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Come lottare contro il senso di colpa?

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Orfa Astorga - pubblicato il 13/03/19

I contenuti imparati nell'infanzia sono decisivi nella vita psicologica degli adulti, soprattutto in riferimento ai sensi di colpa

Nel mio studio assisto persone affette da molte forme di senso di colpa, soprattutto se hanno sviluppato nella loro coscienza una condizione di vulnerabilità che le rende i giudici più duri di se stesse.

Sono persone che arrivano a sviluppare malattie psicosomatiche (sistema immunitario indebolito, problemi cardiovascolari, malessere gastrointestinale, dolori diffusi…) e mentali (odio nei confronti di se stesse, depressione, ansia…) per il fatto di non riuscire a distinguere tra le azioni delle quali sono realmente responsabili e quelle che dipendono dal loro disturbo della personalità.

Sono persone che possono finire per danneggiare seriamente i loro rapporti familiari.

Ecco una di queste storie:

“Già inizio della giornata comincio quasi senza rendermene conto a imbastire un rosario di sentimenti e pensieri in tono di autocritica. Non so cosa significhi riuscire a riposare.

Non molto tempo fa vivevo con una vecchia amica, e ci hanno scattato una fotografia in cui lei sorrideva spontaneamente, mentre io lo facevo accigliata. La mia amica mi ha datto con molta franchezza che quello che vedeva nella fotografia era il mio eterno complesso di autocondanna, e che dovevo fare qualcosa”.

A esprimersi così era una giovane professionista con un buon matrimono e due figli, che sembrava avere tutto, ma non era così.

Gradualmente, attraverso il dialogo ha iniziato a sottolineare che doveva affrontare e superare tre ferite che in lei rimanevano aperte.

La prima: Da bambina le era stato insegnato a sentirsi colpevole per azioni insignificanti che non avrebbero dovuto turbarla perché si trattava di circostanze normali per la sua età, o piuttosto su cui non poteva avere il controllo o di cui non era affatto responsabile.

Ha ricordato che quando desiderava seguire le istruzioni le dimenticava o si sbagliava, venendo tacciata di disobbedienza e ricevendo in più di un’occasione severi castighi, il che la faceva sentire insicura delle sue azioni, perché veniva giudicata più per queste che per la sua vera intenzione o la volontà.

La seconda: Quando era adolescente i suoi genitori hanno divorziato, il che ha aggravato la sua insicurezza portando a una definitiva rottura interiore, perché la situazione la faceva essere certa del fatto che i suoi non l’avessero mai amata per quello che era, perché se erano capaci di un’azione di quel tipo non si curavano di lei.

La terza: I suoi fratelli, lungi dal risolvere positivamente la loro vita, erano caduti nelle grinfie del vizio, e lei si sentiva impotente non riuscendo ad aiutarli, e ne soffriva.

Visto che i contenuti appresi nell’infanzia sono decisivi nella vita psicologica adulta, soprattutto in riferimento ai sensi di colpa, diventa necessario formare e riprogrammare la coscienza morale, facendo attenzione a quali idee, pensieri e punti di vista su Dio, il bene e il male sono corretti. Soprattutto, bisogna imparare a capire cos’è e non è propria responsabilità.

Per questo, la soluzione radicale che le è stata indicata è stata quella di gettare le basi di una personalità emotivamente equilibrata, acquisendo la capacità di emettere giudizi corretti. La proposta è stata un compito arduo ma efficace di formazione della sua coscienza morale, che l’avrebbe aiutata a guarire le tre dimensioni danneggiate della sua personalità.

Sul rettificare i sensi di colpa appresi dall’infanzia:

Prendere coscienza delle proprie emozioni essendo in gradi di chiedersi “Cosa provo pensando, agendo o decidendo su questo o quello? Quale è il motivo dei miei sentimenti negativi?”
Essere capace di analizzare i propri sentimenti: “Perché provo quello che provo? Quello che sento è ragionevole?”
Raggiungere l’identificazione della propria volontarietà: “Qual è la mia vera intenzione al momento di agire? Che rapporto hanno le mie azioni con i miei sentimenti?”

In base a questa nuova prospettiva, assimilare il divorzio dei suoi genitori:

Cercando di comprenderli nelle loro limitazioni, per non rimanere ancorata al circolo vizioso del risentimento e dell’autocompassione.
Continuare a superarsi per ringraziarli per il dono della vita da un buon presente, senza essere influenzati dal passato.
Costruire partendo dall’amore della propria famiglia una sana autostima.
Cercare la soluzione definitiva partendo dalla propria spiritualità, per trovare il senso più profondo della propria esistenza.

Sulla vita infelice dei fratelli:

La carità non implica il fatto di essere ingiusti con se stessi. La vita dei suoi fratelli è in termini di libertà personale, è solo una loro responsabilità; sentirsi in colpa per la loro vita è assumere quello che in definitiva non le spetta.

Di fronte a situazioni persistentemente dolorose e ingiuste in cui i fratelli assumono le proprie responsabilità, è bene aiutarli per quanto possibile, ma da una sana distanza che le permetta di vivere la propria vita, senza una contaminazione emotiva che le impedisca di donarsi pienamente al marito e ai figli.

Cosa più importante, infine: imparare a riconoscere i veri errori per rendersi responsabile e crescere, perché esistono sentimenti utili visto che attraverso una corretta disapprovazione personale si ottengono forti motivazioni per una condotta di maggior superamento, prendendo la salda decisione di aderire a ciò che vale veramente la pena.

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