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Silvia Salemi: sono nata perché mia madre ha scelto di non abortirmi

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Silvia Salemi/Pagina Instagram

Silvia Lucchetti - pubblicato il 05/03/19

La cantautrice racconta la fede trasmessa dalla mamma, soprattutto l'affidarsi alla Provvidenza divina. Come fece lei quando scoprì di aspettarla e decise di ignorare le parole dei medici.

Ricordo che una mattina mentre facevo la fila alla cassa del bar dell’università per pagare la colazione, vidi arrivare Silvia Salemi. Solare, sorridente, il viso sereno. Non aveva l’aria del personaggio famoso che si sente importante, anzi, mi colpì la sua normalità, la compostezza. Quando quest’anno facendo zapping l’ho “incontrata” su Rai1 nel programma “Ora o mai più” condotto da Amadeus, mi sono ricordata questo episodio e ho immediatamente tifato per lei. La cantautrice si è classificata al terzo posto, conquistando il pubblico in studio e a casa, con la sua bellissima voce profonda, calda, potente.

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Silvia classe 1978, è nata a Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa. Oggi vive a Roma con suo marito Gian Marco Innocenti sposato nel 2004 e le loro due figlie, Sofia e Ludovica, di 13 e 10 anni. Per prendersi cura delle bambine la cantante ha scelto di stare lontana dal palcoscenico per dieci anni. Una decisione di cui non si è mai pentita e che le ha donato grande felicità. Nella sua carriera ha pubblicato sette album, ha partecipato al Festival di Castrocaro e a quattro edizioni del Festival di Sanremo, nel 1997 il branoA casa di Luca, le regala un grandissimo successo.




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Le parole di Papa Francesco? Una luce nella notte!

Pochi giorni fa è uscita un’intervista su Credere in cui la cantautrice ha parlato della sua vita, raccontando l’infanzia“(…)La mia infanzia è stata difficile e sono anche cresciuta in un contesto familiare poco abbiente: all’epoca la sanità non sosteneva le famiglie e, per curare mia sorella, i miei avevano contratto dei debiti. Avevo però fame di vita e questo mi ha dato il giusto slancio per desiderare di ribaltare la situazione”(Ibidem),  il rapporto con Dio, il matrimonio, il dono della maternità e la soddisfazione per la sua nuova canzone, Era digitale, ispirata alle parole pronunciate dal Pontefice durante la Gmg di Panama.

«Le parole del Santo Padre sono sempre ricche di verità sulle quali riflettere: ha una capacità straordinaria di sollevare domande che, per la loro attualità, non interpellano solo i cattolici ma anche chi non crede. Avevo in mente questa canzone già da un po’ di tempo: la melodia era pronta, ma non riuscivo a centrare bene il messaggio. Le parole di Francesco sono state come una luce che rischiara la notte: in particolare mi ha colpito molto quando ha parlato dell’era digitale, ricordando ai ragazzi che essere connessi non basta per amare e sentirsi amati. Ha ragione: dobbiamo tornare a vivere di incontri, di presenze, di rapporti caldi, sinceri, umani. Ho quindi voluto mettere la mia musica al servizio di questo messaggio, per farlo riverberare». (Credere)

Fare la mamma era la mia vocazione

Il figlio è un dono, afferma Silvia Salemi, non un diritto da pretendere. Fin da ragazzina, racconta, sogna di diventare mamma, di accogliere la vita:

«Vocazione vuol dire vocare: chiamare. Fin da piccola sognavo di avere dei figli, anche perché la famiglia è sempre stata un punto di riferimento cruciale per la mia vita. I miei genitori sono insieme da 48 anni: sono cresciuta con la consapevolezza che il mondo poteva crollare, i governi cadere e le mode cambiare, ma i miei sarebbero stati sempre lì, insieme e al mio fianco. La maternità è quindi sempre stata un desiderio viscerale ma, forse anche per la mia giovane età, non l’ho mai vissuta come un diritto da rivendicare: il figlio è prima di tutto un dono. Volevo trovare l’uomo giusto. Quando ho incontrato mio marito ho capito che era lui la persona che il mio cuore aspettava: un uomo profondo, che credeva con ancora più fervore di me nei valori della vita, tant’è vero che a 40 anni non si era ancora sposato perché era consapevole dell’importanza del sacramento e aspettava la persona giusta. Ci siamo subito innamorati e, sinceramente, ci saremmo sposati anche dopo un solo mese. Abbiamo però deciso di fare le cose per bene: ci siamo conosciuti con calma e lui è addirittura sceso in Sicilia per chiedere la mia mano a papà» (Ibidem).


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Il matrimonio per me è davvero “finché morte non ci separi”

Il segreto del matrimonio è chiedere al Signore di restare in mezzo agli sposi per rinnovare costantemente la grazia del sacramento. Solo così si può amare l’altro per sempre! Silvia Salemi è una moglie orgogliosa e queste parole lo confermano:

«Sì, e le dirò di più: per me è davvero “finché morte non ci separi”. Non lo dico perché temo una punizione divina: non rompiamo la promessa per timore del castigo di Dio, ma perché ci affidiamo, lasciandoci portare per mano. Non siamo bigotti ma solo felici e abbiamo scelto di affidare la nostra unione alla Chiesa perché ci consideriamo figli. Quando canto, tengo il microfono con la mano della fede perché è un legame, quello sponsale, di cui sono molto orgogliosa» (Credere).

“Se mia mamma ha portato avanti la gravidanza è solo perché si è affidata a Dio”

La fede gliel’ha trasmessa sua mamma con la vita e le parole. Ha scelto di non abortirla andando contro il consiglio dei dottori e si è affidata al Signore in un momento di grande prova: una figlia malata e una in arrivo.

«Nella fede ci sono letteralmente nata: se sono qui è perché mia madre ha scelto di non abortire. I medici le avevano consigliato di valutare questa opzione: mia sorella era malata di leucemia e, da lì a poco, sarebbe mancata. Se mia mamma ha portato avanti la gravidanza è solo perché si è affidata a Dio. Inoltre mi ha trasmesso il valore fortissimo della Provvidenza, in cui credo profondamente: la Provvidenza mi ha continuamente lanciato delle liane, alle quali potermi aggrappare, e la matassa dei problemi finiva sempre per sbrogliarsi…» (Ibidem)

La sorella muore e Silvia si chiude in un mutismo assoluto

La sorella maggiore Laura muore quando Silvia ha solo un anno e mezzo e la piccola si chiude in un mutismo assoluto. I genitori distrutti dal lutto non riescono ad aiutarla, non le forniscono gli stimoli necessari per sviluppare il linguaggio e così il tempo passa e il silenzio continua. Dopo qualche anno però Silvia scova in un cassetto “segreto” un registratore e ascolta così per la prima volta la voce della sorella. Attraverso quella voce, incredibilmente, trova la sua:

«Avevo 5 anni e scopro un registratore: vi era registrata la voce della mia sorellina, le sue ultime parole. Lei, che evidentemente sapeva che stavo per nascere ma non sapeva che stava per morire, pur capendo che non ci sarebbe stata più, giocava a lasciarmi una specie di testamento, dicendo: io, Laura, siccome sto per andare da Gesù, lascio a Silvia il mio Pinocchio, la mia bici rossa…» (Corriere)

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Grazie a Laura scopre di avere una voce

Così grazie a sua sorella esce piano piano dal mutismo, scopre di avere una voce (e che voce!), comincia ad esercitarsi a parlare, e poi un giorno…

«Dopo aver trascorso un anno, di nascosto, a esercitarmi, finalmente mi convinco che la mia voce non sarebbe più sparita, perché era questo che temevo di più. E un giorno, quando mamma mi porta a scuola e mi saluta dandomi un bacio sulla fronte, le dico ciao mamma. Lei, che praticamente non conosceva la mia voce, resta stordita, mi guarda e scoppia a piangere» (Ibidem)

Credo che la testimonianza in musica sia come quella in casa con i figli

E dalla parola parlata passa alla parola cantata appassionandosi alla musica, studiando, impegnandosi senza mollare mai, con il garbo, la tenacia e l’eleganza che la contraddistinguono.

«Rispetto la musica sacra e il filone christian rock/pop, ma il mio approccio è un po’ diverso. Credo che la testimonianza in musica sia come quella in casa, con i figli: non sono le parole, ma l’esempio a fare la differenza. Si può essere testimoni di fede semplicemente portando avanti un’idea di famiglia, di matrimonio, di lavoro. Tra l’altro, in questo modo si può arrivare davvero a tutti, superando le possibili reticenze di chi non condivide la stessa fede» (Credere)

La Provvidenza mi guarda le spalle

Combatte cantando la paura che la sua voce possa sparire di nuovo e confida nella Provvidenza Divina, si affida al Signore cercando nella vita di tutti i giorni di guardare il bello che c’è anche nelle situazioni più complesse e dolorose. Perché…

«(…) In ogni cosa c’è del buono e c’è del marcio. Blaise Pascal, seguendo sant’Agostino, diceva: “C’è abbastanza luce per chi vuol vedere e abbastanza buio per chi non vuole vedere”. Siamo noi a fare la differenza: chi emerge è chi decide di guardare al positivo e provare a dire la sua. La Provvidenza, poi, ci guarda le spalle» (Ibidem).

Un racconto di vita vera, piena, di una donna, moglie, mamma, cantautrice, che ha scelto la parte migliore.




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