Fu così che la notte di San Valentino, rubando un coltello alla cucina della madre, raggiunse il sacerdote in comunità. Una telefonata della donna aveva avvertito don Isidoro del pericolo e, quando Maurizio suonò al campanello del centro, egli, che aveva lasciato i ragazzi all’oscuro di tutto, volle andare incontro all’amico da solo. La sua vita finì a 46 anni non ancora compiuti, come più volte lui stesso aveva profetizzato, nello sconcerto dell’intera città. Al suo popolo, però, lasciò un ultimo, sorprendente regalo: pochi mesi prima della morte aveva confessato agli amici di avere scritto il proprio testamento, che fu ritrovato proprio prima del funerale e in quell’occasione letto alla chiesa, alla piazza e alle vie adiacenti gremite di gente:
“Sorelle e fratelli che mi avete conosciuto, accorgetevi che Gesù, Emmanuele, Cristo Signore è davvero in sovrabbondante, gioiosa pienezza Via, Verità, Vita. In Lui, con Lui, per Lui, scoprite quanto è bella la vita, in tutte le sue espressioni autentiche. Essa, può, forse, sembrare breve, deludente, anche crudele; è invece l’appuntamento e il cammino con l’immolarsi di Gesù per noi, perché noi possiamo credere, sperare, amare fino alla Risurrezione, fino alla vita eterna. Davanti a qualsiasi fratello, abbiate il coraggio di non chiudere né mente, né cuore; Gesù ce ne rende capaci e ci fa avere il “Suo centuplo”. Ricordatevi che, credendo in Cristo, abbiamo la incommensurabile ricchezza di poter pregare; non rinunciate mai a mettervi sempre quali discepoli che vogliono imparare a pregare. Adesso, sapendo che ogni giorno è reso dallo Spirito Santo Pentecoste, uniti a Maria che ci è Madre e Maestra nel permettere alla parola di Dio di illuminare e glorificare l’uomo, ricordando un poco pure me, elevate insieme la preghiera che il Vangelo di Gesù ci insegna: Padre Nostro…”.
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