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Ho 24 anni, sono un monaco millennial e questa è la storia della mia vocazione

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Catholic Link - pubblicato il 22/02/19
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di Álvaro Díaz

Sembra impossibile concepire che un giovane millennial possa pensare che la sua vita ha senso ed è felice chiudendosi in un monastero per dedicarsi alla preghiera. La generazione dei millennials è caratterizzata, tra le altre cose, da ritmi accelerati, dal desiderio di volere tante cose, di innovare e di avvalersi delle agevolazioni che offre la tecnologia.

Suona contraddittorio o incompatibile con lo stile di vita monastico. Dedicare l’esistenza a servire Dio è un ideale molto nobile, ma non sarebbe più utile fare più bene con opere di carità? Magari lavorando in qualche organizzazione, o se si è abbracciata la vita religiosa svolgendo un apostolato più attivo? Queste e altre inquietudini possono benissimo sorgere quando ci si immagina monaco nel XXI secolo, ancor di più se si hanno appena 24 anni.

Il video che riportiamo è un’intervista realizzata da Arguments che racconta la testimonianza di fra’ Ignacio Esparza, un giovane spagnolo che dopo aver terminato gli studi universitari in Navarra ha scoperto che la via che Dio lo stava invitando a seguire si concretizzava entrando in un monastero benedettino per condurre una vita contemplativa, centrata sulla preghiera.

La risposta a una chiamata

Vale la pena di chiarire che una vocazione autentica è l’esperienza di essere chiamati da Dio per qualcosa di specifico perché avanzando su questo cammino la vita sia piena e felice. Questa esperienza si verifica anche oggi, non molto diversa da quella che hanno avuto gli apostoli o i santi. Possiamo dire che la vocazione viene da Dio. È Lui che invita, che propone senza imporre, rispettando la nostra libertà. Papa Francesco dice che “Dio è quello che viene prima”; “tu lo cerchi, ma Lui ti cerca per primo”.

La vocazione non è necessariamente qualcosa in cui la persona si sente sempre a proprio agio, o la cosa più facile. Non si riduce nemmeno all’aspetto professionale; non è frutto solo dell’iniziativa di ogni persona, ma della risposta a un incontro con Dio, che ricco in misericordia pensa a ciascuno e ci cerca per offrirci il meglio. Per questo possiamo capire che, anche se i tempi presentano dei cambiamenti che sembrano non adattarsi alla vita religiosa, Dio continua a scegliere e a convocare persone per arricchire la vita della Chiesa e diffondere il suo amore nel mondo.

Il frate descrive la sua vocazione come “un processo in cui il protagonista è il Signore, e nella quotidianità il Signore ti chiama. Spesso l’intuizione precede la realtà esplicita”.

Come cambiare il mondo da un monastero?

La mentalità attuale dice che importanza ed efficienza dipendono dai risultati, da ciò che è visibile, da quello che si esprime in frutti abbondanti. Da un punto di vista programmatico e della produttività, l’opzione di una vita di maggior raccoglimento, con più tempo per la preghiera e scarso contatto con il mondo è uno spreco, e chi segue questa via è condannato al fallimento.

Questi criteri a volte offuscano gli ideali di evangelizzazione e di cambiamento del mondo che ha la Chiesa. In questo modo si potrebbe dare più risalto alle spiritualità più attive perché a livello visibile sembra che svolgano un servizio maggiore, mentre quelle contemplative potrebbero vedersi a rischio di estinzione per il fatto di non essere troppo pertinenti a questi tempi in cui abbiamo bisogno di fare sempre tante cose.

Si dimentica allora che l’Opera è di Dio e che ciascuno di noi è uno strumento e un servitore. Richiamo l’incontro di Gesù con Marta e Maria, la prima centrata sull’azione ma senza guardare il Signore, la seconda più in contemplazione al fianco del Signore (Lc 10, 38-42). Pregando o svolgendo attività, se siamo uniti a Dio possiamo sempre dare frutto (parabola della vite e dei tralci, cfr. Gv 15, 5).

Dal punto di vista di questo monaco, il suo apporto al cambiamento del mondo consisterà in “due cose essenzialmente: la preghiera, che ha degli effetti che non possiamo neanche immaginare, e prima ancora il cambiamento di noi stessi. Non si cambia il mondo, ma cose piccole o grandi, che sono quelle che formano il mondo”.

Oserei anche dire che la vita contemplativa può essere molto più pertinente proprio oggi, perché di fronte a tante difficoltà e dolore nel mondo, oltre alle espressioni della mancanza d’amore, è una benedizione che Dio inviti questi fratelli a servire con la preghiera intercedendo per queste situazioni, il che fa sì che teniamo viva la speranza che Dio ci assiste e ci accompagna, perché ascolta sempre le suppliche dei suoi figli.

Un’esperienza personale

Ascoltando questo frate mi è venuta in mente la Giornata Mondiale della Gioventù di Panama. Ho avuto la benedizione di partecipare a questo incontro di fede con tanti giovani del mondo, e tra le cose che mi hanno colpito di più c’è stata la percezione della varietà di carismi che arricchiscono la Chiesa e il fatto di verificare che appartenere alla generazione dei millennials non è un impedimento a vivere la fede e a rispondere alla chiamata di Dio – in molti modi: nella vita sacerdotale, religiosa, matrimoniale, missionaria…

Qualunque sia il cammino, l’essenziale è la disponibilità a servire il Signore. Si evidenziavano anche l’opera di Dio e il compimento della sua promessa di estendere la sua presenza attraverso questa grande famiglia ecclesiale, convocando ciascuno in cammini diversi ma che possono far vivere l’unità nella fede e nell’amore. Pensavo anche al motto della Giornata, “Ecco, io sono la serva del Signore; mi sia fatto secondo la tua parola” (Lc 1, 38). Queste parole di Maria sono proprio la risposta a quella prima chiamata, a quell’incontro d’amore con Dio che la invitava a una missione nobile e grandiosa: essere la Madre del Signore.

Maria ci ispira mostrandoci che chi risponde a Dio non sbaglia mai, e anche se questo cammino non è esente da difficoltà e dolori è l’unico modo per poter essere pieni e felici. È anche quello che posso condividere oggi avendo sentito a un certo punto la chiamata di Dio a una vita di maggiore consacrazione e avendo sperimentato la grande gioia di avergli detto di sì.

Rendiamo grazie a Dio perché continua a suscitare vocazioni a questo servizio tanto speciale nella Chiesa, e preghiamo per la perseveranza e la fedeltà di chi ci si dedica. Se la testimonianza di Ignacio vi è piaciuta, qui potete trovare quella di un suo compagno.

Qui l’originale.