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Attenzione alle penitenze assurde in Quaresima!

CILICE PENITENCE

Albert Lozano - Shutterstock

Felipe Aquino - pubblicato il 07/03/19

Le penitenze non devono far male

La Quaresima è un momento per lottare contro i nostri peccati, perché è un periodo di riflessione, penitenza e conversione spirituale in preparazione al mistero pasquale. Il Catechismo dice che “agli occhi della fede, nessun male è più grave del peccato, e niente ha conseguenze peggiori per gli stessi peccatori, per la Chiesa e per il mondo intero” (n. 1488).

Guardando Gesù, sfigurato e distrutto sulla croce, comprendiamo l’orrore del peccato. È stata necessaria la morte di Cristo perché ci liberassimo dal peccato e dalla morte eterna, la separazione dell’anima da Dio. La Chiesa ci propone allora 40 giorni di penitenza, di resistenza al peccato in Quaresima.

Questa pratica si basa sulla vita del popolo di Dio. Per 40 giorni e 40 notti è caduto il diluvio che ha inondato la terra e ha estinto l’umanità peccatrice (cfr. Genesi. 7,12). Per 40 anni, prima di entrare nella terra promessa, il popolo eletto ha vagato nel deserto come punizione per la sua ingratitudine (cfr. Deuteronomio 8,2). Per 40 giorni Ezechiele è stato steso sul fianco destro, a rappresentare l’imminente castigo di Dio per la città di Gerusalemme (cfr. Esodo 24, 12-17). Elia ha viaggiato 40 giorni nel deserto per sfuggire alla vendetta della regina idolatra Gezabele ed essere consolato e istruito dal Signore (cfr. 1 Re 19,1-8). Lo stesso Gesù, dopo aver ricevuto il Battesimo nel fiume Giordano e prima di iniziare la sua vita pubblica, ha trascorso 40 giorni e 40 notti nel deserto, pregando e digiunando (cfr. Matteo 4,2). È un periodo di lotta contro il male.


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San Paolo ci offre un’indicazione precisa: “Come collaboratori di Dio, vi esortiamo a non ricevere la grazia di Dio invano; poiché egli dice: «Ti ho esaudito nel tempo favorevole, e ti ho soccorso nel giorno della salvezza». Eccolo ora il tempo favorevole; eccolo ora il giorno della salvezza!” (2 Corinzi 6,1-2). La liturgia della Chiesa applica queste parole in modo particolare alla Quaresima: “Convertitevi e credete al Vangelo”, e “Sei polvere e in polvere ritornerai”.

Invito alla conversione

Il primo invito è alla conversione, un avvertimento contro la superficialità del nostro modo di vivere.

Convertirsi significa cambiare direzione nel cammino della vita, un’inversione vera e totale. La conversione è andare controcorrente, contro la vita superficiale, incoerente e illusoria che spesso ci trascina, ci domina e ci rende schiavi del male o almeno suoi prigionieri. Gesù Cristo è la meta finale e il senso profondo della conversione. È il cammino che siamo chiamati a percorrere, lasciandoci illuminare dalla sua luce e sostenere dalla sua forza. La conversione è una decisione di fede, che ci avvolge interamente nell’intima comunione con la persona viva e concreta di Gesù.
La conversione è il “Sì” totale di chi dona la sua vita a Gesù vivendo il Vangelo. “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; ravvedetevi e credete al Vangelo” (Marco 1, 15).

Le penitenze non devono far male

Per vincere noi stessi, le nostre debolezze e le passioni disordinate, la Chiesa raccomanda, soprattutto in Quaresima, il digiuno, l’elemosina e la preghiera come “rimedi contro il peccato”, per dominare le debolezze della carne e avvicinarsi a Dio. Non si devono quindi fare penitenze esagerate, una mortificazione che porti la persona ad ammalarsi o a sentirsi male. Il digiuno esige il fatto di soffrire un po’ la fame durante il giorno, ma senza far male alla persona, privarla della sua capacità di lavorare, ecc.

Saper tacere può essere una buona penitenza

Ci sono buone forme di mortificazione, come evitare ciò che ci piace, a livello corporale o spirituale, ma ci sono persone che eccedono: pellegrinaggi troppo lunghi o penitenze che comportano perfino delle ferite, pregiudicando la salute. Dio non vuole questo. Non ci chiede l’impossibile.

Quale mortificazione devo fare? Quella che abbatte il mio peccato. Se sono superbo, allora la mia penitenza dev’essere l’esercizio dell’umiltà: vincere orgoglio, ostentazione, vanità, esibizionismo, desiderio di apparire, di imporsi agli altri, per saper tacere.




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Se il peccato è l’attaccamento ai beni materiali e al denaro, allora bisogna esercitare l’elemosina e il distacco dal mondo e dalle creature. Se il male sono la lussuria e la mancanza di purezza, allora eserciteremo la castità negli occhi, nelle orecchie, nelle letture, nei pensieri e nelle azioni. Se siamo irosi conquisteremo la mansuetudine, se siamo invidiosi cercheremo la bontà, se siamo pigri lavoreremo meglio e saremo diligenti nel servire gli altri senza interesse personale.

Perdonare può essere più importante

San Francesco di Sales, dottore della Chiesa, diceva che la penitenza migliore è accettare con rassegnazione i mali che Dio permette che ci colpiscano, perché Egli sa di cosa abbiamo bisogno, e in questo modo i nostri peccati sono vinti. Le penitenze che Dio ci invia sono migliori di quelle che ci imponiamo da soli. E allora accettate, soprattutto in Quaresima, e offrite tutto per la vostra conversione. Può essere che il perdono di chi vi ha offeso sia più importante che rimanere 40 giorni senza fare questo o quello. Una visita a un malato, a un carcerato, la consolazione di un afflitto può essere più importante di un lungo pellegrinaggio. Tutto è importante, ma bisogna osservare ciò che è più importante per la realtà spirituale.

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