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Anche un soffio di vita è prezioso, ce lo ricordano le sarte degli angeli

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duckcammer | Youtube

Annalisa Teggi - pubblicato il 04/03/19

Sono donne che si dedicano gratuitamente a confezionare abiti per i bimbi che muoiono nel grembo materno. Alcuni ospedali li inseriscono in un corredo da donare alle famiglie come segno di compagnia dentro un lutto così grande.

Ci sono pensieri a cui evitiamo di pensare, zone troppo scure e dure dell’esperienza: se la vita ci preserverà dal conoscerle, cercheremo di schivarne persino l’ipotesi. Si può perdere un figlio prima che nasca, avendolo sentito scalciare nella pancia e cullando la voglia di stringerlo tra le braccia. Un figlio può nascere morto. Se accade, si sta di fronte a una vertigine tremenda. Alcune amiche hanno attraversato questo tunnel di buio e ne hanno fatto una storia di mistero, non di cupa tragedia.


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“Voglio usare ogni scampolo”

Davvero in ogni frammento di realtà la mano di Dio non manca di arrivare, e forse tocca all’umano riverberarne l’eco con più tenacia. Chi vive in prima persona un lutto in cui la morte coincide con una nascita ha bisogno di mettere a fuoco il proprio dolore e non può farlo da solo; chi è a lato della vicenda, o addirittura fuori, può portare un messaggio di bene che è come un salvagente in mezzo a un oceano. Alcune signore americane con la passione per il cucito hanno pensato di confezionare piccoli abiti per il funerale di questi neonati morti troppo presto. Non si tratta di un vezzo, ma di un bisogno più essenziale di quel che sembra.


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Le chiamano “vestine d’angelo”, sono un segno tangibile del valore immenso di ogni vita così breve.

Si può celebrare il funerale di un bimbo che prematuramente muore nel grembo materno, ma non esistono vestiti così piccoli per fasciare queste creature. Per quei genitori che desiderano celebrare questo lutto con tutta la dignità che merita, si profila in molti casi la scelta obbligata di recarsi nei negozi di bambole per trovare un vestito adatto, ed è – possiamo immaginarlo – dolorosamente umiliante.

Pat Carter è una sarta dello Utah che ha pensato di colmare questo vuoto: trasforma in piccole vestine bianche le eccedenze dei negozi di abiti da sposa. La sua manualità esperta confeziona meraviglie di seta, tulle, organza; ciò che doveva essere destinato a una festa sulla terra, finisce per celebrare una festa di accoglienza in cielo.

“Voglio usare ogni scampolo a disposizione” aggiunge la signora Carter, che ha confezionato più di 1300 piccole vesti con le sue mani. Per ciascuna di esse crea un pacchetto in cui acclude una lettera di conforto per i genitori che lo riceveranno.




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Non è un’attività a fine di lucro, i manufatti di Pat vengono gratuitamente donati agli ospedali, luoghi in cui le famiglie si trovano a vivere il lutto.

Un abbraccio in ospedale

Questo è un altro tassello importante: oltre ai genitori colpiti da una perdita così precoce, anche il personale medico è parte in causa di quest’esperienza di dolore. Ricordo un’amica che perse una figlia al quinto mese di gravidanza e fu lei a tirar fuori il discorso del funerale con medici e infermieri. Questi ultimi furono felici di assistere la famiglia, ma confessarono di essere in difficoltà a introdurre per primi l’argomento quando si verifica un caso del genere.

Creare un nesso di vicinanza nel dolore, di partecipazione, e un tentativo di aiuto non è facile; si può andare a ledere un equilibrio emotivo già completamente compromesso. Non tutti riescono a dare, fin da subito, un nome chiaro al lutto.




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Ci può essere chi trattiene tutto il dolore compresso in una maschera di silenzio e rompere questa bolla può proiettare in un territorio durissimo. Eppure l’indifferenza non è un segno di rispetto, lasciare sola una famiglia a gestire le proprie lacrime non è un segno di premura. Si può osare di tendere una mano.

, un’altra signora, sarta come Pat, mostra gli abiti che crea per bimbi piccolissimi e morti prematuramente: queste vestine vanno a unirsi a un piccolo corredo confezionato in una scatola che l’ospedale lascia alle famiglie colpite da un lutto, a un passo dalla nascita.

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All’interno ci sono piccoli doni: un certificato di nascita, un braccialetto, una cuffietta e un abito, l’impronta delle mani e dei piedi del bimbo. E’ un modo per dire che ogni vita è una presenza e il mondo se ne accorge.




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La nostra veste più bianca

L’ombra della cultura della morte porta alla ribalta notizie sempre debordanti sul versante degli aborti, gli ospedali in particolare vengono messi sul banco degli imputati se non sono sufficientemente accoglienti verso le richieste di donne che decidono di interrompere la propria gravidanza. La recente legge passata nello Stato di New York vorrebbe addirittura farci credere che il bambino è persona solo nel momento in cui nasce.

Ecco allora che questo esercito di sarte è il capofila di un gruppo umano meno vezzoso e frivolo di quel che sembra. Non si tratta di edulcorare un momento tragico, ma di dar voce a ciò che un genitore fa fatica a dire nel vissuto di una perdita: tu, così piccolo e non ancora nato, sei un figlio, sei una presenza che è entrata appieno nella nostra vita di padre e madre.


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Ma non è solo un’esperienza privata dei genitori;  gli ospedali sono anche il luogo dove questo dolore viene abbracciato: senz’altro ci sono medici e infermieri che già si adoperano in merito; la presenza di piccoli corredi da donare alle famiglie non è altro che una chiave di accesso, piccola e concreta, per chiedere il permesso di arrivare al cuore. E’ un segno di compagnia.

L’immagine della tessitura e il campo semantico della sartoria ritornano spesso nei testi sacri per descrivere il modo in cui Dio ha messo mano alla nostra creazione. Ciascuno di noi è un manufatto d’alta moda, pensato nei dettagli e cucito con pazienza. Nessun doppione, solo pezzi unici. Una certa frivolezza umana può ricordarci l’assurda premura di Dio che ha contato tutti i capelli del nostro capo. Non basterebbe dire che solo Lui ci capisce per davvero, che ci aiuterà nel momento del bisogno?

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La sua attenzione a ogni nostro capello può essere vezzosa quanto cucire mille minuscole perline su un abito. Ma non è un di più, non è un accessorio: è la forma concreta di un bene che presidia ogni millimetro di noi. L’amore di Dio non è solo grande e potente, è pure minuscolo e paziente. Perché in certi casi la vita è così piccola da richiedere misure microscopiche. Nulla passa inosservato a occhi così premurosi e noi siamo suoi alleati in quest’impresa di non trascurare ogni frammento di umano che passa su questa terra.

Altrettanto profondo è il senso di far indossare una bellissima veste bianca ai piccoli innocenti che muoiono prematuramente: loro sono i primi a ricordarci che il nostro destino è essere interamente rivestiti dal candore del Paradiso. Nel qui e ora del tempo il nostro vero volto è pieno di ombre, non interamente chiaro e visibile neppure a noi. Lasciamoci guidare dalla luce che promana da questi piccolissimi bambini. Il loro soffio di vita ci ricorda la spina dorsale del messaggio cristiano: è la certezza lieta che il valore della nostra persona è il suo essere amato da Dio, non aumenta o sparisce coi trionfi o le cadute di anni di vita; c’è appieno anche in un solo battito del cuore.

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