e delle sorelle in difficoltà, condividendo con loro i nostri beni spirituali e materiali”, dice Papa Francesco.

Penso alla fame di chi mi è accanto. Di chi soffre, di chi è solo, di chi non ha niente. Spesso vivo sazio, colmo, soddisfatto. Non sono cristiano per vivere così.

Guardo intorno a me. Smetto di guardare me stesso per guardare il cuore di quelli che Dio mi affida.

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